MAFIE SUL PORTO INTERNAZIONALE DI TRIESTE
Articolo del 14 aprile 2014.
Si stanno preparando per l’assalto finale. La mafie istituzionalizzate italiane non cedono e vogliono prendere il possesso del Porto Franco internazionale di Trieste. A partire dal Porto Franco Nord, ribattezzato con disprezzo “porto vecchio”. E per farlo sono disposte a fare ogni cosa.
Dopo che l’Autorità Portuale ha confermato che il Porto Franco Nord non potrà essere modificato e rimarrà area portuale come stabilito dal Trattato di Pace del 1947 si sono scatenate le reazioni sempre più scomposte ed aggressive di una parte delle amministrazioni pubbliche locali che vedono dileguarsi un affare colossale.
L’assalto:
Capofila dell’assalto il Comune di Trieste (sindaco Cosolini) a guida P.D. (Partito Democratico, che governa attualmente l’Italia con il premier Renzi), col supporto della Regione (presidente Serracchiani) a guida P.D. e delle amministrazioni locali pure sotto controllo di un centrosinistra disposto a svendere ogni pezzo del territorio per fare cassa, e non certo a beneficio della comunità. Come la storia della Baia di Sistiana insegna.
Ma l’appoggio in realtà è trasversale. Come dimenticarsi le interrogazioni degli europarlamentari del PDL (Partito delle Libertà, Berlusconi) con cui è stato richiesto l’urgente intervento del Parlamento Europeo per togliere al Porto di Trieste i vantaggi fiscali derivanti dal Trattato di Pace imponendovi un regime di super tassazione per favorire così i porti italiani? E che altri deputati del PDL si siano apertamente schierati per l’urbanizzazione del Porto Franco Nord in un fatale abbraccio con i colleghi del PD?
Il cosiddetto “porto vecchio” dovrebbe essere trasformato in una cittadella di lusso sul mare, una specie di Montecarlo balcanica. Un affare da miliardi di euro con molti interrogativi: a partire dalle infiltrazioni mafiose che qui potrebbero essere di derivazione ‘ndranghetista.
Chiudere un Porto Franco internazionale per consegnarlo alla speculazione edilizia ed immobiliare delle organizzazioni criminali italiane non è però cosa semplice. L’articolo 34 dell’allegato VI del Trattato di Pace stabilisce inequivocabilmente che il porto appartiene al Territorio Libero di Trieste, uno Stato sotto protezione delle Nazioni Unite, come da Risoluzione S/RES/16 (1947) del Consiglio di Sicurezza.
La difesa legalitaria:
E gli stessi cittadini di Trieste, rivendicando i loro diritti mai cessati quali cittadini del Territorio Libero, stanno ora difendendo con vigore il loro porto da quella che ormai chiaramente viene vista come un’aggressione alla libertà di Trieste. La città senza il suo porto internazionale non avrebbe alcun futuro e questo i triestini lo hanno capito bene.
Per questo il 10 febbraio 2014 centinaia di aderenti al Movimento Trieste Libera hanno fatto barriera umana per chiedere la riattivazione del Punto Franco del Porto Franco Nord, sospeso con un decreto illegittimo del Commissario di Governo e Prefetto di Trieste.
Centinaia di persone hanno in quel giorno presidiato per dieci ore sotto la pioggia i varchi aperti dalle autorità italiane nel Porto Franco Nord. Quei varchi rappresentano infatti l’attacco alla legalità internazionale portato dalle mafie istituzionalizzate.
Il contrattacco:
Per quell’azione pacifica a difesa della legalità venti attivisti del Movimento sono stati indagati dall’autorità giudiziaria italiana, e ora sono sotto processo. Nessuna indagine per chi vìola il Trattato di Pace, e quindi la stessa Costituzione italiana, ma solo nei confronti di chi si oppone alle mafie e chiede il rispetto della legge.
Ma i cittadini non cedono alle intimidazioni. Il Porto Franco Nord è un pò la Stalingrado del Territorio Libero: l’ultima linea difensiva, che se dovesse cedere rappresenterebbe la fine delle aspirazioni di libertà per i cittadini di Trieste.
E che le azioni a difesa del Porto Franco Nord avviate da Trieste Libera stiano sortendo risultati è ormai evidente: la stessa autorità portuale ha ora deciso il trasferimento della sua direzione all’interno nel Porto Franco Nord. Quello che doveva essere dismesso diventa improvvisamente un polo di attrazione per gli investitori mondiali, e precisamente nel magazzino 26. Proprio quel magazzino 26 ultima roccaforte difensiva in ogni manifestazione organizzata negli ultimi due anni da MTL a difesa del porto di Trieste. Un luogo quindi non solo simbolico della riscossa della legalità in corso.
La decisione dell’Autorità Portuale ha evidentemente fatto saltare i nervi all’agguerrito schieramento degli speculatori a danno del diritto internazionale. Quelli che hanno già inserito il Porto Franco Nord nelle previsioni urbanistiche del nuovo Piano Regolatore del Comune di Trieste. E che ora rischiano di doverne rispondere anche personalmente.
Ecco così che la presidente dell’autorità portuale Marina Monassi si è trovata sotto un immediato fuoco incrociato con sempre più insistenti richieste di dimissioni che nell’edizione del 13 aprile 2014 vengono pubblicate anche dal quotidiano del potere locale Il Piccolo, che sostiene fortemente l’urbanizzazione del più importante porto del Mediterraneo, casualmente nella pagina 26 (!).
Sarà davvero un caso o un segnale?
Certo è che la direzione dell’Autorità Portuale si è trasferita in questi giorni proprio nel magazzino 26. E tra ieri e oggi, in quella che sembra un’azione decisamente organizzata lungo quella bretella stradale aperta dalle autorità italiane e che passa davanti al magazzino 26 numerosi copertoni sono stati lasciati come pericolosi ostacoli sull’asfalto. Qualcuno vuole innescare incidenti? Avvertimenti mafiosi a chi sta cercando di ripristinare la legalità calpestata da decenni nel Porto Franco internazionale più trascurato del pianeta?
La situazione di alto rischio in questa condizione di abbandono dell’intero Porto Franco Nord di Trieste era stata evidenziata più volte negli ultimi tre anni proprio da Trieste Libera e dalle coraggiose inchieste pubbliche del giornale indipendente La Voce di Trieste.
L’apertura del Porto Franco Nord al traffico automobilistico, con la creazione della bretella che ha portato all’inserimento della viabilità portuale in quella del Comune di Trieste consentendo l’avvio di quella urbanizzazione forzata in violazione dello status giuridico del Porto Internazionale, ha poi creato ulteriori problemi di sicurezza ora difficilmente gestibili.
In definitiva il “porto vecchio” di Trieste si è trovato al centro di un’operazione coordinata tra le istituzioni italiane per favorire la dismissione del prezioso punto franco e l’avvio di una maxi speculazione immobiliare in odor di mafia ai danni dell’intera comunità internazionale. Operazione messa in atto nella più ampia azione ostile condotta per ridurre il principale scalo marittimo dell’Adriatico al ruolo di porto combustibili per l’Italia e l’Unione Europea.
Ed ora ecco l’inevitabile il colpo di coda delle mafie italiane per cercare di evitare il crollo di un intero sistema di potere che ne vive all’ombra. Un colpo di coda a cui Trieste intera dovrà saper rispondere compatta per difendere il suo porto e il suo futuro.
Tratto dal blog “Ambiente e Legalità” di Roberto Giurastante
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