Un convegno universitario dell’assurdo a difesa politica della sentenza-scandalo
Articolo pubblicato il 20 marzo 2014 sulla versione cartacea de La Voce di Trieste n. 41.
Nota: il Consiglio di Stato ha emesso sentenza il 19 marzo 2014.
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SULLA DENUNCIATA E IMPUGNATA SENTENZA TAR CONTRO IL TLT
Un convegno universitario dell’assurdo a difesa politica della sentenza-scandalo
Avevamo già segnalato che l’Università di Trieste, Dipartimento di scienze politiche e sociali, ha tenuto il 27 febbraio un anomalo convegno su “Giurisdizione, sovranità e territorio” per fare sotto pretesto di studio un’apologia confusionaria, e senza contraddittorio tecnico, della scandalosa sentenza 530/2013 del TAR Friuli Venezia Giulia contro il Territorio Libero di Trieste.
Il convegno risulta essersi svolto pure senza dibattito, ed omettendo di dire che la sentenza è sia sotto ricorso al Consiglio di Stato, sia sotto denuncia penale per avere eversivamente travisato la legge e minacciato i ricorrenti.
Si tratta infatti della sentenza marcatamente politica che ha respinto il ricorso di 57 triestini con cui Trieste Libera chiede l’annullamento delle elezioni regionali tenute in simulazione di sovranità italiana sul Territorio Libero di Trieste sotto amministrazione fiduciaria speciale provvisoria del Governo italiano.
E consiste in 65 pagine di motivazioni contrarie a verità e diritto, con minaccia finale di perseguire i ricorrenti per reati di eversione contro lo Stato, come ai tempi del fascismo.
Siccome il soccorso politico pubblico dell’Università ai responsabili della sentenza è altrettanto anomalo e significativo, abbiamo seguito e registrato il convegno per potervene riassumere qui sotto le assurdità principali.
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Apre la conferenza Roberto Scarciglia, docente di diritto pubblico comparato, che afferma “veramente difficile, oggi, pensare il diritto senza il supporto della storia, senza il supporto dell’economia, senza il supporto delle altre scienze”, ed invoca la pubblicazione di un libro. Poi l’organizzatore ufficiale del convegno Andrea Crismani, docente di diritto amministrativo, dà la parola al collega amministrativista Marcello Fracanzani.
Ammissioni a sorpresa
Fracanzani però dichiara che la sentenza non dice nulla sullo status di Trieste, ma si riferisce solo alle elezioni. Il che non pare proprio. Precisa inoltre, e questo è vero, che non fa giurisprudenza perché non ha annullato l’atto impugnato, dunque è possibile che un altro TAR giunga a conclusioni diverse.
Una voce dal pubblico lo informa che la sentenza non è definitiva ma impugnata, lui si mostra sorpreso che gli organizzatori non gliel’abbiano detto, e cede la parola.
Filosofia del diritto della forza
Lucio Franzese, docente di filosofia del diritto, esordisce citando Jean Bodin (1529- 1596): “sovrano è colui che nulla riceve dagli altri e non dipende da altro che dalla sua spada”. E ne deduce oggi che il Territorio Libero non sia uno Stato perché è smilitarizzato, neutrale ed il suo governatore ha investitura esterna. Anche se potremmo citargli un elenco di Stati con queste caratteristiche. L’oratore prosegue esaltando l’abominevole vecchia “tesi Cammarata” (già demolita da Francesco Capotorti) contro il Territorio Libero, lo definisce “un aborto” e prosegue sulle tesi affini di Manlio Udina.
Poi afferma che il TAR ha fatto bene ad accusare di eversione i ricorrenti, perché secondo Thomas Hobbes (1588-1679) “Auctoritas, non veritas, facit legem”: è l’autorità, non la verità che fa la legge, e perché secondo Hans Kelsen (1881-1973) “il diritto è una tecnica del controllo sociale, volta ad ottenere una condotta desiderata mediante la minaccia di una sanzione”. L’oratore conclude questa sua rassegna di filosofia del diritto alla prevaricazione ringraziando il pubblico. Dal quale una voce commenta “tanto è gratis… ” e lui ribatte “fino a un certo punto”. Il punto sono ovviamente i costi e cachet del convegno.
Dal surreale giuridico a quello storico
Raoul Pupo, docente di storia contemporanea già segretario della DC, contribuisce all’atmosfera già surreale sostenendo che gli Alleati non stavano veramente a Trieste come governo militare provvisorio del Territorio Libero per conto delle Nazioni Unite, ma per tenerlo al sicuro dagli jugoslavi e dai russi per conto dell’Italia, e come stato-cuscinetto provvisorio. Peccato che tutti gli strumenti internazionali confermino l’esatto contrario. Secondo Pupo il nuovo Stato non aveva inoltre autosufficienza economica né identità locale sulle quali reggere. Invece era in pareggio di bilancio, possiede il Porto Franco internazionale, e l’identità triestina è notoriamente composita ma solida.
Ancora secondo Pupo, dopo la rottura fra Tito e Stalin gli Alleati volevano solo spartire prima possibile il Territorio Libero (allora esisteva, o no?) fra Italia e Jugoslavia. Ma lo smentiscono i principali documenti accessibili del Dipartimento di Stato USA. Pupo presenta infine i sostenitori del Territorio Libero come profittatori egoisti mantenuti da italiani, jugoslavi ed anglo-americani, e fa dichiarazione di osservanza alle tesi politiche di Cammarata, di Udina, e del Trattato di Osimo come fonte di sovranità irrevocabile. Anche se smentita dalla nota che vi aggiunsero le Nazioni Unite.
La fuga come soluzione
Igor Jelen, docente di geografia economico-politica, intreccia invece dissertazioni sul mondo alla fine del bipolarismo USA-URSS e sulla globalizzazione. Non parla di TAR, Territorio Libero, o di Trieste, ma ci dice che la democrazia “accumula scorie”, ed esorta alla fuga come soluzione di tutti i problemi: oggi, spiega, non serve ribellarsi, basta andarsene, emigrare. Perché allora non lo fanno qui e subito lui ed i co-relatori?
Diritto su misura della politica
Andrea Crismani giustifica invece l’andamento del convegno affermando che l’oggetto vero sono i “perché?” e “come?” di una sentenza che gli sembra rappresentare “un itinerario storico e giuridico molto complesso”. E ne abbozza una dissezione concludendo per la sua natura politica più che giuridica: “oggi, se ci fosse ancora una rivendicazione della Zona B, questa sentenza sarebbe stata scritta, probabilmente, in modo diverso”. Appunto.
La parola all’emerito
Giorgio Conetti, emerito di diritto internazionale, si lancia invece a definire il Trattato di Pace “desueto, polveroso e caduco” tanto quanto il codice civile del 1865. Come se il diritto internazionale fosse modificabile quanto quello interno, e se la Costituzione italiana non fosse “vecchia” quanto quel Trattato, per non dire delle norme preistoriche come i divieti di uccidere, rubare, stuprare, e quant’altri.
Conetti tenta pure di rivoltare la frittata affermando che i trattati non istituiscono le situazioni, ma semmai obbligano a produrle. Ma allora il Trattato di Pace, che ha invece espressamente istituito il TLT, obbliga anche a rispettarlo.
Anche se l’emerito ne nega subito l’esistenza definendolo “entità d’incerta qualificazione, sicuramente non statuale”, e spiegandoci che i “territori privi di sovranità” esistono come “regimi di amministrazione fiduciaria, dove non c’è sovranità ma c’è responsabilità internazionale”. Ma lui parla dei regimi ordinari, affidati ad uno Stato come per la Somalia postbellica. Mentre il regime fiduciario speciale di amministrazione provvisoria del Territorio Libero quale stato sovrano è stato invece affidato ad un Governo provvisorio, militare alleato e poi civile italiano.
Conetti dichiara poi il Memorandum di Londra fondamentale per “eliminare” il TLT e modificare il Trattato di Pace, affermando che non vi figurerebbe il “carattere di provvisorietà” dell’amministrazione. Che ne è invece il titolo giuridico esplicito. L’argomentare paradossale dell’emerito raggiunge però la perfezione quando dà pure dell’ignorante a chiunque confermi l’esistenza giuridica del Territorio Libero di Trieste: “ci sono molte cose di cui si parla senza avere l’accortezza di averne una conoscenza testuale”… Dopodiché menziona altri documenti come se non li avesse mai letti, e conclude esprimendo ossequio a Cammarata e Pupo.
Sociologia ambientale fuori diritto
Luigi Pellizzoni, docente di sociologia dell’ambiente e del territorio, suggerisce addirittura complotti chiedendosi “quali interessi ci sono dietro” ai ricorrenti al TAR triestini. Si mette poi a dissertare di localismi, crisi della politica, nuove identità inventate, proietta piani cartesiani che raffigurano il mondo prima e dopo la caduta del muro di Berlino, nega che la componente etnica sia rilevante, ed afferma infine che la sentenza TAR ha chiuso la parte giuridica della questione di Trieste. Dunque o non l’ha neanche studiata, o non è evidentemente il suo mestiere.
Controstoria dell’economia
Daniele Andreozzi, docente di storia dell’economia, si autodefinisce “molto grezzo, molto cinico, perché a me mi interessano i soldi”. Poi si scaglia contro le rivendicazioni sul porto di Trieste, dice che è un mito infondato come, dichiara, quello della Mitteleuropa cosmopolita, che pure disprezza perché secondo lui “genera i mostri del fascismo e del nazismo, non per nulla, i nazisti mobiliteranno il mito del porto di Trieste” (!?). Si mette poi a smentire l’importanza dei porti e delle zone franche (che infatti prosperano in tutto il mondo) e promuove un suo libro.
Educatività prossenetica
A questo punto Conetti dichiara concluso il convegno senza consentire dibattito, e giustifica il tutto affermando che il problema centrale non era giuridico, ma il fatto che la sentenza celebrata vuole “andare oltre” il diritto per farsi “maieutica”, cioè educativa.
Un’educatività che a noi pare prossenetica, se i suoi insegnamenti principali sono, secondo gli stessi relatori, che la forza fa diritto, il Trattato di pace non vale perché è vecchio, il Territorio Libero è un aborto, invece di resistere si deve emigrare, chi ricorre ai giudice va punito, ed il nazifascismo l’ha generato la Mitteleuropa plurinazionale, mica i nazionalismi razzisti che l’hanno aggredita, straziata e distrutta affondando Trieste.
In sintesi: tre ore di costoso convegno universitario per sentirci dire a spese pubbliche cose che potevano andar bene solo in privato e all’osteria. Complimenti a tutti i responsabili.
(SV)
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