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L’AFFARE DEI DEPURATORI “FANTASMA” E L’INQUINAMENTO DEL GOLFO DI TRIESTE

L’AFFARE DEI DEPURATORI “FANTASMA” E L’INQUINAMENTO DEL GOLFO DI TRIESTE

I depuratori "fantasma" di Trieste.

“L’impianto era stato contestato fin dalla sua entrata in funzione dal professor Jörg Ott, autorevole scienziato di fama internazionale, titolare della cattedra di biologia marina all’Università di Vienna, che da decenni si occupa dell’Alto Adriatico, il quale lo riteneva inefficace e dannoso perché la discarica sottomarina al largo ed a quella profondità non avrebbe consentito la biodegradazione dei residui organici, con risultati devastanti per i fondali”.

(La pericolosità del depuratore di Servola per l’intero Golfo di Trieste secondo il professor Jörg Ott – dal libro “Tracce di legalità – come le mafie e le corruzioni italiane inquinano il Territorio Libero di Trieste“).

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È una storia di affari sporchi. Una truffa ai danni della salute pubblica e dell’ambiente. Una truffa che è stata coperta per superiori interessi di Stato. È la storia della gestione dello smaltimento dei rifiuti a Trieste da mezzo secolo a questa parte. O meglio, da quando il Governo italiano ha avuto il compito di amministrare questo territorio. Perché Trieste, con il suo Porto Franco internazionale, al termine della seconda guerra mondiale è diventata uno Stato indipendente, che deve essere amministrato con apposito regime provvisorio sino alla piena esecuzione del suo Statuto permanente.

È quindi una gestione provvisoria quella affidata dai Governi di Stati Uniti e Regno Unito al Governo italiano: un’amministrazione fiduciaria speciale di uno Stato terzo, il Territorio Libero di Trieste, che naturalmente deve essere condotta nell’interesse di questo nostro Stato. Ma le cose sono andate diversamente. L’attuale Territorio Libero di Trieste amministrato viene invece trattato come una colonia da saccheggiare, anche perché la sua annessione costituirebbe vìolazione del Trattato di Pace e delle stesse leggi italiane.

Dal 1954 Trieste è diventata una specie di terra senza legge dove sono state consentite ogni tipo di operazioni illecite. Ed è in questo quadro che si inserisce anche la gestione dei rifiuti. Rifiuti smaltiti da amministrazioni pubbliche locali in accordo con le mafie italiane che si facevano scudo dell’anacronistico e feroce nazionalismo italiano di confine, trasformando l’amministrazione civile provvisoria in un’illegittima simulazione di sovranità dello Stato italiano.

Un giro di affari (sporchi) vorticoso si è sviluppato in questi decenni a Trieste anche attorno a questo sistema di smaltimento incontrollato dei rifiuti. E di questi affari, una parte certamente importante è stata dedicata alla gestione del trattamento delle acque reflue, settore molto remunerativo.

Il controllo della camorra nazionalista locale sui depuratori fognari di Trieste ha portato alla realizzazione di impianti fuori norma perché viziati da clamorosi errori e inadeguatezze di progettazione, con mancanza di intere parti per il trattamento delle acque, con la conseguenza che i reflui scaricati direttamente a mare avevano la caratteristica di non essere depurati: si trattava tecnicamente di “liquami di fogna”. Filtrati attraverso inadeguati impianti di depurazione costati peraltro decine di milioni di euro.

La soluzione? Continui, costosi e inutili interventi di manutenzione e aggiornamento durante l’intera vita operativa di questi impianti, e se non basta la loro ricostruzione (come nel caso del nuovo depuratore di Servola, peraltro a seguito di denuncia all’Unione Europea, non certo per buona volontà degli amministratori locali). Depuratori che più che filtrare le acque fognarie hanno drenato le casse pubbliche portando utili su utili a chi ha gestito in questi anni questo lucroso affare da almeno 200 milioni di euro.

E le responsabilità? Non ce ne sono, anche se il malfunzionamento di questi depuratori fognari ha causato quello che a tutti gli effetti è un disastro ambientale internazionale che ha investito il piccolo bacino del Golfo di Trieste condiviso da quattro Stati (Italia, Territorio Libero, Slovenia e Croazia). Non ci sono responsabilità non significa che non ci sono responsabili, ma solo che i responsabili non sono mai stati individuati o perseguiti perché ogni inchiesta dell’autorità giudiziaria che andava ad intaccare questo vasto sistema illegale di smaltimento rifiuti è sempre finita nel nulla.

Ed è proprio grazie a questa garanzia istituzionale di “impunità” che un sistema di potere corrotto si è potuto consolidare nel Territorio Libero di Trieste devastandone economia e ambiente. I costi ambientali, sanitari e sociali di questo grave inquinamento sono stati così scaricati sulla comunità. Il solo rifacimento del principale depuratore di Trieste, quello di Servola, è valutato in 52,5 milioni di euro. Nel conto andrebbero messi i gravissimi danni prodotti all’ecosistema dell’Alto Adriatico, sconvolto da questo inquinamento mascherato da efficiente rete di depurazione delle acque civili e industriali.

Nelle relazioni inviate alla Procura della Repubblica dall’ARPA (Agenzia Regionale Protezione Ambiente), i nomi dei principali responsabili di questo inquinamento continuato sono precisamente indicati: tra questi Riccardo Illy e Roberto Dipiazza, i due sindaci di Trieste in carica dal 1993 al 2001. Ma come detto alla fine il silenzio delle sistematiche archiviazioni di Stato è calato anche su questa inchiesta: nessuna responsabilità per gli amministratori pubblici, tutto (inquinamento, spese di manutenzione e di rifacimento degli impianti, e danni – visti i procedimenti di infrazione attivati intanto dall’Unione Europea) scaricato (come al solito) sugli ignari cittadini.

Tant’è che oggi alla guida del Comune di Trieste risulta esserci proprio Roberto Dipiazza uno degli indagati nell’inchiesta sui depuratori “fantasma” di Trieste. Una garanzia di continuità assicurata necessaria per non far emergere le responsabilità di un sistema di potere all’ombra delle mafie italiane.

Ma i cittadini del Territorio Libero di Trieste non sono più disposti a subire passivamente questo malgoverno: se bonificare il territorio inquinato è un obbligo, punire i responsabili di questi inquinamenti è un dovere. Un giorno nei tribunali del Territorio Libero di Trieste non esisterà nessuna prescrizione per chi ha commesso crimini contro l’ambiente e quindi contro l’umanità.

Tratto dal blog “Ambiente e Legalità”di Roberto Giurastante

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