Trieste Libera

Gli attacchi a Trieste Libera ed al Porto Franco

Gli attacchi a Trieste Libera ed al Porto Franco nelle nuove analisi in rete della Voce di Trieste

Ho accettato volentieri l’invito di Trieste Libera News a collazionare per questo suo numero unico speciale le analisi che la Voce ha appena pubblicato in rete sugli attacchi lobbystici pesantissimi e illeciti che sono in corso contro il movimento e contro il Porto Franco internazionale di Trieste.

I contenuti dell’articolo sono sotto mia responsabilità penale e civile esclusiva.

Gli attacchi a Trieste Libera ed al Porto Franco nelle nuove analisi in rete della Voce di Trieste

Il Porto Franco Nord, settore strategico del Porto Franco internazionale del Territorio Libero di Trieste.

Gli attacchi a Trieste Libera ed al Porto Franco nelle nuove analisi in rete della Voce di Trieste
Reti di corruzione a Trieste.

Avrete sicuramente visto serie intere di telefilm sulla classica piccola città parassitata da reti trasversali corrotte di imprenditori, politici e funzionari che penetrano anche le strutture giudiziarie locali e controllano l’unico quotidiano della città, mantenendo così una falsa immagine di normalità. Dietro la quale i loro affari possono continuare coperti ed impuniti, finché la gente indignata si ribella, e loro escono allo scoperto per reprimerla.

 

Ma forse non avete mai pensato che stavate vedendo quello che accade anche a Trieste. Dove decenni di strapotere corrotto analogo hanno generato infine una rivolta civile crescente che rivendica i diritti politici ed economici del Territorio Libero violati dal Governo amministratore provvisorio italiano. Che però non ha ancora reagito né bene né male, preso com’è in problemi ben maggiori.

 

Chi ha reagito sono le reti di corruzione locali che governano e parassitano la città grazie a quelle violazioni. Mentre il ripristino della legalità (anche nella semplice forma di amministrazione fiduciaria del Governo italiano) le fermerebbe punirebbe come meritano. E non solo nelle corruzioni ordinarie, ma anche nelle spoliazioni del porto franco internazionale di Trieste che stanno tentando d’intesa con interessi di grossi porti italiani concorrenti, e non senza tracce di mafie.

 

Obiettivi, protagonisti, impunità.

 

La Voce ha già analizzato, dimostrato e persino denunciato alla magistratura (sotto mia personale responsabilità) sia queste manovre nei loro obiettivi e protagonisti pubblici, sia le impunità giudiziarie anomale di costoro.

 

Gli obiettivi sono il soffocamento dei traffici e del regime di porto franco a Trieste ed il loro spostamento su quei porti italiani.

Ed i protagonisti pubblici formano un gruppo trasversale di politici, con rincalzi esterni eterogenei, che va dal Pd e satelliti (in prima fila Cosolini, Rosato e Boniciolli, più ora Serracchiani) a settori del Pdl ed accessori (in prima fila Dipiazza, Menia ed Antonione). Appoggiati dal Piccolo (industriali veneti e Pd, direttore Possamai) con campagne di propaganda, disinformazione e diffamazione, parzialmente replicate in sloveno dal subordinato Primorski dnevnik.

 

Tra le impunità giudiziarie vi sono, ad esempio, le inerzie totali della Procura sulle violazioni del Porto Franco, i suoi silenzi su denunce rilevanti contro il Dipiazza, e la sentenza TAR che abbiamo analizzato e denunciato sul corrente n. 29 della Voce. Anche qui vi sono naturalmente magistrati irreprensibili, ma il fatto che nelle procedure giudiziarie a Trieste accadano anche gravi abusi è notorio e documentato.

 

Vi sono perciò pochi dubbi possibili che siamo di fronte ad un apparato locale particolare, esteso, coperto ed impunito di corruzioni dolose o colpose dentro e fuori le istituzioni.

 

Diffamazione, provocazione ed intimidazione.

 

I membri e beneficiari di quest’apparato hanno dunque ben ragione di essere spaventati dalla crescita di Trieste Libera, ma non possono opporre nulla di serio alle sue tesi giuridiche, che sono ineccepibili e perfettamente riconfermabili nelle sedi internazionali.

 

Costoro si sono perciò organizzati per attaccare il movimento con campagne coordinate di diffamazione, provocazione ed intimidazione, in particolare attraverso il Piccolo e sue sinergìe anomale, e già denunciate, con la Procura nella pubblicazione e nell’uso strumentale di notizie su indagini in corso di cui è titolare il pm Federico Frezza.

 

La campagna diffamatoria.

 

La campagna diffamatoria contro Trieste Libera è stata avviata a tappeto utilizzando l’apparato italiano e sloveno del Pd, il Piccolo, il Primorski dnevnik e parlamentari coperti dalla relativa immunità. Consiste nell’affermare od insinuare che Trieste Libera sia finanziata da Giulio Camber o da interessi occulti, anche esteri, e nel pretendere che vengano indagati e pubblicati i suoi bilanci.

 

Sono accuse e richieste paradossali, dato che vengono dai partiti italiani nutriti di corruzioni, tangenti, ruberìe sistematiche e finanziamenti pubblici, contro un movimento locale spontaneo che si autofinanzia con quasi 3000 iscritti in crescita continua, manifestazioni da oltre 2000 persone, decine di migliaia di firme raccolte e feste da 30.000 partecipanti, più i contributi degli emigrati triestini nel mondo.

 

Le provocazioni.

 

Le provocazioni sono invece incominciate da parte di alcuni magistrati e funzionari che a fronte di legittime eccezioni per il riconoscimento dello status giuridico di amministrazione fiduciaria italiana, e non sovranità, hanno incominciato a respingerle sempre più arrogantemente, senza motivazione o con motivazioni grossolanamente infondate e pure difformi tra loro.

 

L’unico magistrato che ne ha iniziata regolare valutazione istruttoria è stato trasferito, e su questo caso il comportamento di un altro magistrato ha causato mercoledì 17 luglio [2013] alcune proteste in aula nei confronti suoi e del Tribunale (v. La Voce n. 29, pag. 4). Che sono state immediatamente sfruttate per scatenare contro l’intero movimento Trieste Libera una campagna intimidatoria degna d’altri tempi e regimi.

 

Ma proprio questa campagna ha fatto emergere connessioni di aspetto politico tra ambienti giudiziari e quotidiano locale. Ve ne diamo qui la ricostruzione dagli elementi d’analisi in nostro possesso.

 

L’intimidazione pseudo-giudiziaria e di stampa.

 

L’azione intimidatoria è incominciata immediatamente con dichiarazioni al Piccolo del Presidente della Sezione Penale Filippo Gullotta, ed è stata sviluppata dal pm Federico Frezza, che fa anche funzioni temporanee di Procuratore capo in attesa dell’insediamento di un nuovo titolare. Ambedue risultano aver agito in assenza dei titolari dei vertici locali sia della magistratura penale che della Procura.

 

Venerdì 19 luglio Nelle proprie dichiarazioni pubblicate dal quotidiano col massimo rilievo il presidente Gullotta ha criminalizzato violentemente Trieste Libera chiedendo indagini della Procura. Mentre è notorio (art. 11 del codice di procedura penale) che trattandosi di fatti riguardanti magistrati di Trieste le indagini spettano alla Procura di Bologna.

 

Martedì 23 luglio mattina un giornalista del Piccolo chiede provocatoriamente un’intervista a Trieste Libera informando che il pm e ff di Procuratore, Frezza, ha aperto le indagini chieste da Gullotta ed ha ordinato alla Digos di acquisire o sequestrare in giornata gli elenchi di tutti i soci del movimento. Il giornalista non spiega come sia al corrente di queste notizie segrete delle indagini e ne voglia pure scrivere (l’intervista uscirà il giorno dopo: travisata, scorretta nei toni ostili e nella forzatura delle domande).

 

Alle 13.30 Trieste Libera, essendo l’acquisizione dell’elenco degli associati un provvedimento invasivo delle libertà democratiche, non motivato e di palese valenza intimidatoria contro l’intero movimento e tutti i suoi membri, diffida e denuncia preliminarmente il pm Frezza per violazione dell’art. 11 c.p.p., trasmettendo l’atto a tutte le sedi istituzionali coinvolte ed alla stampa italiana e slovena (successivamente anche alle autorità di garanzia internazionali).

 

Verso le 15 Il Piccolo scatena la campagna stampa pubblicando in rete la notizia seguente:

 

«LA DIGOS ACQUISISCE LO STATUTO E LA LISTA DEGLI ISCRITTI DI TRIESTE LIBERA

Dopo la contestazione inscenata dai militanti di Trieste Libera nel corso dell’udienza di giovedì scorso in tribunale in cui si sarebbe dovuta esaminare l’eccezione di “difetto di giurisdizione italiana su Trieste”, la Digos è stata incaricata di acquisire lo Statuto del movimento e la lista degli iscritti a Trieste Libera entro oggi.

Si tratta per ora di una semplice indagine conoscitiva e non risultano, allo stato, ipotesi di reato.

Ampi approfondimenti sul giornale in edicola mercoledì 24 luglio.»

 

Su tali informazioni e convinzioni Il Piccolo ha impostato nel pomeriggio anche gli approfondimenti annunciati per l’edizione a stampa del 24.7, dandovi per avvenuta l’acquisizione degli elenchi dei soci, ed ha passato così la notizia al subordinato Primorski dnevnik.

 

Poiché l’acquisizione degli elenchi non è invece avvenuta, appare chiaro che il quotidiano non ha attinto la notizia dalla Digos, che l’avrebbe smentita, ma da fonte della Procura, e così autorevole da non avere motivo di dubitare, e dunque di controllare, che la Digos avesse eseguito l’ordine del pm.

 

In serata Il Piccolo ha però ricevuto sia smentite istituzionali, sia la denuncia di Trieste Libera contro il pm Frezza, ed ha modificato i propri testi originari come si vedrà più sotto. Ma non ne ha avvisato il Primorski dnevnik.

 

Il 24 luglio il Primorski dnevnik è uscito perciò con le notizie originarie che gli aveva passato il Piccolo, dando falsamente per avvenuta l’acquisizione degli elenchi (traduciamo):

 

«LA POLIZIA NELLA SEDE DI TRIESTE LIBERA

Poliziotti della sezione Digos della Questura di Trieste hanno acquisito nella sede del movimento Trieste Libera in piazza della Borsa il suo statuto e l’elenco degli associati.

Consegneranno la documentazione alla Procura, dove si pensa ad una denuncia penale nei confronti degli associati e delle associate del movimento che la settimana scorsa hanno protestato ad alta voce in tribunale.

Hanno contestato rumorosamente il giudice che ha rinviato al prossimo anno la trattazione dell’eccezione sulla giurisdizione italiana sulle aree dell’ex Territorio Libero di Trieste (TLT).

La persecuzione penale degli autori della protesta è stata chiesta dal presidente del Tribunala Filippo Gullotta, mentre l’indagine sui fatti è guidata dal pm Federico Frezza, anche se, come egli afferma, non sono ancora formalizzate le ipotesi di reato. (…).» 

 

Il Piccolo dello stesso 24 luglio dedica invece all’argomento un articolo di Corrado Barbacini, messo anche in rete con l’intervista.

L’articolo afferma che «LA DIGOS VUOLE» l’elenco dei soci di Trieste Libera, gliel’ha chiesto direttamente «nei giorni scorsi» e «in modo informale»; e pur ammettendo che l’indagine è stata affidata alla Digos dal pm Frezza quale magistrato titolare del fascicolo, l’articolo sostiene che si è trattato solo di un incarico di effettuare accertamenti investigativi, e Frezza «non ha firmato alcun decreto che formalizza la richiesta delle liste», dunque «si tratta al momento di una richiesta ma non di un ordine o peggio di un sequestro.» per il quale il pm potrebbe «entrare in campo con un provvedimento formale» solo in seguito.

 

Il quotidiano non precisa invece adeguatamente la notizia essenziale che il pm è stato denunciato, con richiesta di sospensione dal servizio, per aver svolto indagini in condizioni di incompatibilità ex art. 11 c.p.p., oltre che con iniziative intimidatorie e con la massima pubblicità politica di stampa.

 

In sostanza, dunque, il Piccolo tenta di salvare la posizione del pm Frezza scaricandolo da responsabilità sia per le informazioni al giornale sulle indagini, sia per la disposizione di acquisizione o sequestro degli elenchi degli associati del Movimento, che viene lasciata intendere fosse una sorta di iniziativa autonoma della Digos, accusandone così la Polizia per salvare lui da censure ed altre conseguenze.

 

E per affermare comunque la fondatezza dell’operato del pm confonde addirittura fatti lasciando intendere che il 17 luglio gli attivisti di Trieste Libera fossero entrati nell’aula del tribunale «con tamburi, fischietti, striscioni, cori, slogan e bandieroni» il che non è vero.

Aggiunge poi che l’inchiesta di Frezza è “un’indagine conoscitiva per capire le finalità del movimento e chi lo appoggia e anche lo sostiene finanziariamente”. Collegandola così agli argomenti e scopi delle campagne diffamatorie specifiche sostenute dal giornale e dai suoi patroni politici.

 

Il 25 luglio, mentre il Primorski dnevnik ha rettificato le notizie false date il giorno prima, Il Piccolo continua a non precisare adeguatamente la notizia essenziale del procedimento nei confronti del pm Frezza, né se questi intenda desistere o meno, ed a non rettificare le informazioni fuorvianti del giorno prima.

Pubblicandone anzi altre in un nuovo commento avvelenato di Barbacini su un’udienza civile del giorno prima, quando il palazzo ha insistito a drammatizzare provocatoriamente il problema contrapponendo ad un centinaio di manifestanti pacifici addirittura un reparto della Celere di Padova in tenuta antisommossa e facendo piantonare l’aula con 4 carabinieri e 4 poliziotti: eccessi d’effetto intimidatorio con i quali si tutela l’ordine pubblico a rovescio.

 

Il tutto viene accompagnato dalle solite propagande del Pd (Cosolini) per l’urbanizzazione speculativa illecita del Porto Franco Nord, ignorata sinora dalla Procura, e sullo sblocco delle licenze comunali a Greensisam che il Comune non ha affatto il potere di concedere. E nei giorni successivi la campagna stampa del Piccolo si fa sempre più intensa e violenta, con dichiarazioni di tutti i suoi principali sostenitori.

 
Le prime conclusioni.

 

Se ne può dedurre e concludere a questo punto che:

 

a) sono in corso operazioni aggressive illecite nei confronti di Trieste Libera e dei cittadini da parte dell’establishment politico locale che ritene minacciati propri interessi quantomeno sospetti.

 

b) appare comprovata la già denunciata solidarietà operativa anomala, quantomeno di fatto, tra la Procura ed il quotidiano, che viene messo (e non per la prima volta) a conoscenza di notizie su indagini in corso del pm Frezza delle quali fare uso politico pubblico per danneggiare gli indagati a beneficio di terzi. Coprendo poi le responsabilità della Procura a costo di usare come capro espiatorio persino la Polizia;

 

c) se queste non sono dunque forme di corruzione, dolosa o colposa, del tessuto sociale ed istituzionale di Trieste, qualcuno degli interessati dovrebbe spiegare cos’altro potrebbero essere.

 

Gli attacchi pseudo-giudiziari ai diritti democratici.

 

Ma l’attacco pseudo giudiziario scatenato contro Trieste Libera col pretesto di alcuni dissensi rumorosi in udienza il 17.7 non ha incluso “soltanto” un’indagine penale fuori competenza di legge ex art. 11 c.p.p., con pubblicazione strumentale di notizie delle indagini e tentativi intimidatori di acquisizione giudiziaria dell’elenco di tutti gli iscritti (secondo il quotidiano persino dei simpatizzanti) di un movimento politico legittimo e legalitario.

 

L’attacco pubblico dello stesso Presidente della sezione penale Gullotta, così come riferito, ed utilizzato politicamente dal Piccolo, è consistito anche nel chiedere due altre cose: una presa di posizione di categoria dei magistrati, e la punizione professionale dell’avvocato difensore.

 

Poiché il tutto può sembrare incredibile, trascriviamo letteralmente quanto pubblicato dal Piccolo del 19.7.2013, pag. 32, prudentemente virgolettato dal giornalista e ad oggi (3 agosto) non smentito dal Presidente Gullotta n da altri, nonostante la palese gravità estrema del fatto:

 

“A questo punto Gulotta si aspetta, oltre all’intervento della Procura, anche una presa di posizione sia  «dell’Anm», l’associazione nazionale dei magistrati, che «dell’Ordine degli avvocati, dato che ii legale di parte civile […] ha attaccato a sua volta il giudice. È stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso.»”.

 

In realtà quel difensore aveva soltanto fatto il proprio dovere verbalizzando in udienza che le proteste del pubblico erano state provocate dallo stesso giudice in aula. Si tratta delle stesse proteste poi utilizzate per imbastire l’abnorme attacco politico-giudiziario e mediatico coordinato contro l’intero movimento. E la punizione del difensore è una violazione totale ed inconcepibile dei principi costitutivi fondamentali del diritto.

 

Situazione giudiziaria di incompatibilità ambientale.

 

La gravità intrinseca ed ambientale di queste iniziative istituzionali abnormi del Presidente della Sezione penale Gullotta è stata confermata dal fatto che, l’Anm provinciale risulta avere preso posizione pubblica immediata nel senso da lui richiesto, così coinvolgendo tutti i propri iscritti presso il Tribunale di Trieste, nessuno di quali risulterebbe essersene dissociato, mentre l’Ordine degli Avvocati non risulterebbe essere intervenuto a censura del difensore, ma nemmeno a suo doveroso sostegno. E non sono intervenute nemmeno le altre istituzioni ed organizzazioni politiche “democratiche”.

 

Se ne deduce dunque per prove pubbliche e concrete che l’ambiente giudiziario, forense e politico di Trieste, nel suo insieme e con le ovvie nobili eccezioni di singoli magistrati, avvocati od attivisti dei diritti civili, garantisce i diritti della difesa anche al peggior delinquente, com’è giusto, ma li nega in un clima giudiziario, politico e mediatico indegno, da linciaggio combinato ed intimidazione pubblica grave, ad un unico genere di soggetti individuali e giuridici ed ai loro difensori.

 

Cioè a quelli che contestino pacificamente, con argomenti di diritto ineccepibili e quali titolari dei relativi interessi legittimi, il fatto che Trieste ed il suo Porto Franco sono dal 1954 Territorio Libero in amministrazione fiduciaria del Governo italiano su mandato internazionale, e non possono essere perciò considerati e trattati (politicamente, giudiziariamente, amministrativamente, fiscalmente, ecc.) come fossero territorio dello Stato italiano.

 

Questa situazione repressiva, ora notoria, porta inoltre ad escludere per legittima suspicione od ex art. 11 c.p.p. la competenza del Tribunale e degli altri organi giudiziari di Trieste per tutti i procedimenti comunque attinenti la questione del Territorio Libero in relazione a parti coinvolte. Ma le spese generate dallo spostamento dei procedimenti a sede non compromessa non possono venire addebitate alle parti processuali, che devono esserne perciò esonerate o risarcite a carico dall’autorità giudiziaria italiana.

 

Perché l’azione repressiva è illecita.

Al di là dei metodi già denunciati, la natura illecita dell’azione sta dunque nel suo scopo politico finale, che è antigiuridico ed antidemocratico: intimidire, punire e disperdere la massa crescente di triestini che si organizza nel movimento per affermare, pacificamente e su basi giuridiche ineccepibili, che Trieste ed il suo Porto Franco sono dal 1947 Territorio Libero, membro delle Nazioni Unite, affidato dal 1954 con l’apposito Memorandum d’intesa di Londra ad amministrazione civile provvisoria del Governo (e non dello Stato) italiano su mandato fiduciario internazionale.

Il mandato dev’essere esercitato in forza, esecuzione ed agli scopi della Risoluzione n. 16/1947 del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite e del Trattato di Pace del 1947, art. 21 ed altri, secondo gli Allegati VII (governo provvisorio del Territorio Libero di Trieste) ed VIII (Porto Franco di Trieste). Ma il Governo italiano ha attuato violazioni crescenti del mandato simulando che il Territorio amministrato sia invece parte dello Stato italiano, soffocando il porto franco di Trieste a favore dei porti italiani, appropriandosi del patrimonio pubblico, imponendo alla popolazione tasse ed obblighi non dovuti e preparando ulteriori spoliazioni.

 

Si tratta di violazioni del mandato internazionale che come tali violano anche l’ordinamento dello Stato italiano (Costituzione, artt. 10 e 117). Qualsiasi azione che tenda ad affermare, in qualsiasi modo, la sovranità italiana sul Territorio Libero di Trieste, giuridicamente cessata nel 1947, è quindi illecita sia per il diritto internazionale che per quello interno italiano, ed aggravata se chi la compie è un funzionario dello Stato italiano tenuto, come i magistrati, ad applicarne l’ordinamento.

I cittadini di Trieste che contestano la sovranità italiana fittizia non possono perciò essere penalmente perseguiti dall’autorità giudiziaria dello Stato italiano, sia per carenza di giurisdizione, sia perché agiscono nell’esercizio di un proprio diritto (art. 51 del codice penale italiano). Non possono essere inoltre accusati di attentato contro l’integrità, l’indipendenza o l’unità dello Stato italiano (art. 241 del codice penale italiano) poiché il Territorio Libero non ne fa parte.

L’azione perciò illegittima del magistrato o di altro funzionario dello Stato o del Governo italiani che nell’esercizio delle proprie funzioni affermi o tenda comunque ad imporre l’inesistente sovranità italiana sul Territorio Libero in amministrazione fiduciaria italiana non ha quindi nemmeno natura giuridica, ma di atto politico. Che come tale, ed in quanto contrario alla legge, viola anche le funzioni, i doveri ed i poteri di legge del pubblico ufficiale, configurando tutti i reati conseguenti.

Per risolvere il problema è tuttavia sufficiente che il Governo italiano aderisca pacificamente ai reclami riconoscendosi amministratore provvisorio su mandato fiduciario internazionale e regolarizzi l’amministrazione di conseguenza, sanando le illegittimità pregresse, e lo Stato italiano, quale Paese terzo, desista dalla pretesa illecita di affemare ed esercitare la propria sovranità sul Territorio dato in amministrazione al suo Governo.

Aggrevamenti della repressione illecita.

Come già evidenziato, l’azione repressiva contro il Movimento Trieste Libera si è sviluppata sinora come campagna stampa organizzata o comunque condotta in sinergia tra quotidiano locale, partiti, esponenti politici e quei magistrati. E dopo le conseguenti proteste e denunce pubbliche si sarebbe dovuta almeno fermare. È stata invece, significativamente, intensificata.

Il 26 luglio [2013] il quotidiano ed il pm Frezza hanno aggravato l’azione intimidatoria rivelando che sono state aperte indagini, sempre senza ipotesi di reato, sugli oltre 2000 cittadini che hanno presentato mesi fa al Tribunale e ad altre autorità una dichiarazione di autotutela giuridica e fiscale fondata sull’eccezione della giurisdizione italiana, che il Ministero della giustizia italiano ha appena confermato legittima e da esperire nei singoli proedimenti giudiziari.

Il testo ed il titolo dell’articolo «Tlt, Frezza ha già gli elenchi e dà la “caccia” agli statali» lasciano invece intendere che i dipendenti statali ed i pensionati potrebbero venire puniti togliendo loro il lavoro e la pensione. Ogni commento giuridico e morale appare superfluo.

Nel frattempo il resto del gruppo agente ne approfitta, per tentare significativamente di forzare, sempre attraverso Il Piccolo, le speculazioni edilizie ed immobiliari illecite sul Porto Franco, e le altre operazioni connesse, che l’attività di Trieste Libera sta impedendo.

Gli sviluppi prevedibili, e non tollerabili.

A questo punto la posizione in pericolo immediato sembra essere quella del movimento illegittimamente aggredito con questi mezzi, ma quella a rischio maggiore è invece quella del pm e dei suoi sostenitori istituzionali, attivi e passivi, che si sono spinti già troppo oltre. E per coprirsi avrebbero bisogno di dimostrare di aver agito legittimamente contro un movimento eversivo pericoloso, fornendo ipotesi di reato e prove adeguatamente solide e gravi.

Ma non si comprende bene quali ed in che modo, dato che le ipotesi di reato immaginabili (inclusa quella associativa di attentato all’unità dello Stato) non sono proponibili per i motivi già detti sopra, e le prove dovrebbero venire provocate, costruite o simulate, dato che si tratta di un movimento assolutamente pacifico e legalitario.

Per questo motivo sugli sviluppi imminenti prevedibili le opinioni degli osservatori, a Trieste ed altrove, si dividono: c’è chi dice che in Italia è ormai accaduto e continua ad esser possibile ogni abuso, e chi ritiene che in questo caso non sia invece possibile, e che l’operazione repressiva verrà rapidamente fermata e neutralizzata anche per intervento tempestivo di autorità superiori a quelle locali attivamente o passivamente coinvolte.

Non resta quindi, dopo dati gli avvertimenti opportuni qui ed altrove, che continuare ad osservare con attenzione ogni passo di cui si renderanno ancora responsabili.

L’assalto parallelo al Porto Franco.

La stessa consociazione anomala tra Piccolo e politici del PD e di gruppi postfascisti e di sinistra che attacca Trieste ha avviato contemporaneamente con frenesia da squali il più pesante assalto al porto che si sia mai visto nella storia del malaffare locale. Rendendo ancor più evidente che dietro queste manovre ci dev’essere qualcosa di molto grosso nell’interesse loro e dei presumibili soci o mandanti nascosti. Non certo della città.

 

È difficile infatti attribuire ad altro campagne disinformative così organizzate e costanti nel tempo per forzare speculazioni edilizie ed immobiliari illecite in aree vincolate di porto franco internazionale. Ad opera, inoltre, di personaggi pubblici che sono quasi tutti già da due anni sotto denuncia penale per le gravi ipotesi di reato conseguenti, ma sembrano godere di impunità inspiegate.

 

Questa linea d’analisi doverosa emerge quotidianamente anche dal semplice esame delle loro mosse pubbliche, sempre più sfacciatamente arroganti ed ingannevoli, assieme ad un doppio interrogativo: sono ancora iperprotetti, e da chi, od ormai spaventati al punto da tentar di forzare con ogni abuso il fatto compiuto?

 

Esaminiamo qui alcuni fatti emersi negli ultimi giorni dalle campagne sempre più aggressive del loro quotidiano Il Piccolo.

 

Il sistema del branco.
 

Avete presente il comportamento dei branchi di canidi in caccia? I capibranco latrano segnali, ed i gregari li ripetono obbedienti senza preoccuparsi del perché. Ed è esattamente questo che sta facendo nel nostro caso l’apparato gregario del PD e satelliti, ripetendo a cadenza sul Piccolo dichiarazioni e compitini aggressivi e delegittimatori senza preoccuparsi né di approfondire l’argomento, né di aggiornarsi seriamente, e senza nemmeno leggere o considerare le smentite.

 

I nomi dei capibranco ora all’attacco sono noti: dal sindaco PD Cosolini al suo predecessore di destra Dipiazza, alla presidente regionale Serracchiani. Mentre degli echi disinformativi gregari sul Piccolo sono buon esempio in questi giorni quelli da sinistra di Štefan Čok, Pietro Faraguna e Giulio Lauri (Sel), cui si sono appena aggiunti da destra (dopo incontro e cena con Cosolini) anche il postfascista Franco Bandelli ed il suo gruppo “alternativo”.

 

Pretese politiche in violazione di legge.

 

Intanto alle non poche violazioni di legge originarie la creatività disinformativa della consociazione ne aggiunge di nuove.

 

Cosolini e Serracchiani (che è avvocato) dovrebbero infatti sapere che i loro titoli politici d’amministrazione locale − comunali e regionali − non consentono di immischiarsi nella gestione dei titoli, delle competenze e degli obblighi istituzionali di diritto internazionale dell’Autorità Portuale, e del Governo italiano amministratore, sul Porto Franco internazionale di Trieste. E tantomeno di intromettersi nelle trattative e gare di concessione, condizionandole o turbandole con proprie richieste.

 

Tutte cose che invece Cosolini e Serracchiani stanno facendo pubblicamente, pretendendo arroganti sia di dettare essi all’Autorità Portuale  la conduzione del Porto Franco in nome del Comune e della Regione (“il territorio”, dicono) sia di ricevere e valutare preliminarmente gli elenchi riservati delle imprese interessate alle concessioni.

 

E siccome la Presidente dell’Autorità Portuale, Monassi, ha il dovere istituzionale di non consentirglielo, minacciano pubblicamente di farla sostituire con persona di loro gradimento e servizio sfruttando il controllo PD sugli enti locali e su mezzo governo. Cioè con una vigliaccata di regime.

 

In uno stato di diritto, che a Trieste su questi argomenti sembra stranamente sospeso, si tratterebbe di comportamenti arbitrari in evidenti ipotesi penali pluriaggravate di abuso d’ufficio, tentata turbativa del procedimento amministrativo di scelta del contraente, e minaccia grave di danno ingiusto. Esattamente come configurati dagli artt. 323, 353 bis e 612 del codice penale italiano.

 

Le impunità giudiziarie inspiegate.

 

Ed a questo punto si pone nuovamente la domanda doverosa e legittima su come mai a Trieste la Procura, ora guidata ad interim dal pm Federico Frezza così attivo su altro e contro Trieste Libera, lasci invece perseverare pubblicamente impuniti in queste attività illecite il Cosolini, la Serracchiani il Piccolo ed il resto della consociazione politica speculativa e predatoria sul Porto Franco.

 

Non se n’è accorta, o per l’asserita giurisdizione italiana a Trieste la legge penale vale solo contro i deboli e gli sgraditi? Se è legittimo indagare e processare Berlusconi, e non ne abbiamo dubbi tranne che per il chiasso eccessivo, perché non anche i Cosolini, Dipiazza (che ha già turbato pubblicamente le concessioni nel 2009), Serracchiani e quant’altri spadroneggiano arroganti con richieste illegali inaudite coperti a sinistra, oltre che dal Piccolo ed altri ambienti da indagare?

 

Si è appena aperto inoltre il caso della sentenza abnorme che la consociazione predatoria ha  ottenuto sorprendentemente dal TAR locale a favore delle proprie operazioni illecite sul Porto Franco.

 

Gli appoggi anomali dalla Procura al TAR.

 

Siamo di fronte infatti non ad una sola, ma a due linee di supporto pseudogiudiziario attivo alla campagna di massima pressione politico-propagandistica con cui i fautori della speculazione stanno tentando la forzatura illecita definitiva dei vincoli internazionali di porto franco sull’area.

 

La campagna punta a tre obiettivi contemporaneamente: far credere lecita la loro speculazione, impadronirsi della presidenza dell’Autorità Portuale (APT) che gestisce il Porto Franco, e screditare l’autonomo Movimento Trieste Libera che lo difende anche nelle sedi internazionali.

 

L’assalto alla presidenza usa tecniche ovvie di diffamazione sfruttando credulità diffuse. Screditare un forte movimento politico legalitario e spontaneo è invece più difficile, ma è arrivata in appoggio l’operazione giudiziario-mediatica abnorme che fa perno sul pm Frezza.

 

L’operazione più difficile è però far passare per legittima una speculazione predatoria illecita e colossale. Ma il sostegno è arrivato e con la sentenza del TAR (Tribunale Amministrativo Regionale) che ha respinto il ricorso di Portocittà contro l’APT per l’illecita seconda concessione speculativa fallita sul Porto Franco Nord.

 
Una sentenza TAR abnorme e scandalosa.

 

Era un ricorso fuori termine di legge, che il TAR aveva perciò il dovere di respingere subito senza trattazione.

 

Invece l’ha trattato, utilizzando politicamente la sentenza per costruire un abnorme apparato pseudo-giuridico che giustifichi ed assolva i fautori della speculazione illecita sull’area e persino i loro progetti ulteriori.

 

Appariva inoltre sospetto che costoro condividessero subito una sentenza appena depositata di 110 pagine, con la presidente regionale Serracchiani che ne elogiava addirittura la “grande dottrina”, e due settimane prima ne aveva pure anticipati due contenuti anomali.

 

Abbiamo messo perciò subito la sentenza in analisi, con i risultati che abbiamo pubblicato il 20 luglio ne abbiamo pubblicati sul n. 29 della Voce a stampa e dal 3 agosto anche sul sito della Voce in rete: l’apparato “di grande dottrina” è invece antigiuridico perché radicalmente infondato, e vuole consentire sia la speculazione illecita in corso garantendo l’impunità ai responsabili, sia riduzioni illecite ulteriori del porto franco a Trieste per “estenderlo” ai porti italiani concorrenti, sino a Venezia.

 

Conclusioni.

 

Siamo dunque di fronte ad attività di predazione dei diritti di Trieste e dei triestini con uno scandalo politico-giudiziario senza precedenti e nel diritto internazionale dei Trattati e delle amministrazioni fiduciarie, ed è assolutamente necessario valutare  ed azionare tutte le difese efficaci, dalle proteste pubbliche alle denunce ed ai ricorsi anche in sede internazionale.

 

Facilitati ora dal fatto che le attività ostili sopra analizzate hanno fornito prova non solo della violazione predatoria dei diritti, ma anche della repressione antidemocratica delle difese da parte di soggetti che agiscono senza punizione e nemmeno smentita in nome del Governo e dello Stato italiani.

 

Che farebbero dunque bene a tenerne conto prima che la loro posizione internazionale si aggravi ulteriormente.

 

direttore responsabile della Voce di Trieste

Un pensiero su “Gli attacchi a Trieste Libera ed al Porto Franco

  1. Pingback: Trieste: sentenza politica del TAR FVG contro il Porto Franco | Trieste Libera

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.