Trieste Libera

LA FUGA DELLA GIUSTIZIA ITALIANA SULLA QUESTIONE DEL TERRITORIO LIBERO DI TRIESTE

LA FUGA DELLA GIUSTIZIA ITALIANA SULLA QUESTIONE DEL TERRITORIO LIBERO DI TRIESTE

AGGIORNAMENTO: il 10 luglio 2017 il processo è arrivato alla sentenza di primo grado, che ha demolito clamorosamente l’imputazione. La manifestazione di Trieste Libera quindi non era eversiva: LINK

LA FUGA DELLA GIUSTIZIA ITALIANA SULLA QUESTIONE DEL TERRITORIO LIBERO DI TRIESTE

Un processo in corso contro diciannove cittadini del Territorio Libero di Trieste, accusati dalla Procura della Repubblica di Trieste di avere organizzato una manifestazione non autorizzata. In realtà si trattava di un presidio per denunciare pubblicamente la vìolazione del regime del Porto Franco Nord.

Il Porto Franco Nord è un settore strategico del Porto Franco internazionale del Territorio Libero di Trieste. La sua sospensione da parte del Commissario del Governo è un danno per l’intera comunità internazionale, che ha diritti specifici su di esso.

Diritti sanciti dal 1947 con il Trattato di Pace con l’Italia: da allora l’indipendenza di Trieste è riconosciuta da oltre venti Stati, compresa la confinante Repubblica italiana.

Non è difficile immaginare quali siano le difficoltà per i triestini che si trovano davanti delle autorità che, invece di applicare la legge, si prestano alla simulazione di sovranità italiana della “camorra nazionalista” locale. Si tratta della lobby che parassita la linfa vitale del Territorio Libero di Trieste e del suo Porto Internazionale a vantaggio proprio e delle mafie italiane con cui è in affari.

E questo ci riporta al processo per i fatti del Porto Franco Nord (che la stessa lobby chiama “Porto vecchio” per far passare il messaggio che “vecchio = inutile”).

Tra minacce, intimidazioni, sentenze politiche, cedimenti alle lusinghe della corrotta politica italiana, il numero di chi ha il coraggio di opporsi pubblicamente alla camorra nazionalista locale si è ridotto drasticamente.

Su diciannove imputati, solo cinque hanno contestato la giurisdizione del giudice che li stava processando nel nome della Repubblica italiana. Il giudice deve invece esercitare la giurisdizione del Territorio Libero di Trieste per conto del governo italiano, che l’ha ricevuta dai governi di Stati Uniti e Regno Unito con il Memorandum di Londra del 1954. Negare questo ruolo significa aprire un conflitto di interessi insanabile, privando anche i cittadini del TLT del loro giudice naturale.

Ma per gli altri quattordici imputati, che appartengono a movimenti pseudo indipendentisti, va bene anche così: riconoscimento della sovranità italiana in cambio di assoluzione. E partecipazione alle elezioni amministrative del 2016 a Trieste sotto l’egida della Repubblica italiana.

Elezioni italiane abusive per la nomina di rappresentanti dello Stato italiano in un altro Stato, in violazione di tutte le norme in materia (LINK). Un patto scellerato che i circoli della camorra nazionalista italiana, locali e nella vicina penisola, gradiscono molto. Tanto da schierare la propria macchina propagandistica a favore di questi “graditi” alleati (contro gli interessi di Trieste).

Ma finché i cinque cittadini del Territorio Libero di Trieste resistono senza cedimenti in questo processo di inganni e di menzogne, le manovre degli antidemocratici nazionalisti italiani locale non servono a niente.

Perché l’autorità giudiziaria dovrà, in qualche modo, dimostrare il proprio potere: o quale organo dello Stato italiano oppure quale quale organo dell’amministrazione provvisoria dell’attuale Territorio Libero di Trieste.

Ma nel primo caso i giudici si metterebbero non solo contro il Trattato di Pace, contro la Costituzione italiana e contro le leggi italiane che lo recepiscono. Sarebbe una violazione dei diritti di oltre venti 20 Stati che hanno diritti sul Porto Franco internazionale di Trieste. Lo stesso Porto Franco che Trieste Libera ha difeso con la sua manifestazione. Lo stesso porto che gli imputati stavano e stanno difendendo dalle mafie.

Davvero un bel pasticcio all’italiana, che sarebbe decisamente poco gradito a livello internazionale.

Ed infatti di fronte all’inattaccabile eccezione di giurisdizione presentata dai cinque cittadini del Territorio Libero aderenti a Trieste Libera, il giudice Marco Casavecchia ha deciso di non decidere. Infatti, invece che con l’obbligatoria sentenza, si è espresso una anonima ordinanza, che potrebbe essere impugnata solo con la sentenza finale ad esito del processo.

Il giudice ha affermato che  il processo poteva continuare in quanto:

“…i reati commessi nel territorio dello Stato sono soggetti alla legge penale italiana, ed entro detti confini territoriali sussiste giurisdizione della Repubblica Italiana, esercitata dagli organi costituzionalmente deputati all’esercizio di tale funzione”.

Un’analisi completa di questa ordinanza è stata pubblicata da La Voce di Trieste: LINK.

Il giudice non ha però chiarito se la legge penale italiana è utilizzata nel Territorio Libero di Trieste sotto giurisdizione del Governo amministratore italiano, oppure sotto giurisdizione sovrana della Repubblica italiana.

Da qui la ricusazione immediata in udienza da parte dei cinque imputati aderenti a Trieste Libera. Ricusazione che lo stesso giudice ha voluto trasmettere alla competente Corte di Appello di Trieste precisando un tanto nello stesso verbale di udienza.

Ma sorprendentemente la Corte di Appello, che si sarebbe dovuta esprimere nel merito della ricusazione affrontando l’eccezione di giurisdizione, la cui mancata valutazione da parte del giudice era il motivo del ricorso. La Corte d’Appello ha dichiarato inammissibile l’atto di ricusazione in quanto “trasmesso dal giudice d’udienza” anziché essere depositato personalmente in cancelleria dai ricusanti.

Illogico e inconcepibile, ma è accaduto anche questo: un conflitto tra gli stessi organi giudicanti. E così anche la Corte di Appello di Trieste (che è un ente del TLT!) ha evitato di entrare nel merito del difetto di giurisdizione, schivando la pericolosa eccezione contro la quale i magistrati italiani hanno fino ad ora trovato un’unica via d’uscita: la fuga.

Fuga che però rappresenta non solo “diniego di giustizia” continuato, ma prova ulteriore della inesistenza della sovranità dello Stato italiano su Trieste e sul suo Porto Franco Internazionale.

Tratto dal blog “Ambiente e Legalità” di Roberto Giurastante

Estratto verbale udienza del 16.11.2015:
trasmissione istanza di ricusazione decisa dal giudice alla Corte di Appello.

estratto_verbale_udienza16.11

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