Trieste Libera

SINTESI: OSSERVAZIONI SU ATTIVITÀ ANOMALE DI SETTORI DEI SERVIZI ITALIANI PER COPRIRE LA QUESTIONE DI TRIESTE E CONTRO “TRIESTE LIBERA”

SINTESI: OSSERVAZIONI SU ATTIVITÀ ANOMALE DI SETTORI DEI SERVIZI ITALIANI PER COPRIRE LA QUESTIONE DI TRIESTE E CONTRO “TRIESTE LIBERA”

Articolo tratto da “La Voce di Trieste” – LINK

I link e le note sono stati aggiunti da Trieste Libera come approfondimento.

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SINTESI: OSSERVAZIONI SU ATTIVITÀ ANOMALE DI SETTORI DEI SERVIZI ITALIANI PER COPRIRE LA QUESTIONE DI TRIESTE E CONTRO "TRIESTE LIBERA"

SINTESI DELLE OSSERVAZIONI SU ATTIVITÀ ANOMALE DI SETTORI DEI SERVIZI ITALIANI PER COPRIRE LA QUESTIONE DI TRIESTE E CONTRO IL MOVIMENTO TRIESTE LIBERA

Con aggiornamenti al 13.3.2014

Si osserva da alcuni mesi un incremento lento ma costante di attività anomale ed inappropriate attribuibili a settori problematici dei servizi italiani in operazioni che hanno lo scopo di coprire e travisare la questione internazionale di Trieste e di delegittimazione e reprimere il Movimento politico “Trieste Libera” che l’ha sollevata, presentandolo all’opinione pubblica ed agli analisti politico-strategici come un fenomeno secessionista destabilizzante.

In realtà la questione internazionale di Trieste ed il Movimento Trieste Libera non hanno niente a che fare con i movimenti secessionisti italiani ed europei, perché riguardano l’attuazione di uno status giuridico internazionale consolidato dai trattati, ma violato da un Governo amministratore fiduciario, che è appunto il Governo italiano.

È inoltre quel Governo amministratore che utilizza quelle stesse violazioni per poter alimentare nella regione un noto focolaio coperto ma tuttora attivo di rivendicazioni nazionaliste verso i due Paesi ex-jugoslavi confinanti, e le sue rivendicazioni risultano agganciate anche operativamente a quelle degli altri movimenti revanscisti europei.

Mentre l’attuazione dello status giuridico internazionale legittimo di Trieste e del suo Porto Franco internazionale spegnerebbe quel focolaio una volta per tutte, interponendo fra i tre Paesi maggiori coinvolti un soggetto internazionale neutrale di natura economica (marittima, commerciale, industriale e finanziaria) e non politica.

Trieste, il suo Porto Franco internazionale e cinque Comuni minori adiacenti costituiscono infatti dal 1947 l’area principale ed attuale del Free Territory of Trieste – Territorio Libero di Trieste, stato membro delle Nazioni Unite istituito dalla risoluzione n. 16/1947 del Consiglio di Sicurezza e dall’art. 21 ed Allegati del Trattato di pace di Parigi del 10 febbraio 1947.

La questione dell’area secondaria del Free Territory già affidata ad amministrazione jugoslava è stata infatti superata e chiusa nel 1991-92 con i riconoscimenti internazionali delle nuove repubbliche indipendenti di Slovenia e di Croazia.

L’Allegato VII stabilisce per il Free Territory (ora limitato all’area principale ed al porto franco di Trieste) un regime di Governo provvisorio sotto forma di mandato fiduciario internazionale speciale e senza termini di tempo, affidato originariamente ad un Governo militare alleato di cui si prevedeva breve durata.

Il mandato fiduciario ha perciò lo scopo di garantire una corretta amministrazione politica ed economica provvisoria al Free Territory, alla sua popolazione sovrana, al Porto Franco ed agli interessi che vi ha tutta la Comunità internazionale.

Nel 1954, poiché era risultato impossibile garantire la breve durata del governo militare, il mandato fiduciario su Trieste ed il suo Porto Franco è stato affidato con un apposito Memorandum of understanding all’amministrazione civile del Governo (e non dello Stato) italiano, che la esercita tuttora.

In questo ruolo il Governo italiano ha perciò funzione non di Governo dello Stato italiano, ma di Governo Provvisorio del Free Territory, ne deve esercitare l’amministrazione nei limiti ed agli scopi stabiliti dagli strumenti internazionali specifici, ed è obbligato a rispettarli integralmente sia dal diritto internazionale, sotto vigilanza delle Nazioni Unite, sia dalla Costituzione italiana (artt. 10 e 117) e dalle leggi italiane di esecuzione e ratifica del Trattato (D.Lgs. C.P.S. n. 1430/1947 e L. 3054/1952).

Il problema è sorto dal fatto che il Governo e lo Stato italiano hanno abusato e continuano ad abusare del mandato di amministrazione fiduciaria, perché hanno trattato e trattano il territorio e la popolazione come se fossero sotto sovranità italiana, reprimendovi il dissenso, imponendovi forti tasse non dovute, paralizzando lo sviluppo del Porto Franco internazionale a beneficio dei porti italiani, negando e nascondendo alla popolazione i suoi diritti. Tutti questi comportamenti delle autorità italiane violano perciò sia il diritto internazionale che l’ordinamento italiano.

Dal 2011 la crisi economica in corso ha reso questa situazione sempre più drammatica, la popolazione locale ha ripreso coscienza dei propri diritti e ne reclama l’attuazione attraverso il Movimento Trieste Libera, che mobilita un numero rilevante e crescente di cittadini pacifici ma sempre più esasperati, ed ha iniziato azioni politiche e legali presso le autorità italiane, ponendole in imbarazzo, e presso quelle internazionali, dove sta ottenendo attenzione.

L’imbarazzo delle autorità italiane per il risveglio inatteso della popolazione amministrata che reclama i propri diritti è silenzioso ma pesante, perché le violazioni italiane del diritto internazionale e nazionale sono dimostrate, non sono giustificabili nelle sedi internazionali di giudizio e di arbitrato, hanno causato gravi danni economici e sociali e continuano a causarli.

Le parti lese individuali e collettive sono sia gli appartenenti alla popolazione sovrana del Free Territory, sia tutti soggetti internazionali che hanno diritto ed interesse al pieno e libero utilizzo del Porto Franco internazionale di Trieste.

Le autorità italiane stanno perciò tentando di impedire che la questione si sposti dal livello locale a quello internazionale, ed a questo scopo ha adottato una doppia strategìa difensivo-aggressiva.

La loro strategìa consiste nel massimo silenzio ufficiale delle autorità del Governo e dello Stato italiani e dei media nazionali, accompagnato da attività locali di contrasto politico, giudiziario e mediatico per intimorire la popolazione e per delegittimare le tesi e le attività del Movimento Trieste Libera sia a Trieste che presso gli osservatori internazionali.

L’analisi di tali attività di contrasto locali conferma due evidenze fondamentali.

La prima evidenza è che hanno tutte le caratteristiche di operazioni organizzate professionalmente da settori particolari dei servizi italiani, con l’utilizzo sia diretto che indiretto di contatti locali disponibili o manipolabili vecchi e nuovi. Si tratta di soggetti in parte già inquadrati in strutture trasversali di influenza e/o corruzione note ed operative anche nelle operazioni di turbativa verso i Paesi vicini.

La seconda evidenza è che si tratta di attività che oltre a violare sia il diritto internazionale, sia la Costituzione italiana e norme specifiche dell’ordinamento italiano, utilizzano a questo scopo illecito anche organi dello Stato e del Governo italiani, secondo le previsioni penali della L. n. 17/1982.

La struttura delle operazioni di contrasto locali da parte delle autorità amministratrici italiane si è sviluppata sinora sulle linee seguenti, che sono state già in parte segnalate e denunciate anche alle autorità italiane competenti a farle cessare:

a) dichiarazioni ed iniziative giudiziarie di alcuni particolari magistrati locali, amplificate dai media anche diffondendo notizie riservate delle indagini, con lo scopo o comunque l’effetto di spaventare gli aderenti al Movimento Trieste Libera facendo loro credere che le loro opinioni e richieste verranno punite con schedature politiche, processi penali e perdita del lavoro o della pensione;

b) sentenze amministrative ed altri provvedimenti giudiziari locali abnormi che negano la situazione di diritto del Free Territory, dei suoi cittadini e del porto franco e vengono amplificate sulla stampa con dichiarazioni politiche, campagne mediatiche e convegni pseudo-giuridici;

c) campagne politiche, di stampa ed internet, sia generali che mirate, per delegittimare il Movimento Trieste Libera ed i suoi dirigenti, con la diffusione sistematica di informazioni false o manipolate (a questo scopo sono state anche carpite e travisate dichiarazioni di funzionari delle Nazioni Unite);

d) attività svolte con particolari soggetti anche in Slovenia (ed in probabile collaborazione con elementi dei servizi sloveni) per far credere falsamente che il Movimento Trieste Libera abbia rivendicazioni politico-territoriali verso la Slovenia e la Croazia, e sia quindi pericoloso per la stabilità internazionale.

Contemporaneamente ad un incremento di queste linee di sostanziale disturbo, dall’inizio del 2014 si è osservato lo sviluppo di una nuova linea di contrasto provocatorio che sembra tendere anche a generare tensioni e disordini per dimostrare una pericolosità concreta del Movimento Trieste Libera, in modo da isolarlo in sede internazionale e giustificarne la repressione locale.

Questa nuova linea impiega anche nuovi collaboratori di vario genere e livello, e sembra essere iniziata con il creare ed accreditare su stampa apparentemente qualificata la tesi che il Movimento Trieste Libera minacci e prepari azioni violente o terroristiche, e che si appoggi ad interessi russi, dunque anti-euroatlantici.

L’avvìo di questa particolare linea disinformativa risulta avvenuto attraverso articoli di manipolazione delle informazioni in argomento pubblicati sulla rivista italiana di geopolitica “Limes”.

La rivista “Limes” fa riferimento ad ambienti italiani ufficiali e nonostante i buoni livelli d’analisi generali ha, tra altro, taciuto sinora sulle operazioni di settori dei servizi italiani verso la Slovenia e la Croazia prima e durante i conflitti dissolutivi dell’ex Jugoslavia. Si tratta delle note operazioni c.d. “Gladio 2” che negli anni ’90 vennero interrotte ripetutamente su pressioni di parte euroatlantica, e non risultano ancora disattivate.

Gli articoli sinora ospitati da “Limes” sul Movimento Trieste Libera differiscono dall’impostazione analitica ufficiale della rivista perché non analizzano né gli elementi in fatto e diritto della questione di Trieste qui sopra sintetizzati, né i documenti ufficiali del Movimento, ed utilizzano strumentalmente sia selezioni di notizie ad effetto da fonti secondarie per lo più ostili, sia montaggi di dichiarazioni anche paradossali estrapolate dai contesti, e di attribuzione anche anonima, in un crescendo di drammatizzazione artificiosa del problema.

L’articolo più recente pubblica infatti dichiarazioni di propositi violenti attribuite ad asseriti attivisti armati anonimi del Movimento, che sono state subito rilanciate al Governo italiano da un particolare parlamentare locale per chiedere e giustificare misure repressive del Ministero degli Interni.

Contemporaneamente ne è iniziato il rilancio propagandistico sulla stampa quotidiana locale, controllata dagli ambienti promotori delle operazioni qui in esame, mentre la pubblicazione di commenti critici agli articoli sull’edizione in rete di Limes ci sono risultati impraticabili.

A questi fatti nuovi si accompagnano altre circostanze ed indizi che confermerebbero la preparazione, da parte degli stessi settori delle autorità italiane, di un’escalation repressiva fondata su falsi allarmi e sul coinvolgimento di soggetti locali strumentalizzabili, allo scopo di creare tensioni ed eventuali violenze reali o fittizie da imputare al Movimento Trieste Libera. I precedenti italiani nazionali e locali sono noti e numerosi.

I responsabili delle istituzioni italiane che avrebbero il dovere prevenire ed impedire questo genere di escalation illecita ed antidemocratica non possono inoltre affermare di ignorarne le attività preparatorie, né le conseguenze, e se non intervengono a prevenirla se ne assumono anche le responsabilità penali secondo diritto italiano (art. 40 c.p.).

In ogni caso, è sempre più evidente che le attività di contrasto locale illecite poste in atto da settori delle autorità italiane a Trieste per coprire le proprie violazioni dello status e dei diritti della città, della popolazione, del Porto Franco e quindi anche della Comunità internazionale, non determinano soltanto una situazione di ingiustizia e danno gravi, ma anche turbative inutili ed inopportune nel punto d’innesto economico diretto europeo ed internazionale della regione ex-jugoslava ancora in via di stabilizzazione, che dev’essere invece valorizzato.

Rimangono inoltre da verificare le responsabilità di settori non secondari delle autorità nazionali italiane nella mancata liquidazione delle sopra dette attività anomale verso la Slovenia e la Croazia, e nella localizzazione protetta a Trieste, dal 2007, anche di una centrale organizzativa internazionale dei revanscismi nazionalisti europei dal Baltico al Mar Nero.

Paolo G. Parovel

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