CONTINUA A TRIESTE LA STORIA VERA DI POLITICI, MAFIE E SERVIZI CHE DANNO L’ASSALTO AL PORTO
Articolo del 4 maggio 2014, tratto da “La Voce di Trieste” – LINK.
I link sono stati aggiunti da Trieste Libera come approfondimento.
Vi dobbiamo un’integrazione sostanziosa, e forse ancora più interessante, all’articolo pubblicato qui il 21 aprile sotto il titolo di “UNA STORIA ITALIANA DI POLITICI, MAFIE E SERVIZI A TRIESTE, CHE VA LETTA SUBITO E CON ATTENZIONE”.
Come hanno infatti facilmente intuito molti delle nostre migliaia di lettori abituali, dai semplici cittadini agli analisti specializzati, la storia ai danni di Trieste che abbiamo riassunto nell’articolo non era solo un romanzo manoscritto anonimo.
È vera, perché si tratta di attività illecite delle quali vi sono prove già consolidate anche in atti ed indagini giornalistiche e giudiziarie sia su quelle operazioni, sia sui metodi con cui vengono appoggiate e coperte in forma passiva (censure stampa, silenzi ed insabbiamenti istituzionali) ed attiva (disinformazione diretta sui fatti, ritorsioni contro le persone che li ostacolano).
Sono infatti cose che la Voce aveva già pubblicato con inchieste sui tessuti coperti vecchi e nuovi di malaffare fra politici, costruttori, mafie e servizi devianti a Trieste ed in queste aree di confine, che è doveroso indagare e denunciare pubblicamente, perché il loro potere si fonda soprattutto sulla nostra ignoranza.
I nostri lettori più attenti sanno pure che si tratta di tessuti radicati da sempre negli appalti e nella speculazione edilizia ed immobiliare, i quali tentano sia di sfruttare illegalmente il Porto Franco Nord, sia di prendere il controllo “politico” del Porto Franco internazionale di Trieste forse anche per altre attività illegali comuni a troppi porti italiani.
Cosa non difficile in questa città ridotta ad un degrado crescente e controllato da un “sistema” locale più coperto che altrove, dietro un’apparenza innocua di politichetta e giornalismo di provincia.
I livelli d’allarme degli osservatori tecnici erano quindi già alti da tempo, e confermati dal fatto che le parti politiche coinvolte eludono anche gli interrogativi antimafia documentati posti pubblicamente dalla Voce.
L’allarme è aumentato improvvisamente a metà aprile, quando ad un incremento delle pretese politico-mediatiche sul porto si sono aggiunte segnalazioni di intelligence su possibili interventi paralleli di criminalità organizzata per “rimuovere direttamente” gli ostacoli principali a quelle stesse pretese.
Ostacoli principali che, come abbiamo già scritto, sono sostanzialmente tre, anche se di genere e livello diverso:
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– l’attività istituzionale legittima della presidente attuale dell’Autorità portuale per sviluppare il porto franco internazionale, a differenza da suoi predecessori collusi con le operazioni politiche anomale sopra dette;
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– l’attività di denuncia stampa e giudiziaria svolta dal direttore del periodico indipendente d’inchiesta La Voce di Trieste (autore anche di questo articolo);
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– l’attività di denuncia politico-giudiziaria internazionale svolta dal presidente dell’indipendente Movimento Trieste Libera;
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A verifica dell’ipotesi di attentati di mafia si sono perciò mosse allerte istituzionali specifiche, ma è parso anche prudente avviare una scopertura del rischio incominciando a pubblicizzarlo in attesa degli esiti di indagini non facili.
Anche se non ci aspettavamo reazioni a questo allarme da parte di un “sistema” locale, che per non scoprirsi aveva sinora preferito lasciar cadere nel silenzio tutte le nostre precedenti analisi e denunce.
Invece questa volta il “sistema” è uscito allo scoperto con una doppia reazione immediata, pesantissima e significativa su due linee parallele, una contro di noi ed una conto l’Autorità Portuale.
Contro di me come direttore della Voce e contro il presidente del Movimento il “sistema” ha infatti scatenato su Facebook una violentissima campagna tecnica di attacco disinformativo ed offensivo per delegittimare e smentire i loro allarmi antimafia, presentendoci falsamente ambedue come psicopatici visionari e complottisti, anche se abbiamo esperienze pluridecennali antimalaffare consolidate in diffuse pubblicazioni specifiche (per le quali abbiamo pure già subito minacce gravi, ed io anche attentati).
A questo scopo la campagna di delegittimazione è giunta persino a negare, contestando anche affermazioni di R. Saviano, che a Trieste siano mai esistiti tessuti di malaffare fra mafie, politici, edilizia e servizi devianti.
L’analisi degli oltre 1200 interventi complessivi ad oggi (4 maggio 2014) conferma che la campagna di delegittimazione aggressiva su Facebook conferma è in realtà condotta da un piccolo numero di persone anche sotto più pseudonimi, formato da provocatori esterni, da provocatori interni al Movimento e da alcuni soggetti trascinati nella polemica per credulità, orientamento politico o interessi particolari.
Il gruppo dei provocatori esterni identificati risulta formato principalmente da persone che risultavano avere già vario genere di contatti con ambienti dei servizi italiani, e/o particolari passati politici estremistici, alcuni anche giudiziari.
Il gruppo dei provocatori interni al Movimento risulta formato principalmente da poche persone rumorose, alcune delle quali sono dal dicembre 2013 sotto inchiesta interna per condotte amministrative precedenti il rinnovamento statutario e la presidenza attuali, e da una parte dell’ex sicurezza che teneva comportamenti non consoni al ruolo.
I provocatori esterni ed interni hanno utilizzato in sinergìa la campagna di delegittimazione aggressiva anche per sabotare le azioni del Movimento e creavi una frattura (anticipando le imminenti contestazioni amministrative ai secondi) e per aizzare contro il presidente del Movimento e contro il direttore della Voce alcuni dissidenti interni del Movimento notoriamente violenti.
A questi scopi la campagna aggressiva così organizzata su Facebook utilizza sistematicamente ed in violazione di legge una quantità abnorme di notizie false, diffamazioni, offese volgari, espressioni di odio e minacce personali. Appare anomalo anche il fatto che i responsabili civili e penali della pubblicazione non le cancellino, come se avessero la certezza di non poter venire processati o puniti secondo la legge (dovrebbero anche immaginare che le abbiamo registrate ed archiviate tutte).
La campagna aggressiva abnorme su Facebook è stata inoltre accompagnata da attacchi ai siti ed ai sistemi informatici del Movimento, ed amplificata dai quotidiani monopolisti locali italiano “Il Piccolo” e sloveno “Primorski dnevnik”, ambedue sostenuti con finanziamenti pubblici e controllati dagli ambienti politici coinvolti nelle operazioni illecite segnalate (e persino in abusi sul patrimonio della Comunità slovena appena denunciati dal mensile del Movimento, “Trieste Libera news”, che è in edicola dal primo maggio).
In sostanza, dunque, la campagna di aggressione pubblica su Facebook ed a stampa contro il direttore della Voce di Trieste e contro il presidente del Movimento è stata condotta da persone di dubbia indipendenza, per smentire ad ogni costo che esista la minaccia di mafia segnalata, e per sostituirla con le minacce di dissidenti interni violenti (inclusi dei pregiudicati).
Contemporaneamente, ed in parallelo, il “sistema” ha attivato un attacco pubblico violentissimo contro la presidente dell’Autorità Portuale, utilizzando gli stessi due quotidiani e gli stessi politici che pretendono il controllo del porto e si rifiutano di rispondere (anche per sola smentita) agli interrogativi antimafia pubblici che la Voce di Trieste ha posto loro su quell’operazione.
Quei politici ed i due quotidiani, che già attaccavano la presidente del porto scatenandole contro continue campagne politiche-mediatiche di aggressione con disinformazioni ed accuse false, le hanno ora estremizzate pretendendo che venga immediatamente commissariata e sostituita (anche se il suo mandato scadrà a gennaio 2015).
Le accuse false consistono nell’affermare che il porto sia male gestito e che la Presidente “non collabora” con i politici rappresentanti delle altre amministrazioni locali. La verità è invece che il porto ha continui incrementi di traffico e di utili, e che quei politici tentano di violare illecitamente i poteri dell’Autorità Portuale.
L’incremento abnorme dell’aggressione politico-mediatica è inoltre un nuovo tentativo di mandare a vuoto la gara pubblica con cui l’Autorità Portuale dovrebbe assegnare a fine giugno nuove concessioni legittime nel Porto Franco Nord, bloccandovi le speculazioni edilizie che sono sotto interrogativi antimafia.
Riassumendo, si può dunque affermare che a fronte dell’allarme antimafia concreto sulle attività illegali contro il porto, il “sistema” locale ha reagito immediatamente, e si è scoperto più che mai, scatenando due violente operazioni parallele: una per delegittimare e ridurre al silenzio chi ha lanciato l’allarme, e l’altra per forzare la conquista politica del porto prima possibile.
Se, inoltre, queste cose accadessero in Sicilia, Campania o Puglia, parte delle istituzioni, dei media e della popolazione si schiererebbero pubblicamente con chi ha il coraggio di denunciare il malaffare e di difendere la legalità.
Qui invece ci si deve difendere da soli anche contro veri e propri linciaggi pubblici vergognosi ed impuniti. Ma proprio questa è la conferma migliore della gravità della situazione triestina che occorre risanare in forze unite.
Quanto alle critiche formulate da alcuni al Movimento per la collaborazione antimafia ed anticrimine con autorità italiane, è evidente che mafia e criminalità sono problemi universali di sicurezza pubblica, e non di diritto internazionale.
Paolo G. Parovel
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