Trieste Libera

FASCIST LEGACY

FASCIST LEGACY: UNA SENTENZA POLITICA.

Post del 24 agosto 2015.

FASCIST LEGACY

CONDANNATE CHI SI DICHIARA CITTADINO DEL TERRITORIO LIBERO DI TRIESTE

La sentenza con cui il 10 agosto 2015 il Tribunale di Trieste ha condannato un cittadino per avere dichiarato la propria cittadinanza del Territorio Libero di Trieste rappresenta uno dei punti più bassi fino ad ora raggiunto dalla giustizia locale.

Lo stesso giudice ha confermato con una sentenza successiva (la n. 784/15 dell’8 settembre 2015) la violenza dell’autorità giudiziaria italiana nei confronti di ogni cittadino di Trieste che sollevi la questione del Territorio Libero.

Un giudice “punitivo” non a caso messo a giudicare cittadini che si appellano alla legalità, ma inermi di fronte al prepotere dello Stato Italiano e dei suoi rappresentanti locali. Stato di fatto, rappresentato dalla simulazione di sovranità che si basa anche sul controllo dall’autorità giudiziaria, contro stato di diritto, a cui si appellano i cittadini di Trieste: ecco cosa sta accadendo nella capitale del Territorio Libero.

Nel 1954 Trieste, con il suo Porto Franco internazionale, è stata sub-affidata dai Governi amministratori primari di Stati Uniti e Regno Unito al Governo italiano (non allo Stato) con un mandato di amministrazione civile provvisoria. Amministrazione non vuol dire sovranità.

Un’amministrazione civile temporanea che deve assicurare anche la legittima giustizia ai cittadini del Territorio Libero di Trieste. I Giudici nominati dal Governo provvisorio dovrebbero esercitare la giustizia appellandosi alle leggi del Territorio Libero, che dovrebbero essere promulgate oppure estese dal Commissario del Governo.

Ma se questo è quello che dovrebbe essere, la realtà è ben diversa.

Dal 1954, Trieste è oppressa da propagande nazionaliste che servono solo a privarla dei suoi diritti a vantaggio di pochi. In cambio della simulazione della sovranità italiana, una camorra nazionalista locale si è costruita un feudo che sfrutta in maniera oltraggiosa (ne è un buon esempio il pesante inquinamento ambientale: ne parlo nel mio libro-inchiesta, “Tracce di Legalità“).

E il Tribunale di Trieste è diventato il bastione di questo degrado istituzionale ed umano.

Ne so qualcosa per esperienza diretta e non solo per le mie indagini sul grave inquinamento ambientale dell’attuale Territorio Libero. Sono stato infatti il primo cittadino di Trieste a sollevare un’eccezione sulla giurisdizione, chiedendo ai magistrati operanti a Trieste a che titolo svolgano tale incarico (LINK).

Giudici che dichiarino di esercitare la sovranità italiana sul Territorio Libero anziché il mandato di amministrazione non sono compatibili con lo status di Trieste, che è un altro Stato.

Ho ricusato i giudici italiani che, a dispetto delle loro stesse leggi e del mandato conferito al loro governo, rigettavano la mia legittima richiesta di potere essere giudicato in base alle leggi del Territorio Libero. Per questo sono stato condannato a pesanti sanzioni economiche.

Perché è questo il trattamento riservato a quelli che non si piegano alle menzogne della camorra nazionalista locale, che rifiutano di diventare complici di un crimine di Stato che arricchisce pochi a spese di molti.

Condanne punitive e repressione libera affidata ai controllori giudiziari.

Ed è su questa linea illegale di continuità che si inserisce anche la sentenza del giudice Massimo Tomassini contro un iscritto di Trieste Libera “reo” di avere dichiarato, chiedendone il rispetto, la sua cittadinanza quale cittadino del Territorio Libero.

Il giudice in questione è quello che nel luglio del 2013 in un processo pubblico in cui ero imputato, e dove stavo esercitando i miei diritti di cittadino del Territorio Libero di Trieste, era stato contestato in udienza dai cittadini. L’atteggiamento provocatorio del giudice aveva innescato la protesta delle decine di persone presenti.

Da qui era esplosa un’azione intimidatoria, subito appoggiata con zelo dal quotidiano locale “Il Piccolo”.

Sembra quasi di tornare all’epoca del durissimo regime fascista, protrattosi in queste terre per venticinque sanguinosi anni durante i quali ai cittadini era vietata ogni manifestazione della loro identità.

Ora, nel 2015, a Trieste chi afferma i propri diritti stabiliti dal Trattato di Parigi del 1947 viene ancora perseguitato e condannato. Anziché dai giudici dei tribunali speciali fascisti, da quelli “speciali” (perché negano la loro stessa giurisdizione) della Repubblica italiana.

Non deve stupire quindi che il giudice Massimo Tomassini abbia condannando un aderente di Trieste Libera con la violenza consueta di uno Stato che mostra apertamente la sua ferocia antidemocratica frutto della pesante eredità fascista. Ovvero Fascist legacy, da cui il titolo del post.

La colpa dell’incensurato cittadino è alla fine solo di essersi dichiarato cittadino del Territorio Libero di Trieste opponendosi ad un illegittimo controllo della Guardia di Finanza (che riscuotendo tasse in nome, per conto ed a bilancio della Repubblica Italiana. Spesso tali tasse sono incompatibili con lo status di Trieste).

Da qui la denuncia e il processo presidiato dai Carabinieri. La conclusione di questo processo alla legalità è racchiusa nella sentenza politica del giudice che dichiara apertamente di condannare il cittadino “ribelle” per avere esercitato un suo diritto rifiutandosi di riconoscere la sovranità dello Stato italiano su Trieste.

Allucinante, ma questa è la situazione attuale a Trieste. Una terra privata di ogni diritto e preda delle mafie italiane. Vale la pena riportare la motivazione di questo rappresentante di una giustizia che a Trieste nel suo esercizio illegittimo violenta ogni principio di diritto:

“Il [cittadino] si è rifiutato di fornire le proprie generalità ai Militari della GdF non certo per un atteggiamento di maleducazione ovvero di ostilità fine a se stessa, bensì per una scelta ideologica ben precisa, e cioè in quanto convinto di non dovere adempiere ad un legittimo ordine dei Pubblici ufficiali nella sua condizione di cittadino non già italiano, bensì del Territorio Libero di Trieste.

§

Ebbene, fermo restando che questo Giudice non si stancherà di ripetere che Trieste è Italia; che in questa città la sola giurisdizione che conti è quella italiana; l’unica legge in vigore sia quella italiana; che le sole Forze dell’Ordine degne e meritevoli di questo nome siano quelle italiane;

§

che, di conseguenza, non vi sia spazio alcuno per qualsiasi altro sedicente potere –

§

e che, analogamente, neppure meriti di essere confutata la tesi secondo la quale qui a Trieste vi sarebbe un non meglio identificato territorio libero di Trieste…-,

§

…pare assolutamente chiaro che il sostenere il proprio diritto di non fornire le proprie generalità a fronte di un Pubblico Ufficiale appartenente alla GdF che legittimamente le richiede sia qualcosa di molto più grave rispetto ad analogo comportamento serbato perché, a mero titolo di esempio, in stato di ebbrezza ovvero ancora sulla spinta di un accesso d’ira ovvero ancora, come detto, per intrinseca cattiva educazione personale.

§

Nel caso di chi, infatti, decide di tenere la condotta omissiva addebitata dal momento che non riconosce la sovranità dello Stato italiano, ne la legittimità delle sue Forze dell’Ordine, è chiaro che non si può parlare di un fatto di “particolare tenuità”, essendovi alla base un atteggiamento ostile verso l’unico legittimo Ordinamento che di certo non può essere sottovalutato, e che al contrario merita adeguata sanzione penale”.

Il Giudice che non riconosce la validità del Trattato di Pace afferma così la necessità di condannare un cittadino del Territorio Libero di Trieste per avere egli esercitato i suoi diritti garantiti peraltro dalle stesse leggi e dalla Costituzione della Repubblica italiana. È davvero pesante l’eredità fascista nel Territorio Libero di Trieste. Solo che, fortunatamente, il futuro di Trieste non dipende soltanto dal Governo italiano…

Tratto dal blog “Ambiente e Legalità” di Roberto Giurastante

Il testo citato sopra. Il giudice si richiama all'art. 131 bis cp. In seguito si procede da "il [omissis] si è rifiutato" ad "ebbrezza ovvero ancora sulla".

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