DIETRO ALLE DISCARICHE DEL TERRITORIO LIBERO DI TRIESTE (PARTE 2): FERRIERA E DINTORNI
Sono in fibrillazione. Gli autori della devastazione ambientale del Territorio Libero di Trieste si trovano in difficoltà ora che la verità sta cominciando ad emergere. Decenni di utilizzo indiscriminato come discarica dell’ambiente naturale del piccolo Stato in amministrazione fiduciaria assegnata dalle Nazioni Unite al Governo italiano non possono più essere nascosti.
Ed ecco che i responsabili di un disastro ambientale epocale intervengono per cercare di rassicurare l’opinione pubblica minimizzando sull’entità dell’inquinamento.
Lo stiamo vedendo in questo momento per quanto riguarda l’inquinamento ipogeo carsico ed anche per alcune zone assoggettate alla servitù militare. Si tratta di un’operazione di puro stile propagandistico con la quale si cerca di distrarre l’attenzione dei soggetti interessati che cominciano ad essere sempre più numerosi ed autorevoli.
Bonifiche delle aree inquinate promesse in una campagna elettorale (illegittima visto che lo Stato italiano non ha alcuna sovranità sul Territorio Libero di Trieste) ormai incombente allo scopo di contenere la prevedibile emorragia di voti e la credibilità internazionale.
Perché la questione ambientale del Territorio Libero di Trieste è già stata portata all’attenzione internazionale. Lo è ad esempio da quando questo mio blog, che non casualmente si chiama “Ambiente e legalità”, è stato aperto nel luglio del 2011 venendo col tempo sempre più seguito anche all’estero.
Molte delle notizie sulla questione ambientale del Territorio Libero di Trieste le si trovano anche sul sito di Greenaction Transnational. Un’azione informativa sviluppata a partire dal 2008 basata su inchieste di cui mi sono occupato personalmente fin dal lontano 1995. Inchieste pesanti che hanno permesso di ricostruire il funzionamento istituzionale del sistema delle discariche di Stato realizzato dall’Italia nel Territorio Libero di Trieste. Ne ho parlato nel mio libro “Tracce di legalità”.
Una cosa che mi ha colpito di alcuni degli attuali interventi istituzionali guidati sull’emergenza ambientale di Trieste è che gli stessi sembrano seguire proprio i contenuti di alcuni dei post del mio blog e delle inchieste, di cui sono responsabile, pubblicate sul sito di Greenaction Transnational.
Capita così che da quando è stato sollevato il collegamento diretto tra il disastro ambientale del Territorio Libero di Trieste e disinvolte operazioni svolte con la copertura del segreto militare di Stato, comincino ad occuparsene anche i media. E allora capita ad esempio di vedersi pubblicare i propri articoli con tanto di foto dal quotidiano Il Piccolo che li fa suoi omettendo di citare la fonte.
Che si siano ravveduti (a parte la grave scorrettezza giornalistica di plagiare il materiale altrui…) e che vogliano ora denunciare il sistema che hanno coperto da sempre? Assolutamente no, ovviamente, si tratta di segnalazioni urgenti alle autorità per tamponare l’emergenza.
Così ad esempio per i depositi militari di Montedoro (Muggia). O per l’area dell’ex discarica di Trebiciano, quella dove si addestravano gli uomini di Gladio.
Un inquinamento quello del Territorio Libero di Trieste che serviva anche a copertura di altri traffici tra cui quello delle armi di distruzione di massa. Perché le discariche nel Territorio Libero di Trieste erano funzionali a operazioni speciali di mafie e servizi spesso intrecciate tra di loro., e il Porto Franco di Trieste aveva, ed ha, in questa situazione un’importanza strategica. In definitiva quello che l’amministrazione fiduciaria italiana ha garantito a Trieste è di essere un Territorio Libero dalla legalità.
In questo vasto giro di discariche coperte rientra anche la Ferriera di Servola la cui attività produttiva era ed è necessaria per evitare che venga alla luce quanto è rimasto dei pericolosi traffici che vedevano il porto di Trieste scalo marittimo pure per i rifiuti radioattivi. Lo stabilimento siderurgico è infatti una grande discarica a cielo aperto nella quale sono stati seppelliti rifiuti speciali, anche di origine militare, e che nel Territorio Libero di Trieste mai sarebbero potuti transitare.
Ma sopra i veleni sepolti e ricoperti da altri rifiuti l’attività industriale prosegue. Un inquinamento scaccia l’altro, insomma. Questo almeno nell’ottica delle autorità italiane. Anche se l’inquinamento “invisibile”, ormai inesorabilmente avanzato fino al mare a contaminare i fondali di questo estremo lembo dell’Adriatico, non è meno lieve delle tonnellate di polveri alla diossina che escono ogni giorno dai polmoni dell’impianto siderurgico.
Cancellare le tracce di questo disastro ambientale coperto da decenni di omertà istituzionale diventa però sempre meno facile. È una corsa contro il tempo per cercare di eliminare prove compromettenti, quando vengono individuate, e magari spostarle in siti meno all’attenzione di sguardi indiscreti: lo abbiamo visto nel caso dei “misteriosi” fusti spariti dopo 40 anni dall’area della discarica di Trebiciano.
E il Porto Franco di Trieste, che nasconde ancora oggi molte tracce di queste attività criminose, è certamente, all’interno del Territorio Libero di Trieste, la zona più sicura in questo momento dove occultare le prove di un crimine di Stato che ha assunto le caratteristiche di una vera aggressione militare: una guerra alla legalità internazionale attuata dalle mafie istituzionali della Repubblica italiana.
Dal sito di Greenaction Transnational: Armi chimiche italiane nelle discariche e nei depositi militari abbandonati della provincia di Trieste?
Tratto dal blog “Ambiente e Legalità” di Roberto Giurastante
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ALTRI POST DELLA SERIE “DIETRO LE DISCARICHE DEL TERRITORIO LIBERO DI TRIESTE”:
1: INTRODUZIONE – LINK
2: FERRIERA E DINTORNI – Questo post
3: IL RUOLO DEGLI ORGANI DI INFORMAZIONE IN UN DISASTRO AMBIENTALE – LINK
4: LE RESPONSABILITÀ DELLE ISTITUZIONI – LINK
5: RIO OSPO E DINTORNI – LINK
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