EMERGENZA KRŠKO
IN ATTESA DEL BIG ONE SLOVENO NESSUNA PREVENZIONE PER LE EMERGENZE RADIOLOGICHE A TRIESTE. E L’ONU TACE SUL PORTO NUCLEARE DI TRIESTE.
Una centrale nucleare realizzata in un’area ad alto rischio sismico. Una centrale ormai obsoleta ma che rappresenta per Slovenia e Croazia un’importante quota di produzione di energia. Questa è la centrale nucleare di Krško alle porte di Trieste.
In Slovenia si attende il Big One, il grande terremoto, che si verifica ciclicamente nella zona di Lubiana. Quello del 1511 fu devastante distruggendo l’intera città. Quello del 1895 fu di intensità 6.1 Richter e causò danni rilevantissimi.
L’area di Lubiana è individuata nella mappa del rischio sismico della Slovenia nella fascia dei terremoti fino all’8° grado Richter. Come l’area di Krško. In quali delle due zone si verificherà per primo il Big One è al di sopra delle previsioni umane. Certo ci sarà. E potrebbe essere una questione di mesi, e non di anni. Possibile che nessuno ci pensi? Possibile che di fronte ad un rischio simile nessuna prevenzione per le emergenze radiologiche sia mai stata attuata nelle zone a rischio per le conseguenze di un disastro atomico alla centrale nucleare di Krško?
Da venti anni Trieste aspetta il piano di emergenza esterna per la centrale nucleare di Krško. Uno strumento necessario per garantire la sicurezza minima alla capitale del Territorio Libero di Trieste, a 120 Km di distanza dall’epicentro del possibile fall out radioattivo.
Nel 2008, dopo una battaglia legale durata dieci anni, la Commissione Europea archiviava il procedimento di infrazione avviata contro l’Italia a seguito di mia denuncia per la mancata attuazione della normativa Euratom a Trieste. E da quella denuncia emerse che il porto di Trieste era classificato quale porto nucleare della NATO con piano di emergenza secretato.
L’archiviazione decisa dalla Commissione Europea era basata proprio sul presupposto che alla fine l’Italia aveva adempiuto agli obblighi di garantire la sicurezza ai cittadini in caso di incidente radiologico (centrale nucleare di Krško o unità navali a propulsione nucleare) predisponendo un piano di emergenza esterno per il porto di Trieste valido anche in caso di incidente rilevante a Krško.
E solo per questo il P.E.E. del porto di Trieste venne desecretato, aggiornato e reso disponibile pubblicamente. Potemmo così finalmente sapere quali erano le misure da adottare in caso di emergenza radiologica a Trieste. E scoprimmo che l’intero P.E.E. era una semplice raccolta di norme astruse e di indicazioni generiche sui comportamenti che cittadini e istituzioni avrebbero dovuto adottare in caso di fall out radioattivo.
Una specie di libro scolastico che spiegava solo la teoria della radioattività, e le misure teoriche di prevenzione e di intervento della protezione civile, che peraltro risultavano esistere solo sulla carta. Niente di reale, quindi. Si trattava di una presa in giro. Da rabbrividire pensando alle conseguenze di una simile disamministrazione.
A sette anni di distanza nulla è ancora stato realmente fatto per proteggere i cittadini di Trieste dalle emergenze radiologiche a cui continuano ad essere esposti. Porto nucleare militare di Trieste compreso. Nessuna informazione realmente utile ai cittadini. Nessuna struttura sanitaria predisposta per le emergenze radiologiche. Nessun rifugio antiatomico predisposto. Questa è la realtà ad oggi immutata.
Nella speranza che il Big One di Krško non arrivi mai.
Tratto dal blog “Ambiente e Legalità” di Roberto Giurastante
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