Trieste Libera

BANDIERE NELLA POLVERE

BANDIERE NELLA POLVERE. Articolo del 10 ottobre 2013.

BANDIERE NELLA POLVERE

“Non è vero che l’Italia sia un paese disorganizzato. Bisogna intendersi: qui la forma di organizzazione è la camorra. Il Partito come la religione, la vita comunale come la economica prendono inevitabilmente questo aspetto. Non manca disciplina ma è la disciplina propria della camorra, l’ultra disciplina che va dal fas al nefas”.

Giuseppe Prezzolini (Codice della vita italiana).

FALSE NOTIZIE CONTRO MTL SULLA POSIZIONE ONU SUL TERRITORIO LIBERO DI TRIESTE: CAMPAGNA PROPAGANDISTICA COORDINATA DAI SERVIZI ITALIANI.

La campagna propagandistica avviata contro il Movimento Trieste Libera e la sua azione legalitaria per il ripristino dei diritti del Territorio Libero di Trieste ha raggiunto nuove vette negative con l’operazione disinformativa che ha coinvolto l’ONU.

L’attacco diretto è stato portato dal quotidiano Il Piccolo e dalla RAI con un’azione coordinata che ha visto i rispettivi giornalisti cercare di dimostrare l’infondatezza delle posizioni espresse da Trieste Libera e dai cittadini che vi si riconoscono in merito allo status giuridico di Trieste e del suo Porto Franco internazionale.

Il primo intervento ha riguardato l’utilizzo dei simboli e delle bandiere ONU da parte del Movimento Trieste Libera. Utilizzo contestato dall’Avvocato dello Stato italiano Marco Meloni in un’udienza civile tenutasi l’11 settembre e in cui era stato sollevato il difetto di giurisdizione dell’autorità giudiziaria italiana e dello stesso distretto della Corte di Appello.

L’avvocato dello Stato irridendo i ricorrenti definiva tra l’altro offensivamente “Topolinia” il Territorio Libero di Trieste e affermava che:

“L’utilizzo, da parte di una realtà associativa locale, della bandiera e dei simboli dell’organizzazione delle Nazioni Unite, certamente non autorizzato e abusivo, non trova conforto e sostegno alcuno nelle sedi competenti…”.

Da qui lo spunto per l’intervento del quotidiano Il Piccolo, giornale finanziato dal Ministero degli Esteri italiano, che con il proprio giornalista Pier Paolo Garofalo, ufficiale dell’esercito italiano esperto in comunicazione, ha realizzato il 17 settembre un articolo sulla presunta frode commessa a danno dell’ONU dai “ribelli” triestini.

Un articolo a cui è stata data ampia visibilità costruito su una “falsa” intervista ad un funzionario italiano dell’UNRIC (Centro Informazioni  europeo delle Nazioni Unite) nella quale lo stesso avrebbe confermato le affermazioni dell’avvocato di Stato contro l’uso fatto dai cittadini di Trieste dei simboli e bandiere ONU ed avrebbe addirittura paventato un ricorso al Ministero degli Esteri italiano contro il Movimento Trieste Libera per “ripristinare la legalità” .

L’operazione è poi continuata con l’ingresso in campo della televisione di Stato, la RAI, che agganciandosi allo scoop del Piccolo e tramite il proprio giornalista Antonio Caiazza, si è rivolta direttamente con una mail di richiesta all’ufficio stampa del Segretariato ONU per ottenere conferma sulla sovranità italiana su Trieste.

La domanda, (“Cosa ne pensano le Nazioni Unite sul presente, attuale status di Trieste? Il Territorio è cessato o no nell’opinione delle Nazioni Unite?”) posta in maniera equivoca ha portato ad una risposta di circostanza in toni confidenziali (la funzionaria si esprimeva con un non protocollare “caro Antonio” nei confronti del giornalista RAI…) che riportava peraltro una considerazione non ufficiale secondo la quale il Segretariato considererebbe Trieste come una parte integrante dell’Italia.

Su questa risposta, di cui non era peraltro stata autorizzata la pubblicazione, la RAI ha poi costruito ampi servizi ripresi da Piccolo in prima pagina per affermare che il caso del Territorio Libero era chiuso definitivamente grazie alla risposta ottenuta dall’ONU (Con una mail di una riga inviata alla RAI regionale, il Segretariato delle Nazioni Unite chiude la questione del Tlt).

L’intervento del giornale indipendente di inchiesta “La Voce di Trieste” ha permesso di far saltare questa congiura propagandistica degna del miglior regime fascista. Il direttore della Voce Paolo G. Parovel chiedeva egli stesso spiegazioni agli uffici ONU strumentalizzati per imbastire la campagna mediatica anti-TLT ricevendole dagli imbarazzati funzionari ONU caduti nella rete dei servizi italiani: tutto falso, nessuna dichiarazione ufficiale sulla sovranità del TLT – non di competenza tra l’altro del Segretariato – era stata rilasciata.

L’UNRIC faceva quindi pervenire al quotidiano Il Piccolo, tramite il proprio funzionario a cui erano state attribuite le false dichiarazioni sulla questione del Territorio Libero e sull’utilizzo della bandiere ONU, la richiesta di obbligatoria rettifica che veniva peraltro pubblicata in ritardo,  in un angolo nascosto del giornale (pag. 33) e con incredibilmente pure la smentita della stessa da parte del giornalista-ufficiale dell’esercito italiano responsabile del falso!!

Un ottimo esempio del totale asservimento dei media italiani al potere. Nella migliore tradizione di un Paese che segue l’ordinamento della camorra.

Tratto dal blog “Ambiente e Legalità” di Roberto Giurastante

***
LA SMENTITA DELL’UNRIC (ONU) ALLA CAMPAGNA DISINFORMATIVA ANTI-TLT DEL QUOTIDIANO IL PICCOLO

Gentile Direttore, le scrivo in relazione all’articolo pubblicato dal suo giornale il 17 settembre, che reca una serie di affermazioni che Pier Paolo Garofalo ha attribuito a me, distorcendo quanto gli avevo detto in occasione di due brevi conversazioni telefoniche.

Innanzitutto il retroscena. Informato dall’autore circa manifestazioni che si erano tenute a Trieste nei giorni precedenti e in cui era stata utilizzata dai dimostranti la bandiera ONU, ho provveduto a spedirgli per email il testo dello “United Nations Flag Code and Regulations” del gennaio 1967, testo che emenda la disciplina originariamente posta in essere sul legittimo utilizzo di simboli e loghi delle Nazioni Unite.

Nella seconda telefonata ho pregato l’autore di citare in particolare gli articoli 5, 7 e 10 del testo, che disciplinano rispettivamente l’uso della bandiera, il regime di proibizione dell’uso della bandiera e la disciplina delle violazioni del Flag Code, che “possono essere punite in conformità con la legislazione del Paese nel quale tale violazione ha avuto luogo”.

Ho inoltre espressamente attirato l’attenzione dell’autore su una Risoluzione dell’Assemblea Generale, secondo cui gli emblemi delle Nazioni Unite non possono essere utilizzati senza l’autorizzazione del Segretario Generale al fine di prevenirne l’abuso.

Veniamo pertanto alle dichiarazioni contenute nell’articolo:

Smentisco formalmente di aver mai fatto le considerazioni contenute nei primi due paragrafi dell’articolo, a me attribuite all’inizio del terzo.

In linea con il semplice mandato informativo a me attribuito, che non consente spazio per affermazioni di altro tipo o tenore, smentisco di aver mai fatto l’esplicita considerazione specifica sull’uso improprio della bandiera da parte di un singolo movimento, avendo invece reiterata mente segnalato il carattere generale della disciplina posta in essere dal testo normativo Onu di cui sopra e avendo pertanto indicato come violazioni della normativa di cui sopra tutti i comportamenti nei quali i simboli Onu siano utilizzati senza formale autorizzazione.

Non ho mai detto di aver ricevuto da parte degli esperti legali a New York il parere citato nel paragrafo cinque dell’articolo, semplicemente perché il mio interlocutore istituzionale a New York ne seguito del mio primo contatto con l’autore è stato un ufficio del tutto distinto da quello legale.

Al riguardo tale ufficio non ha fatto altro che reiterare che lo status del libero territorio di Trieste fu disciplinato con il Memorandum d’intesa del 1954 tra i governi di Italia, Regno Unito, Usa e Jugoslavia e il successivo Trattato di Osimo del 1975 tra la Repubblica federale socialista di Jugoslavia e la Repubblica italiana.

Mai avrei potuto permettermi di fare considerazioni come quelle a me attribuite in virtù del fatto che questioni relative a statualità e riconoscimento di stati sono di assoluta competenza degli stati sovrani, certamente non del Segretariato Onu. Il che esclude anche che questo ufficio abbia alcun mandato che lo porti a poter “valutare se non sia il caso di intervenire al Ministero degli esteri italiano”.

Ciò che io ho invece spiegato – ed è cosa ben diversa – è che questa informazione avrebbe potuto essere di interesse alla Rappresentanza permanente che l’Italia ha presso le Nazioni Unite.

Infine, l’autore ha esplicitamente attribuito a me le sue considerazioni sulla Corte di Giustizia di cui all’ultimo paragrafo, laddove io gli avevo solo espressamente menzionato il ruolo che la Carta delle Nazioni Unite attribuisce all’organo.

In conclusione, confermo che la mia conversazione si è unicamente svolta intorno alla disciplina posta in essere dalle Nazioni Unite a tutela dei propri simboli. Il mandato di questo ufficio di informazione esclude di poter emettere giudizi e affermazioni di diversa natura, come quelli invece a me attribuiti. Le chiedo pertanto cortesemente di voler pubblicare questa mia.

Fabio Graziosi

UNRIC Bruxelles

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