LA CRISI DEL SISTEMA BANCARIO ITALIANO E LE SUE CONSEGUENZE SUL TERRITORIO LIBERO DI TRIESTE. Articolo del 4 gennaio 2016.
La crisi profonda del sistema bancario dell’Unione Europea è particolarmente sentita nei Paesi deboli, il “ventre molle” di un gigante economico che non è mai riuscito realmente a svilupparsi.
Troppe le differenze economiche, politiche, culturali e sociali tra i 28 Paesi che compongono l’Unione Europea per permettere una reale integrazione e una crescita generale.
L’Unione Europea non può resistere alle crisi economiche internazionali che mettono in ginocchio i suoi Stati membri più deboli perché manca la vera coesione dei popoli, manca il senso di una Nazione.
L’Unione Europea è solo un patto economico senza nessuna velleità a diventare qualcosa di diverso, ovvero una federazione di Stati con una politica unica e una guida unitaria. L’unica cosa che unisce gli Stati membri U.E. è quindi la politica economica, un grande mercato unico con regole certe per tutti.
Ma al di là del fatto che anche questo progetto di mercato unico è di difficile attuazione, viste le differenze tra società ricche, avanzate e altamente industrializzate dei Paesi nordici, e quelle povere, rurali e poco industrializzate dei Paesi meridionali e dell’est, la fragilità del sistema U.E. è ben evidenziata ogni volta che una tempesta economica internazionale si abbatte anche sul continente europeo.
Ed è allora che l’intera costruzione di questa anomala unione di interessi subisce uno scossone, tanto più forte quanto lo è la crisi che investe ogni singolo Stato membro. Perché le capacità di tenuta delle economie forti (Germania, Francia, Regno Unito, Paesi Bassi, Danimarca, Svezia, Finlandia) è diversa da quella dei Paesi deboli e più assoggettati a sistemi politici ad elevata corruzione (Italia, Spagna, Grecia, Portogallo).
Ed è in questi frangenti che dovrebbe scattare quella solidarietà tra gli Stati membri per garantire a quelli più deboli il sostegno economico necessario a superare la crisi. I Paesi più forti dovrebbero rinunciare ad una parte della loro ricchezza per aiutare quelli più deboli. Un sacrificio che permetterebbe di innalzare l’Unione Europea da simulacro virtuale di una unione di Stati, ad una effettiva entità statuale.
Ma è proprio su questo banco di prova che la forzata unione economica degli europei fallisce clamorosamente. E d’altronde non è lecito aspettarsi un risultato diverso. Come possono convivere seriamente affratellandosi Paesi che sono stati tra di loro sempre ferocemente in guerra per secoli?
È evidente che la formula del benessere per tutti alla base stessa della creazione della Comunità Economica Europea si è rivelata fallimentare. Nessuno Stato dell’attuale Unione Europea è in realtà disposto a pagare i debiti degli altri Stati membri.
Se questo ha valore per i Paesi comunitari, pensate a chi – come il Territorio Libero di Trieste, assoggettato alle inique tassazioni italiane perché considerato parte della Repubblica italiana – nulla ha a che vedere con l’Europa comunitaria.
Qui abbiamo il caso unico di uno Stato indipendente che con il suo Porto Franco internazionale rappresenta la Singapore dell’Europa extra U.E. Un pericoloso concorrente che l’Unione Europea ha cercato di eliminare appoggiando, naturalmente senza alcun atto giuridicamente valido da parte del Parlamento Europeo, la politica italiana di progressivo soffocamento del Territorio Libero di Trieste.
Il Territorio Libero di Trieste ha diritto, tra l’altro, in base al Trattato di Pace del 1947 in vigore (e prevalente sulla stessa costituzione della Comunità Economica Europea) ad avere una propria valuta e un proprio sistema economico con tanto di Banca centrale e Borsa valori.
Ed inoltre a non pagare il debito pubblico dello Stato italiano, condizione questa esplicitata dall’articolo 5 dell’Allegato X del Trattato di Pace e necessaria per ribadire la cessazione definitiva della sovranità italiana su Trieste avvenuta con l’entrata in vigore del Trattato di Pace il 15 settembre del 1947.
Quanto sta accadendo a Trieste anche a livello di collasso del sistema bancario italiano ed europeo è quindi reversibile. I cittadini del Territorio Libero di Trieste hanno diritto alla tutela dei propri risparmi al di fuori del sistema economico imposto illegittimamente dall’Italia. Al di fuori quindi dalle leggi comunitarie e dal controllo della Banca Centrale Europea. Regole e normative nulle in uno stato sovrano al di fuori dei patti economici dell’Unione Europea.
Ma cosa sta accadendo nel sistema bancario della marcescente Repubblica italiana e quali potrebbero essere le conseguenze su Trieste se non ci fosse lo schermo protettivo del Trattato di Pace? Vediamo ora una disamina ragionata alla luce degli ultimi scandali che hanno coinvolto direttamente l’esecutivo di un governo, ricordiamolo, nemmeno eletto dal popolo.
Dopo il crack della Monte Paschi di Siena (10 miliardi di euro), una delle banche di riferimento dell’attuale partito di governo (P.D.), è scoppiato lo scandalo delle cooperative di consumo, le cosiddette “cooperative rosse”, altro fortilizio dei partiti di sinistra italiani. Alle cooperative operaie si erano affidati migliaia di piccoli risparmiatori che nel pressoché totale silenzio mediatico hanno visto volatilizzarsi i risparmi di una vita. Anche qui naturalmente, come nel caso della Montepaschi, nessun responsabile è stato individuato dalla magistratura: tutto funzionale al regime di corruzione italiano, ovviamente.
La sola crisi delle COOP ha messo a rischio investimenti per 15 miliardi di euro da parte di 1 milione e trecentomila risparmiatori. Questo il volume d’affari, al di fuori di ogni controllo, delle COOP. Sarebbero la venticinquesima banca italiana, se mai lo diventassero.
Di scandalo in scandalo si arriva poi a quello dei quattro istituti di credito (Banca Etruria, Banca Marche, CariChieti, CariFe) “salvati” con il decreto del Governo prima dell’entrata in vigore della normativa comunitaria “bail in” che vieta rigorosamente gli aiuti di Stato a partire dal 1 gennaio di quest’anno. Anche in questo caso a rimetterci i soldi sono stati i risparmiatori.
Chi aveva investito in obbligazioni consigliate dalle banche ha perso tutto. Il salvataggio del Governo ha riguardato solo le banche. Una vera beffa, o meglio truffa. Perché di banche “stracotte” sull’orlo del default in Italia c’è ne sono tante, troppe per essere salvate, ora che le normative comunitarie non lo consentono.
Tra il 20 novembre, ultima seduta prima del decreto «salva banche», e il 9 dicembre le 79 subordinate bancarie italiane trattate sull’EuroTlx avevano segnato un calo medio dei prezzi di chiusura del 2,28 per cento. I bond più sotto pressione sono quelli di istituti come Veneto Banca, Popolare di Vicenza (il subordinato 4,6% scadenza 15 dicembre 2017 ha fatto registrare il crollo peggiore), Monte dei Paschi e Carige. Con un contagio ai «sub» delle banche più robuste.
Insomma il sistema bancario italiano sta crollando sotto il peso della corruzione nazionale e a rimetterci sono prima di tutto i risparmiatori. In un Paese a rischio di default nemmeno il risparmio postale è sicuro. I tanti correntisti forse non sanno che i loro soldi sono affidati alla Cassa depositi e prestiti controllata direttamente dal governo. In Italia infatti tutte le nomine dei vertici bancari e postali sono decise per appartenenza politica. E i dirigenti rispondono direttamente ai partiti e non ai risparmiatori.
Questo sistema finanziario deviato che sta collassando con l’intero Paese si estende anche a Trieste, dove però i risparmiatori possono difendersi esercitando semplicemente i propri diritti di cittadini del Territorio Libero di Trieste.
E per i danni qui risponde direttamente il Governo italiano che deve rimborsare fino all’ultimo euro i cittadini che si trovassero coinvolti loro malgrado nei fallimenti di banche e di altri istituti di credito che operano a Trieste in violazione delle leggi e del regime tributario e amministrativo del Territorio Libero di Trieste.
Tratto dal blog “Ambiente e Legalità” di Roberto Giurastante