Trieste Libera

MOVIMENTO TRIESTE LIBERA – testo della conferenza stampa del 18 agosto 2014

Dietro i falsi indipendentisti compromessi con armi e droga c’è la struttura del sistema di illegalità e corruzione a Trieste

Aggiornamento: il video della conferenza stampa, in quattro parti, è pubblicato qui.

MOVIMENTO TRIESTE LIBERA – testo della conferenza stampa del 18 agosto 2014

Questa conferenza stampa del Movimento Trieste Libera non è stata convocata per conflitti politici con altre organizzazioni.

È stata convocata per i risultati di indagini nostre ed istituzionali su sviluppi pericolosi di una situazione maggiore e complessiva di illegalità, criminalità e corruzione che danneggia gravemente Trieste e la Comunità internazionale, ma viene tollerata dal Governo italiano che ha l’amministrazione fiduciaria del Territorio Libero di Trieste.

Per quest’inadempienza del Governo amministratore italiano il Movimento Trieste Libera, che conduce l’azione politico-diplomatica internazionale per la completa attuazione del Territorio Libero e del suo Porto Franco internazionale, provvede ora anche ad inviare il reclamo direttamente alle Nazioni Unite, che sono dal 1947 il garante giuridico primario dei cittadini del Territorio Libero di Trieste e dei loro diritti.

Il reclamo alle Nazioni Unite, di cui il Territorio Libero di Trieste è membro di diritto dal 1947, è espressamente riferito anche alla “Convenzione e Protocollo delle Nazioni Unite contro il crimine organizzato transnazionale” come adottati dall’Assemblea Generale del 15 novembre 2000 e del 31 maggio 2001.

Precisiamo che il contestuale ricorso di Trieste Libera ad autorità giudiziarie e di polizia italiane non è contraddittorio, perché il Governo amministratore fiduciario ha il dovere di utilizzarle per garantire sicurezza e legalità nel Territorio Libero amministrato. La mancanza di giurisdizione dello Stato italiano non giustifica infatti l’impunità dei crimini nel Territorio Libero.

La nostra indagine è stata svolta da esperti che collaborano da anni: Roberto Giurastante, ambientalista e presidente del Movimento Trieste Libera, del quale sono note importanti inchieste e denunce raccolte nel libro “Tracce di legalità” che ne fa il Saviano di Trieste; Paolo G. Parovel, giornalista investigativo e direttore del periodico d’inchiesta “La Voce di Trieste” del quale sono noti importanti dossier e collaborazioni con centri d’analisi sloveni, italiani, europei e statunitensi. Ambedue hanno subìto perciò negli anni ritorsioni, censure stampa ed attentati.

Trieste ha una situazione criminalistica assolutamente anomala dietro un’apparenza di ordine e legalità, perché la criminalità comune è scarsa e viene perseguita, mentre la corruzione dell’establishment locale è elevata, ma viene tollerata e coperta dalle autorità molto più che nel già corrotto sistema italiano.

Il motivo di quest’anomalìa è che il Governo italiano, dopo avere ricevuto nel 1954 in amministrazione fiduciaria il Territorio Libero di Trieste, vi ha insediato e mantenuto una rete di potere locale che gli garantisce fedeltà politica assoluta all’Italia in cambio di vantaggi economici e dell’impunità per corruzioni ed altri reati, anche molto gravi.

L’impunità della rete di potere locale è stata sinora garantita da settori particolari dei servizi italiani, anche attraverso uffici governativi speciali come l’ex Ufficio Affari Riservati, l’ex Ufficio Centrale per le Zone di Confine e gli Uffici che ne hanno ereditate le funzioni e continuano ad avere un forte controllo sui mass media e sulla selezione di politici ed amministratori locali deboli.

Questo trattamento speciale ha trasformato Trieste in una “riserva coperta” di impunità quasi assoluta per le attività criminali di medio e alto livello, inclusi gli intrecci fra politica, mafie e corruzioni istituzionali, le manipolazioni degli appalti, le discariche di inquinanti e gli abusi giudiziari su soggetti deboli (poveri, anziani, minori, disabili).

La conseguente debolezza della reattività sociale ha consentito anche il saccheggio graduale delle risorse economiche e produttive maggiori di Trieste, dai cantieri navali ad altre grandi imprese, ed il soffocamento del porto franco internazionale di Trieste a beneficio dei porti italiani.

In questo momento sono in corso, sotto piena complicità politica e di stampa italiana, tre grosse operazioni economiche a danno il Porto Franco di Trieste, una internazionale e due locali, ed in tutte e tre si intrecciano con certezza interessi politici e della grande criminalità organizzata.

L’operazione internazionale è il dirottamento dei traffici dell’asse Baltico-Adriatico, del valore di trilioni di euro, dai porti naturali di Trieste e di Koper ai porti italiani dell’Adriatico occidentale e dello Ionio sino a Brindisi e Taranto, e del Tirreno sino a Gioia Tauro, che sono quasi tutti sotto controllo della grande criminalità organizzata.

Le operazioni locali consistono invece nei tentativi illegali di eliminare il Porto Franco Nord urbanizzandolo per realizzarvi una speculazione edilizia ed immobiliare da 1.5 miliardi di euro, e di paralizzare il Porto Franco Sud (e l’Oleodotto Transalpino – TAL) con un rigassificatore a terra, antiquato e pericoloso, del ramo italiano della multinazionale Gas Natural.

Tutte e tre le operazioni sono sostenute da un forte schieramento politico trasversale italiano, che a questo scopo sta tentando di impadronirsi con aggressività abnorme anche della presidenza del porto ed opera in sinergìa palese con società ed ambienti che sono sotto pesanti interrogativi antimafia.

Si tratta appunto del ramo italiano di Gas Natural, ora sequestrato dall’Antimafia di Palermo, mentre nell’urbanizzazione del Porto franco Nord, illegale perché è area pubblica internazionale vincolata, sono stati o sono tuttora attivi personaggi sotto inchiesta per legami di ‘ndrangheta e di mafia siciliana, o per corruzione, tra i quali gli imprenditori Maltauro, reo confesso a Milano per tangenti, e Rizzani de Eccher, posto ora sotto inerdittiva antimafia da Udine.

In una città normale questa situazione sarebbe stata già bloccata e indagata da tempo. A Trieste invece il “sistema” d’impunità e censura locale continua a coprirlo nonostante ogni evidenza. Tanto che le sole voci di opposizione e denuncia sono a livello politico il Movimento Trieste Libera, che svolge anche l’azione di difesa internazionale del Porto Franco, ed a livello stampa La Voce di Trieste.

Per questo motivo Trieste Libera e la Voce sono stati sottoposti nei mesi scorsi ad attacchi pubblici violentissimi, rivolti in particolare contro il presidente-investigatore di Trieste Libera, Roberto Giurastante e contro il giornalista investigativo direttore della Voce, Paolo G. Parovel, che è anche un esponente del Movimento.

Questi attacchi hanno portato in luce anche elementi non politici, ma criminologici, la cui pericolosità si sta aggravando per i motivi seguenti.

A metà aprile di quest’anno (2014) Roberto Giurastante per il Movimento Trieste Libera, e Paolo G. Parovel con la Voce di Trieste, hanno reso note nuove informazioni riservate, poi confermate da fonti investigative, su un imminente incremento di pericolosità degli intrecci fra ambienti della politica e della ‘ndrangheta, che avrebbe voluto forzare con azioni violente contro gli oppositori la colossale speculazione edilizia ed immobiliare illegale sul Porto Franco Nord.

A Trieste la ‘ndrangheta risulta gestire già attività finanziarie ed immobiliari, anche verso l’Istria, oltre a forniture di cocaina.

L’allarme pubblico ha bloccato quel rischio, che è stato però immediatamente sostituito con una violentissima controcampagna “spontanea” di propaganda in rete per negare l’esistenza di intrecci locali fra politici e criminalità organizzata, screditare personalmente Giurastante e Parovel come squilibrati e nemici del Territorio Libero, aizzare apertamente all’odio ed alla violenza contro di loro ed organizzare un “golpe” interno al Movimento Trieste Libera per prenderne il controllo con dirigenti manovrabili.

Il sospetto che il “golpe” interno fosse pilotato dall’esterno era ovvio e confermato dal fatto che l’operazione applicasse schemi professionali della guerra di propaganda e fosse condotta da personaggi equivoci che utilizzavano senza scrupoli mezzi illeciti, come l’occupazione delle comunicazioni internet del Movimento, l’invenzione di notizie false, l’ingiuria e la diffamazione, procedure statutarie illegali spacciate per lecite, l’appropriazione illecita di denaro e di elenchi di associati, l’assalto fisico alla sede di piazza della Borsa 7, l’abuso del nome e del marchio di Trieste Libera.

E tutto questo con favore di stampa e nell’inerzia di fatto delle autorità giudiziarie e di polizia italiane nonostante le denunce presentate.

Il tentativo di “golpe” è stato possibile perché il Movimento Trieste Libera è nato come forza reale appena nel 2013, con un’esplosione spontanea straordinaria di consenso popolare e di iscritti (quattro volte più del PD locale) che non ha però consentito di allontanare subito gli infiltrati e le persone indesiderabili.

Anche la Presidenza di Roberto Giurastante, che ha iniziato a fare ordine e pulizia, è iniziata appena il 18 gennaio 2014.

Il gruppo golpista era ed è tuttora formato da alcuni ex dirigenti, in buona parte provenienti dalla destra politica nazionalista italiana, e da un gruppo di “sicurezza” di una cinquantina di persone che essi avevano introdotto nel Movimento, obbediva ai loro ordini, ed era efficiente ma creava forti imbarazzi per invasività e metodi violenti. A costoro si è aggiunto un centinaio di seguaci, per un totale di sole circa 200 persone in tutto, sui 2500 di Trieste Libera.

Lo stesso gruppo golpista aveva inoltre assunto da qualche tempo il controllo di due strutture parallele del Movimento: l’organizzazione Trieste Libera impresa ed una piccola società di diritto britannico, con sede legale a Londra, che si definiva “Triest NGO” affermando di essere un’associazione non governativa riconosciuta dal Governo inglese.

Il tentativo “golpe” non è riuscito, ed il gruppo sopra detto ha dovuto costituirsi un’organizzazione propria dal curioso nome di “Movimento Territorio Libero al cubo”, con quei pochi associati e con il gruppo di sicurezza violento come organizzazione autonoma interna.

Questo nuovo Movimento, benché esiguo, ha mostrato anche di possedere inspiegate capacità di spesa per l’affitto e per l’arredo e l’attrezzatura completi di una nuova grande sede in via Roma 28, e per l’assunzione di personale in paga, mentre il ben maggiore Movimento Trieste Libera, si regge totalmente sull’autofinanziamento e sul volontariato.

Il piccolo ma ben finanziato nuovo Movimento di via Roma 28 ha continuato i violenti attacchi diffamatori contro il Movimento Trieste Libera, e con tentativi di arenare internazionalmente l’indipendentismo triestino su rivendicazioni dell’ex “Zona B” contro Slovenia e Croazia che sono tipiche della destra nazionalista e neofascista italiana, così come gli atteggiamenti intolleranti e aggressivi del loro “gruppo sicurezza”.

Riteniamo perciò evidente che si tratta soltanto di un Movimento pseudo-indipendentista di disturbo, manovrato da interessi opposti a quelli del Territorio Libero di Trieste e dei suoi cittadini. La sola azione vera per il Territorio Libero è quella internazionale pacifica e legalitaria.

Nel frattempo il Movimento Trieste Libera ha svolto indagini approfondite sui comportamenti dei principali responsabili del tentativo di “golpe”, ed ha scoperto compromissioni con ambienti del traffico di cocaina, del riciclaggio e dell’uso illegale di armi che appaiono coerenti con il profilo della consociazione politico-malavitosa italiana che tenta di eliminare Trieste Libera per forzare la colossale speculazione edilizia ed immobiliare illegale nel Porto Franco Nord.

Si tratta di compromissioni avvenute all’insaputa del Movimento, che ora illustreremo, e risultano iniziate nel 2013. Per questo motivo si è anche supposto che avessero lo scopo originario di agganciare dirigenti deboli o disponibili del Movimento per condizionarlo o per disperderlo ad un certo punto con arresti e processi. Ma l’espulsione di quei dirigenti ha impedito ambedue le operazioni.

Tutte le nostre affermazioni in argomento hanno il supporto di prove testimoniali e documentali investigative, e consistono nei seguenti fatti principali:

1) Il nucleo centrale del gruppo dirigente “golpista” di via Roma è risultato in rapporti stretti con un triestino, Andrea Rotta, rivelatosi poi trafficante-spacciatore di cocaina ed arrestato nel novembre 2013, il quale prima dell’arresto si presentava grazie ad essi (che lo avevano anche iscritto al Movimento) come agente promotore economico di Trieste Libera Impresa ed advisor della Triest NGO. La sua condanna, a giugno, è stata passata sotto sorprendente silenzio dalla stampa quotidiana locale, che aveva dato invece ampio spazio all’arresto.

Per questa conferenza stampa vi proponiamo le immagini del gruppo dirigente golpista in motoscafo con l’arrestato e quelle del successivo arresto.

2) Nell’ambito di tali rapporti il nucleo centrale del gruppo dirigente golpista di via Roma risulta aver ricevuto anche proposte di riciclaggio di ingenti somme di denaro sia tramite il conto bancario della “Triest NGO”, con utile del 4%, sia tramite acquisti con carte di credito ed utile del 25%. Tale ultima proposta era stata loro formulata in Slovenia, ad Isola durante un incontro con un noto faccendiere per contatti con l’organizzazione non-governativa croata “WORLD YOUTH BANK Network – WYBN”, che il gruppo dirigente golpista ha poi spacciato a Trieste per organizzazione dell’ONU.

3) Lo stesso gruppo dirigente golpista di via Roma spaccia ancora per società non-governativa di diritto britannico e come strumento di contatto con l’ONU la sedicente Triest NGO  e vi trattiene ancora denaro del Movimento Trieste Libera per le cause internazionali. Ma ora è risultato che si tratta solo di una società commerciale denominata “Triest”, perché le autorità inglesi non ne hanno ancora approvato lo statuto quale NGO. Risulterebbe anche che lo stesso gruppo golpista di via Roma stia offrendo ad imprenditori tramite Trieste Libera Impresa, ed in cambio di denaro, vantaggi d’iscrizione e sede legale in porto franco che non ha titolo ad offrire.

4) Da indagini di polizia italiane e slovene è risultato che alcuni dei membri del “gruppo sicurezza” di via Roma, tra i quali vi sono anche pregiudicati per spaccio ed uso di cocaina ed altri reati, e perciò privi di porto d’armi, si addestrano all’uso delle armi, anche da guerra, in cave usate come poligono in Slovenia, perché lì regole di accesso sono molto più permissive che nei poligoni italiani. Dalle informazioni ed intercettazioni raccolte dagli inquirenti risultano avere disponibilità di armi e proiettili anche nel territorio di Trieste. Nelle intercettazioni i leader del gruppo manifestano propositi molto violenti verso le autorità italiane e violenta ostilità contro i dirigenti del Movimento Trieste Libera.

Per questa conferenza stampa abbiamo preparato un collage di documenti significativi da fascicoli d’indagine, togliendone i principali elementi identificativi degli inquirenti e degli indagati.

5) Infine, da fonti investigative slovene ed italiane sono arrivate nei giorni scorsi informazioni e preoccupazioni sulla possibilità che quei nuclei che si addestrano all’uso delle armi possano procurarsene altre ed essere manovrati da terzi per far loro compiere atti gravi.che verrebbero usati per screditare l’azione civile pacifica per i diritti dell’intero indipendentismo triestino.

Segnaliamo che oltre ai maneggio di armi, nelle settimane scorse elementi pericolosi del “gruppo sicurezza” hanno anche picchiato un agente di polizia in piazza della Borsa senza finire in cella. Non si comprende dunque come mai vengano lasciati indisturbati dalle autorità italiane locali, mentre le forze speciali slovene già compiuto interventi sul loro territorio.

Il Movimento Trieste Libera ha deciso perciò di esporsi nell’interesse generale con questa denuncia pubblica ed alle Nazioni Unite per prevenire questo rischio e per costringere il Governo amministratore italiano a prenderne atto e disporre provvedimenti adeguati ad impedire il peggio.

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