TL3: I TRADITORI DI TRIESTE LIBERA
Articolo del 26 dicembre 2014.
Tre anni fa, nel novembre 2011, iniziava la battaglia per affermare i diritti dei cittadini del Territorio Libero di Trieste.
A farsene promotore era una nuova organizzazione, il Movimento Trieste Libera – MTL, costituito da sei cittadini di Trieste. Io ero tra questi.
Le idee e gli obiettivi dei fondatori non erano precisamente coincidenti. Tra i sei fondatori ero l’unico che non aveva un retaggio politico alle spalle.
Gli altri provenivano da partiti italiani (Lega Nord, Movimento 5 stelle, Forza Italia, partito comunista) con l’obiettivo di creare un partito indipendentista sbilanciato verso l’autonomismo: in pratica una riedizione, con trucco rifatto, della vecchia Lista per Trieste.
Un’idea che naturalmente fin dall’inizio non condividevo. Dal mio punto di vista, non era possibile conciliare la richiesta del riconoscimento della nostra cittadinanza del Territorio Libero indipendente con la partecipazione ad elezioni convocate in nome dello Stato Italiano, in violazione delle leggi del Territorio Libero e per seggi in istituzioni che, tutte, simulano illegittimamente la sovranità italiana su Trieste.
Alla fine furono i fatti a decidere la strada da seguire.
In effetti avevo già presentato personalmente all’Unione Europea il primo atto di disconoscimento della sovranità italiana sul Territorio Libero di Trieste e sul Porto Franco di Trieste l’11 luglio del 2011.
Era la prima volta che un cittadino denunciava le violazioni commesse dall’Italia a danno del Territorio Libero di Trieste, dei suoi cittadini e dell’intera comunità internazionale. Lo facevo inoltre portando all’attenzione delle autorità comunitarie la questione dei danni ambientali prodotti dallo Stato italiano nel Territorio Libero di Trieste.
Come ambientalista seguivo da anni le vicende del disastro ambientale di Trieste. Che ora assumevano un’altra dimensione: si trattava di un crimine internazionale commesso dalle autorità di uno Stato a danno di un altro, in violazione di trattati internazionali in vigore.
Fu questo in definitiva il motivo per cui venni contattato per unirmi al gruppo di persone che volevano costituire il nuovo soggetto politico indipendentista.
In pratica io avevo già fatto il lavoro che serviva a tutti.
Almeno in partenza. In effetti non avrebbe avuto senso creare un nuovo partitino per reclamare diritti che difficilmente sarebbero stati riconosciuti se non vi fossero state solide azioni a supporto.
Il mio atto di denuncia alla Commissione Europea diventava quindi la base per qualsiasi sviluppo. Ed è grazie a quell’atto che quattro mesi dopo venne fondato il Movimento Trieste Libera (MTL).
Tutte le azioni vennero subito incardinate sul difetto di giurisdizione, che derivava appunto da quella prima denuncia internazionale di disconoscimento della sovranità italiana sul Territorio Libero, da presentare all’autorità giudiziaria operante a Trieste.
Il difetto di giurisdizione che presentai per primo personalmente davanti al primo giudice italiano nel dicembre del 2011 diventò il punto di riferimento per tutti gli atti di opposizione fatti dai cittadini di Trieste alle autorità italiane: il motore di quella rivoluzione della legalità che scosse dopo decenni di silenzio Trieste.
La crescita di Trieste Libera fu rapida e consequenziale alle azioni che avviate nel 2012.
Il difetto di giurisdizione divenne lo strumento per contestare la simulazione di sovranità italiana su Trieste e sul Porto di Trieste.
Le opposizioni vennero estese a tutti i procedimenti in cui i giudici dovevano dimostrare di avere l’autorità per decidere. La giurisdizione che dovevano esercitare era quella di Trieste, non quella dello Stato italiano.
L’eccezione della giurisdizione investii procedimenti penali, civili, tributari, amministrativi. Ogni atto dei giudici che dichiaravano di esercitare la giurisdizione italiana veniva contestato per violazione della Costituzione e delle stesse leggi italiane che recepiscono il Trattato di Pace.
Il difetto di giurisdizione cominciò ad essere presentato anche preventivamente contestando direttamente il potere delle autorità italiane a muoversi contro i cittadini del Territorio Libero. Centinaia di persone depositarono l’atto al tribunale di Trieste per chiedere l’istituzione del legittimo organo di giustizia atto a tutelare i cittadini del Territorio Libero.
La questione del Territorio Libero e del suo Porto Franco internazionale venne presentata durante una mia audizione al Parlamento Europeo in merito ai progetti dei rigassificatori. Era il 22 gennaio 2013.
Si moltiplicarono le manifestazioni pubbliche sempre più partecipate.
Per la prima volta, centinaia di cittadini contestarono le illegittime elezioni italiane direttamente al seggio.
Nel 2013 MTL superò i 2.000 iscritti.
Il 15 settembre per la ricorrenza dell’indipendenza del Territorio ibero scesero in strada alla manifestazione di MTL 8.000 persone.
Tutto questo non poteva ovviamente rimanere incontrastato da parte del sistema di corruzione locale. Quello che a parole è leale allo Stato italiano, nei fatti ne viola le leggi.
Dopo il 15 settembre 2013, quella “camorra” nazionalista reagì cercando di individuare i punti deboli di un movimento che era stato sottovalutato.
La crescita tumultuosa di MTL aveva già consentito infiltrazioni per tenerlo sotto controllo e per avviare opportune azioni di contrasto dividendolo dall’interno.
Ma questa operazione sarebbe stata possibile non prima di 12 mesi. Quindi le autorità locali seguirono la classica strada della persecuzione giudiziaria avviando tramite il P.M. Frezza della Procura della Repubblica di Trieste inchieste pretestuose nei confronti di MTL indagando con scopo intimidatorio decine di attivisti.
Per riuscire a coprirsi dalle aggressioni dello Stato italiano avevamo intanto costituito una nuova organizzazione con sede a Londra dal nome di Triest, che si sarebbe dovuta occupare delle cause internazionali in veste di NGO.
Ne facevano parte cinque fondatori di MTL. Aderì anche l’avvocato Nicola Sponza che nel secondo semestre del 2013 era diventato il legale di fiducia del movimento.
Triest NGO commissionò, per conto del Movimento Trieste Libera ad uno studio di diritto internazionale di Londra (20 Essex Street) un’expertise sul Territorio Libero. La perizia era finanziata con i soldi che MTL raccoglieva per le cause internazionali.
L’expertise doveva dimostrare che era immodificato lo status giuridico della “Zona A” del Territorio Libero di Trieste, nonchè le violazioni dei diritti civili dei suoi abitanti.
I procedimenti penali, civili e amministrativi che si erano aperti a Trieste con il difetto di giurisdizione rappresentavano quindi una prova importante dei reati commessi dalle autorità italiane contro i cittadini del Territorio Libero.
Tra queste prove una delle più importanti era una sentenza del TAR (Tribunale Amministrativo Regionale) di Trieste su un ricorso da me presentato e sostenuto da altri 56 cittadini per chiedere l’annullamento delle elezioni della Regione Friuli Venezia Giulia tenutesi a Trieste nel 2013.
La sentenza del TAR FVG era poi rapidamente divenuta famosa perché i giudici oltre ad affermare la sovranità italiana sul territorio di Trieste e sul Porto Franco Internazionale di Trieste, mi avevano condannato a pesante sanzione pecuniaria definendomi un “eversore” per avere osato dichiarare la validità del Trattato di Pace e chiesto la sua applicazione a Trieste. [Nel 2017 l’accusa è caduta].
Aggredire dall’interno: distruggete Trieste Libera!
Per ostacolare l’ascesa di MTL, che già annunciava di volere procedere con cause internazionali dopo la sentenza del TAR e stava preparando la denuncia internazionale per il servizio militare imposto dallo Stato italiano ai cittadini del Territorio Libero, era necessario bloccare ogni possibile fonte di finanziamento.
E così venne fatto. Oltre al tesseramento, l’evento più importante per la raccolta fondi era rappresentato dalla festa annuale che si svolgeva in estate.
Quella del luglio 2013 rimarrà certamente memorabile perché frequentata da oltre 20.000 persone. Ma gli incassi si volatilizzarono. Secondo stime attendibili almeno 80.000 euro sparirono, o meglio vennero utilizzati contro di noi. Chi aveva gestito la sagra era infatti il gruppo che stava preparando il “golpe”.
Rimanemmo così senza risorse economiche nel momento in cui dovevamo dare la massima spinta alle azioni internazionali. Fu il primo grosso successo per la “camorra” nazionalista locale che così riuscì a rallentare le nostre iniziative.
E questo determinò l’inizio della crisi interna. Era evidente che più di qualcuno stava remando contro.
Quando il 18 gennaio 2014 si svolse la prima assemblea di MTL e venni eletto presidente la situazione era già molto critica.
Ormai il movimento era spaccato in due: la parte che cedendo alle pressioni italiane voleva andare alle elezioni amministrative cercava di imporsi eliminando l’ala legalitaria del movimento che rimaneva fedele al programma votato dalla stessa assemblea, che negava la possibilità di partecipare a qualsiasi elezione italiana nel Territorio Libero.
Seguirono quattro mesi di scontri sempre più duri all’interno del movimento che portarono poi alla scissione attuata e preparata con metodi militari dai dissidenti che occuparono tutti i canali di comunicazione del movimento (profilo Facebook, sito internet, mail).
Ci trovammo da un giorno all’altro senza possibilità di informare i nostri stessi iscritti di cosa stava accadendo e fummo sottoposti subito alla violentissima propaganda dei dissidenti. Nel frattempo, quelli erano stati rinforzati dagli arrivi di disinformatori professionisti, incluso il sedicente (pseudo?)massone Paolo Deganutti. In breve, egli divenne l’ideologo del gruppo.
L’attacco pianificato scattò sabato 10 maggio alla sera e da quel momento i nostri 12.000 contatti facebook furono preda dei golpisti che erano riusciti a sottrarci anche parte dei dati degli iscritti.
Noi così dovemmo ripartire da zero per ricostruire i nostri mezzi di informazione, mentre gli avversari sfruttavano il nostro lavoro e i nostri documenti spacciandoli ingannevolmente come loro e addirittura in nome nostro.
Riuscimmo comunque a resistere respingendo l’aggressione attuata anche fisicamente con tentativo di occupazione della nostra sede e i dissidenti costituirono rapidamente un nuovo movimento che chiamarono in maniera equivoca movimento “Territorio Libero”. Anche noto come “Territorio Libero 3” inteso come “al cubo”, in breve TL3.
Il nuovo gruppo venne subito accreditato dall’UNPO (organizzazione non governativa filo italiana per la “rappresentanza dei popoli oppressi”). Il segretario dell’UNPO (l’italiano Busdachin) si precipitò a Trieste per riconoscere TL3 che aveva «fatto piazza pulita del vecchio indipendentismo». Tutto ricondotto sotto controllo italiano quindi.
Almeno nelle intenzioni.
Perdemmo anche il controllo di Triest NGO che rimase nelle mani di TL3. E perdemmo così quello studio di diritto internazionale da noi commissionato, pagato e sostenuto con i nostri documenti e con le nostre analisi.
Scoprendo poi che l’avvocato Guglielmo Verdirame, uno dei legali dello studio di internazionalisti inglese, risultava essere consulente del Governo italiano in altre questioni internazionali. Un’altra trappola per noi in cui eravamo stati portati dai traditori?
La persona di contatto con questo studio inglese era Arlon Stok, uno dei soci fondatori, l’uomo nell’ombra dell’operazione di depistaggio italiana.
È lui che è stato scelto poi dall’UNPO per presentare la “Questione TLT” in una sessione di un forum per i diritti delle minoranze dell’alto commissariato ONU di Ginevra.
Naturalmente dal punto di vista dei nazionalisti italiani.
Arlon Stok è il pianificatore ed esecutore della sottrazione dei canali di comunicazione (profilo facebook e sito internet) del Movimento Trieste Libera. E l’autorità giudiziaria italiana non lo ha mai indagato. Unico tra i componenti attivi di MTL, e nonostante le sue responsabilità. Come è capitato ad altri utili alleati delle autorità italiane. L’uomo “nell’ombra” degli pseudo indipendentisti che fanno comodo all’Italia risiede in Slovenia. Sotto controllo delle autorità di quel Paese?
Trieste Libera non ha mai mollato.
Nonostante un altro attacco interno condotto da altri componenti del nostro direttivo convertitisi sulla via di Roma. Non abbiamo ceduto perché crediamo fermamente nei nostri diritti di cittadini del Territorio Libero di Trieste. Abbiamo un ideale che difenderemo fino in fondo e senza scendere a compromessi.
Per otto mesi, TL3 ci ha diffamati per compiacere la camorra nazionalista locale.
I principali “bersagli” siamo stati io ed il giornalista Paolo G. Parovel. Siamo considerati le teste pensanti di Trieste Libera e allora devono toglierci di mezzo. Contro di noi hanno utilizzato tutto quello che potevano, con ogni genere di invenzione e offesa.
La macchina del fango di TL3 è stata poi amplificata dagli organi di informazione locale.
Organi di informazione da sempre al servizio della “camorra” nazionalista locale. Ecco perché TL3 ha avuto subito ampio spazio stampa positivo. È sempre così per i collaborazionisti, in tutti i regimi.
Abbiamo scoperto di essere stati regolarmente registrati dai nostri ex compagni, che poi hanno anche utilizzato le nostre comunicazioni interne riservate per denunciarci. Io sono stato denunciato dal nostro ex avvocato Nicola Sponza, il nostro legale di fiducia a cui si rivolgevano i nostri iscritti.
Lui aveva accesso ai nostri documenti processuali. Lui riceveva le nostre analisi che servivano anche per i ricorsi internazionali.
È passato con TL3, diventandone il nuovo Segretario, oltre che direttore esecutivo della Triest. In questo ruolo politico ha portato avanti l’azione per eliminare Trieste Lubera. Azione agevolata dalle informazioni da lui attinte in un anno di attività nel movimento.
Il 29 dicembre mi troverò sotto interrogatorio davanti alla polizia giudiziaria per la denuncia di questa persona.
Il 7 gennaio io e Paolo Parovel saremo in udienza davanti al Giudice delle indagini preliminari per un’altra denuncia presentata da Vito Potenza, presidente di TL3, con sette seguaci. Si tratta di: Alessandro Gombač (ex Giombi), Adriano Ciacchi, Stefano Ferluga, Marco Pizzi, Andrej Rupel, Claudio Beorchia, Roberto Umek. Io e Paolo G. Parovel siamo i “nemici” dell’Italia e dobbiamo essere abbattuti.
Lo stesso Vito Potenza si è vantato pubblicamente di avere presentato altre denunce nei nostri confronti al GICO. Si tratta del Gruppo Criminalità Organizzata della Guardia di Finanza. Quello che dovrebbe invece indagare sui traffici che vedono coinvolti troppi degli gli pseudo indipendentisti di Via Roma 28: quelli che piacciono tanto ai rappresentanti italiani locali.
Oltre a queste risulta poi la odiosa richiesta di radiazione presentata da Vito Potenza, Stefano Ferluga, Alessandro Gombač, Marco Pizzi, nei confronti di Paolo G. Parovel con l’accusa di essere un collaboratore dei servizi segreti sloveni.
Questi ultranazionalisti italiani che vorrebbero sottomettere anche la ex Zona B del Territorio Libero non si smentiscono mai.
La denuncia contro Paolo G. Parovel è già stata archiviata per totale infondatezza, ma è il chiaro indice di come questi signori vorrebbero mettere a tacere le voci del dissenso. E per questo hanno pure costituito un preoccupante gruppo di sicurezza che sembra ricalcare le orme delle camice nere. Ovviamente è tollerato dalle autorità italiane locali.
Naturalmente questi strani indipendentisti di tendenze fasciste e infarciti di massoniera deviata sostiene pienamente la simulazione di sovranità italiana. I loro avvocati non sollevano mai il difetto di giurisdizione (se non quando gli conviene, ovvero solo se si trovano sotto accusa), anzi accreditano le sentenze della magistratura italiana che negano l’esistenza del Territorio Libero.
È capitato per la famigerata sentenza del TAR n. 530/2013 che da loro viene sbandierata come atto di diritto favorevole al Porto Franco.
Soltanto che tale sentenza proclama la sovranità italiana su Trieste e sul suo Porto Franco internazionale. Forse TL3 apprezza tanto la sentenza del TAR perché essa tenta anche di cancellarne gli avversari politici, accusando Trieste Libera di reati di eversione.
L’approccio con i politici italiani di TL3 rende ben evidenti gli scopi dei suoi rappresentanti. Quando questa estate io criticai duramente il senatore PD Francesco Russo per la sua politica contro il Porto di Trieste, con la quale lui e il suo partito chiedevano la soppressione dell’intero Porto Franco Nord, il movimento “Territorio Libero al cubo” prese le difese del politico italiano dissociandosi da MTL.
Quando il senatore Russo con un colpo di mano piratesco fece inserire un emendamento per la sdemanializzazione del Porto Franco Nord nella manovra finanziaria approvata dal Parlamento italiano, gli pseudo indipendentisti rappresentati da Vito Potenza ottennero subito il confronto pubblico con il senatore fresco di violazione del Trattato di Pace.
Un incontro tra i rappresentanti dello stesso sistema di potere corrotto. I falsi indipendentisti avevano d’altronde preparato la strada al PD riconoscendosi pienamente nella illegittima sentenza del TAR 530/2013…
La situazione attuale ricorda il “tradimento” della Lista per Trieste degli anni ’80.
La svendita di un movimento popolare che rivendicava i diritti di Trieste contro gli interessi nazionalistici dello Stato italiano. Una primavera che venne rapidamente incanalata nell’alveo istituzionale italiano.
Una volta che la Lista aderì alle elezioni italiane perse ogni potere finendo dispersa nel fiume della corruzione del malgoverno.
Nel corso dei nostri scontri per riaffermare i nostri diritti di cittadini del TLT ci siamo dovuti confrontare anche con questo “inglorioso” passato che stiamo cercando di riscattare.
L’attuale avvocato dello Stato italiano nel tribunale di Trieste non è nient’altro che Marco Meloni ex segretario del movimento giovanile della Lista per Trieste.
È lui che l’anno scorso durante un’udienza in cui io avevo sollevato il difetto di giurisdizione ha cercato di ridicolizzarmi, e con me tutti coloro che si riconoscono nella causa, definendo “Topolinia” il Territorio Libero di Trieste, secondo lui “mai esistito”. Detto da un ex segretario politico della Lista per Trieste fa ribrezzo.
Da un segretario politico all’altro, e vista l’inesistenza ormai della LPT, è probabile allora un posto come avvocato di Stato per l’attuale segretario del movimento Territorio Libero 3? Sempre, naturalmente, se si riuscirà ad eliminare gli indipendentisti legalitari irriducibili di MTL.
Quando due anni fa mi chiedevano quali erano i maggiori ostacoli per il conseguimento dei nostri obiettivi rispondevo che in realtà non avevamo nulla da temere essendo completamente dalla parte della ragione, ma che questa guerra della legalità la potevamo perdere solo contro noi stessi.
Non posso che confermarlo: i peggiori nemici della causa per il Territorio Libero alla fine sono triestini.
Tratto dal blog “Ambiente e Legalità” di Roberto Giurastante
Marco Meloni (al centro), attuale avvocato dello Stato Italiano a Trieste, in una foto degli anni ’80 quando era segretario del gruppo giovani della Lista per Trieste.
*L’adesione all’UNPO è funzionale a sollevare la questione del Territorio Libero in sede internazionale per venire in soccorso dell’Italia, rispolverando la Zona B e rendendo così molto più difficile l’ottenimento del riconoscimento dell’attuale amministrazione provvisoria esistente sulla sola Zona A (l’attuale TLT).
Mettere al centro della questione triestina la Zona B ora sotto sovranità slovena e croata permette infatti all’Italia di estendere il fronte allargandolo e puntando alla destabilizzazione dell’area balcanica.