Trieste Libera

UN MARE DI VELENI

Tratto dal sito di Greenaction Transnational: “Un mare di veleni” 

EMERGENZA INQUINAMENTO GOLFO DI TRIESTE: METALLI PESANTI, DIOSSINE, TBT NEGLI ORGANISMI MARINI

EMERGENZA INQUINAMENTO GOLFO DI TRIESTE: METALLI PESANTI, DIOSSINE, TBT NEGLI ORGANISMI MARINI

Il Golfo di Trieste, estremo lembo settentrionale del Mare Adriatico, versa in una situazione di inquinamento pesantissima.

Questo bacino ristretto diviso tra quattro nazioni (Italia, Territorio Libero di Trieste, Slovenia, Croazia) è un ambiente ad elevata urbanizzazione dove insistono molteplici realtà produttive: industrie, maricoltura e pesca, turismo nautico e balneare, attività portuale compreso un intenso traffico di petroliere causato dal principale terminale petrolifero del Mediterraneo (Porto Franco Internazionale di Trieste).

Gli scarichi continuati di reflui fognari non depurati (l’Italia ha un procedimento di infrazione in corso da parte della Commissione Europea per il malfunzionamento dei depuratori della provincia di Trieste), gli apporti idrici inquinanti del fiume Isonzo (mercurio proveniente dalle miniere di Idrija in Slovenia), e le numerose discariche a mare e costiere realizzate negli ultimi decenni nell’arco costiero compreso tra Grado e Muggia, hanno gravemente compromesso il delicato ecosistema marino di questo piccolo golfo.

I pochi controlli fino ad ora svolti non sono certo sufficienti per capire la reale gravità di quello che comunque è a tutti gli effetti un disastro ambientale internazionale, ma bastano perlomeno ad inquadrare una situazione che dovrebbe essere affrontata rapidamente e con la massima energia.

Il problema dell’inquinamento non riguarda infatti aspetti puramente commerciali (turismo, pesca, balneazione), ma anche di rilievo per la salute pubblica. Quante sono le persone direttamente o indirettamente esposte all’inquinamento di questo mare dei veleni? Molte certamente considerando la vocazione turistica di questo litorale.

Nella sola provincia di Trieste le discariche costiere si sviluppano quasi senza interruzioni da Barcola (adiacenze riserva marina di Miramare) fino al confine con la Slovenia, interessando zone balneari e aree portuali.

Sopra una delle maggiori discariche costiere, il terrapieno di Barcola, sono state insediate attività nautiche, ricreative e balneari. Su una delle ultime discariche realizzate nel comune di Muggia si vorrebbe ora inaugurare un grande stabilimento balneare con servizi annessi. Davanti allevamenti di mitili ad assorbire i veleni scaricati a mare per ritornarli ai consumatori sotto forma di cozze ricche di diossine, metalli pesanti, idrocarburi.

L’indagine ecotossicologica del centro inter-universitario di Biologia Marina ed Ecologia Applicata di Livorno sul Golfo di Trieste – terrapieno di Barcola è utile per comprendere la pericolosità della situazione. I controlli effettuati davanti alla discarica a mare di Barcola e in vari punti del Golfo di Trieste confermano la contaminazione degli organismi marini. Mitili e pesci che poi finiscono sul mercato ittico.

Sono state verificate le concentrazioni di metalli pesanti (cadmio, cromo, rame, vanadio, zinco, nichel, mercurio, piombo, arsenico), di PCB (diossine) e di TBT (tributilstagno) nei ghiozzi, nelle canocchie e nelle cozze. La contaminazione è diffusa. Il campione “Controllo Trieste” mostra un’elevata tossicità.

Riproposto dal blog “Ambiente e Legalità” di Roberto Giurastante

Un pensiero su “UN MARE DI VELENI

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