Trieste Libera

CONDANNE POLITICHE SENZA PROCESSO CONTRO IL TERRITORIO LIBERO DI TRIESTE

CONDANNE POLITICHE SENZA PROCESSO CONTRO IL TERRITORIO LIBERO DI TRIESTE

Articolo del 9 marzo 2016.

CONDANNE POLITICHE SENZA PROCESSO CONTRO IL TERRITORIO LIBERO DI TRIESTE

Quando sei un punto di riferimento per una causa importante sai che sei un bersaglio. Quando ti colpiscono lo fanno utilizzando ogni mezzo, ma non ti potrai arrendere perché la tua responsabilità è enorme se rappresenti quella causa. Dovrai resistere sempre. E quanto più ti attaccheranno tanto più si rafforzerà in te la convinzione di essere sulla giusta strada. Perché i tuoi avversari non ti aggredirebbero se non ti temessero.

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Il 24 gennaio [2016] mi è stata notificata una condanna inflittami senza processo dal Tribunale di Bologna.

Una condanna a sette mesi di reclusione (convertiti in 11.250 euro di sanzione) per (secondo l’autorità giudiziaria italiana) avere offeso due magistrati italiani in servizio presso il tribunale di Trieste, ovvero nel Territorio Libero di Trieste.

Poiché la condanna è scandalosamente illegittima, ne abbiamo chiesto l’annullamento.

L’accusa riguarda un post del mio blog dal titolo “IL CLAN”, nel quale viene analizzata criticamente la situazione del Territorio Libero di Trieste, parassitato da una camorra nazionalista locale che si ammanta di fedeltà allo Stato italiano.

Un’analisi dura, cruda e realistica di quello che in nome dell’Italia è stato fatto a Trieste contro legge e a danno dei cittadini e delle imprese del Territorio Libero, imponendovi un sistema di governo basato sull’elusione sistematica della legalità.

Si tratta certo di una critica politica fatta da un esponente di un Movimento politico che si batte per ristabilire lo stato di diritto del Territorio Libero di Trieste – TLT e con esso la legalità vìolata da chi abusa del mandato di amministrazione civile provvisoria stabilito dal Memorandum di intesa di Londra del 1954.

Ma non solo, questo articolo è anche una pubblica accusa contro i potentati locali, da cui il titolo “Il clan”, per i reati da loro commessi e di cui vengono date notizie chiare e dettagliate.

Un atto di accusa forte da parte di un cittadino di diritto del Territorio Libero di Trieste che non ha paura di opporsi pubblicamente a questo marciume istituzionalizzato: questo rappresenta quel post, certamente scomodo. Scomodo come questo blog, punto di riferimento per la Questione Trieste.

Un blog molto seguito (ad oggi oltre 360.000 visualizzazioni) per i suoi contenuti. E non gradito alle autorità italiane locali, che naturalmente lo monitorano regolarmente.

Ed è proprio da questi controlli che è partita la segnalazione della DIGOS (Polizia Politica italiana) di Trieste all’autorità giudiziaria e alla Prefettura.

E così anziché aprire l’azione penale obbligatoria per i fatti da me denunciati nei confronti dei potentati locali si sono mossi contro di me per punirmi e ridurmi al silenzio.

Nessuna denuncia contro le malversazioni del “clan” può essere tollerata. A Trieste lo stato di diritto non esiste, sostituito da quello di (mis)fatto.

Lo stesso Commissario di Governo Francesca Adelaide Garufi (recentemente sostituita) che, quale garante del Trattato di Pace dovrebbe fare rispettare la legge in esecuzione del mandato ricevuto, è  invece intervenuta nella vicenda in veste di Prefetto, per chiedere essa stessa provvedimenti nei confronti di un cittadino del Territorio Libero di Trieste che denuncia pubblicamente il malgoverno italiano del Territorio Libero di Trieste.

Un malgoverno che ha, tra l’altro, ridotto Trieste con il suo porto ad una colossale discarica di Stato per le tante mafie italiane, e in condizioni di povertà e di disoccupazione senza precedenti.

Ma appunto non se ne deve parlare, l’omertà (di Stato) deve regnare indisturbata. E i perturbatori del “disordine costituito” devono essere condannati. Addirittura senza processo e senza denuncia.

Come in questo caso.

Forse per meglio confermare la veridicità di quanto io ho spiegato nel mio post – oggetto delle attenzioni istituzionali italiane – sui tribunali speciali del regime fascista che avevano sostituito la civile e ordinata giustizia mitteleuropea all’epoca dell’annessione (spacciata per redenzione) di Trieste (1920-1943), la condanna nei miei confronti è stata decisa senza che venisse presentata alcuna querela e con il famigerato strumento giuridico del decreto penale di condanna.

Condanna preventiva e senza processo in un procedimento giudiziario avviato contro legge. Davvero una semplificazione brutale anche per una giustizia che non c’è.

Una semplificazione “brutale” del diritto, passata però senza che nessuno se ne accorgesse attraverso la Polizia di Stato, quale richiedente il provvedimento repressivo, per arrivare alla Procura della Repubblica di Trieste che ha trasmesso un atto improcedibile alla Procura di Bologna, che sulla base di quell’atto improcedibile ha chiesto la condanna di una persona che non era nemmeno stata denunciata, ottenendola addirittura dal Giudice delle indagini preliminari, che avrebbe invece dovuto cassare tutto, e per un reato commesso “in luogo imprecisato” (o meglio in un altro Stato sul quale l’Italia non ha alcuna giurisdizione).

Davvero troppi errori. Ma il quadro che ne esce è comunque quello di un’azione illecita, pesantemente intimidatoria e in puro stile da regime di polizia.

Si tratta di vìolazioni preoccupanti dei diritti fondamentali e che devono fare riflettere: anche i peggiori nemici hanno diritto alla miglior difesa. Queste sono le regole di uno Stato di diritto e garantista, quale il Territorio Libero di Trieste. Qui non possono trovare spazio i tribunali speciali con le loro procedure “speciali”. Qui non esistono condanne preventive senza processo e processi politici: perché questa è  una terra di legalità.

Ma non cederemo a queste pressioni intimidatorie da Stato di polizia: non possiamo cedere, non dobbiamo cedere. Siamo vicini al giorno in cui il Territorio Libero di Trieste sarà libero anche dalle procedure arbitrarie dei tribunali speciali italiani.

Tratto dal blog “Ambiente e Legalità” di Roberto Giurastante

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