Aggiornamento: nel luglio 2017 il processo si è concluso. La manifestazione di Trieste Libera a difesa del Porto Franco internazionale non era eversiva.
NON SI CEDE
Nuova udienza del processo contro 19 (17, dopo lo stralcio di due imputati condotti a processo separato) cittadini del Territorio Libero di Trieste accusati di avere partecipato a una manifestazione a difesa del Porto Franco di Trieste che non sarebbe stata autorizzata dalla Questura.
Si tratta di un processo scomodo. I garanti del disordine costituito, ovvero la simulazione si sovranità italiana sull’attuale Territorio Libero di Trieste, vorrebbero trasformare dei pacifici cittadini che si battono per il rispetto della legge in eversori: questo il piano.
E così la Procura della Repubblica di Trieste rappresentata dal P.M. Federico Frezza ha addirittura istigato le forze di polizia a creare prove di reati mai commessi per arrivare a costruire un castello di accuse fondato sulla tentata sovversione della Repubblica italiana (LINK).
In una parola noi cittadini del Territorio Libero di Trieste saremmo dei pericolosi eversori perché difendiamo il nostro Stato dalle mafie, e lo stato di diritto affermato dal Trattato di Pace del 1947 che è anche legge della confinate Repubblica italiana con cui, dal 1954, condividiamo in via provvisoria il governo.
Qualcuno dovrebbe spiegare loro, a questi magistrati, che l’eversione consiste nell’andare contro la Costituzione della Repubblica Italiana. Ma lo stanno facendo loro, non noi.
Il clima in un Tribunale blindato dalle forze dell’ordine italiane è il solito di ogni nostra udienza: pesante.
Questo Palazzo di Giustizia sottratto al Territorio Libero per imporvi la fittizia giurisdizione dell’Italia è un pò il simbolo della lotta in corso tra la legalità rappresentata dai cittadini di Trieste che dichiarano la propria cittadinanza del Territorio Libero chiedendo il rispetto dei propri diritti, a partire da quello ad avere il proprio legittimo sistema giudiziario, e l’illegalità rappresentata dai magistrati italiani che negano ai cittadini ogni loro diritto esercitando la giustizia per conto di uno Stato terzo.
Per arrivare all’aula udienze bisogna passare prima per le forche caudine dei controlli della polizia all’ingresso. Tanti poliziotti e carabinieri tutti armati per controllare cittadini armati solo della legalità delle loro azioni.
Stessa scena all’aula udienze, la più piccola del tribunale. Poliziotti e Carabinieri armati a presidiare l’ingresso e a controllare chi entra. Ammassamento di persone nel corridoio. Poi si inizia. Il giudice inizia con la solita fermezza, cerco di intervenire subito ma vengo bloccato: non si può, solo agli avvocati è consentito.
Forse pensano che con la loro dimostrazione di forza ci abbiano intimiditi. Ma non è così. Il nostro avvocato chiede che il giudice comunichi in base a quale giurisdizione stia agendo. Il giudice come al solito non risponde.
E allora scatta nuovamente la contestazione degli imputati. Quelli che si riconoscono in Trieste Libera dichiarano uno alla volta al giudice che come cittadini del Territorio Libero non possono riconoscerlo operando egli al di fuori della sua giurisdizione amministrativa.
Cinque cittadini del Territorio Libero di Trieste abbandonano così l’udienza non legittimando le decisioni di un giudice che, fino a prova contraria, intende giudicarli violando tanto la legge della Repubblica Italiana che crede di rappresentare quanto la legge del Territorio Libero di Trieste in cui si trova. Perché entrambe le leggi stabiliscono che il Porto Franco internazionale, ente di Stato dell’attuale TLT, non possa e non debba essere preda delle speculazioni mafiose alle quali gli imputati si stavano opponendo.
Non si cede.
Tratto dal blog “Ambiente e Legalità” di Roberto Giurastante