24 maggio 2014 – articolo tratto da “La Voce di Trieste”.
I link sono stati aggiunti da Trieste Libera come approfondimento.
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POLITICI, APPALTI E MAFIE A TRIESTE PRIMA E DOPO L’ARRESTO DI MALTAURO PER GLI APPALTI DELL’EXPO DI MILANO
La Voce n. 43 a stampa uscirà in edicola il 31 maggio [2014], e sarà particolarmente interessante.
Perché il forte ritardo d’uscita è dovuto al fatto che abbiamo dovuto impegnare quasi un mese di tempo ed energìe per contrastare direttamente, ma anche analizzare, la feroce, violentissima campagna di diffamazione e delegittimazione che ci è stata scatenata addosso in rete, con rilanci sulla stampa quotidiana locale, dopo che abbiamo resi noti allarmi concreti e gravi sui legami coperti tra politica, appalti e mafie a Trieste.
E questo in una vicenda che ha coinvolto anche Enrico Maltauro, appena arrestato e reo confesso per lo stesso genere di intrecci negli appalti dell’Expo di Milano. La coincidenza dovrebbe perciò far estendere le indagini anche al caso di Trieste, sul quale vi sono inchieste e denunce pubbliche e giudiziarie della Voce scandalosamente ignorate ed insabbiate già da tre anni.
Come abbiamo già scritto qui, gli allarmi sono arrivati a metà aprile [2014] da fonti riservate attendibili, e riguardavano intenzioni “militari” di ‘ndrangheta per sbloccare la nota, colossale speculazione edilizia ed immobiliare illegale da 1,5 miliardi di euro sul Porto Franco Nord di Trieste, preparata e forzata a tutti i costi da una consociazione trasversale di politici locali attualmente a guida PD.
Nel 2010 avevano assegnato l’urbanizzazione speculativa illegale dell’area al gruppo Maltauro (con la Portocittà s.r.l., poi s.p.a.) ora coinvolto, con arresto di Enrico Maltauro, nello scandalo pure in odore di mafie degli appalti dell’Expo di Milano.
La Voce denuncia da allora con forza ed essa sola, sia a stampa che in rete e in sede penale, quel tentativo di speculazione illegale a danno del Porto Franco internazionale di Trieste, ed ha sollevato anche interrogativi antimafia concreti: un deputato promotore è indicato da indagini della Guardia di Finanza come referente politico di potenti costruttori con legami di ‘ndrangheta; la concessione a Maltauro è stata assegnata senza le informazioni antimafia obbligatorie; lo sfondamento illegale della cinta di porto franco è stato affidato ad un indagato per mafia in Sicilia.
Nel febbraio 2013 era arrivata la rinuncia anomala di Maltauro alla concessione, seguita da una sentenza anomala del TAR, ambedue denunciate ma ancora da indagare. Ma questo ha consentito finalmente all’Autorità Portuale, presieduta da Marina Monassi (figlia del noto ammiraglio), di recuperare l’area di Porto Franco e di indirne nel febbraio 2014 una gara di concessione ad attività produttive portuali ed accessorie legittime, con scadenza al 30 giugno [2014].
Mentre la consociazione trasversale di politici pro-speculazione edilizia è passata a pretendere la sdemanializzazione e vendita illecite dell’area, ed a tentar di sabotare la gara di concessione in corso, con campagne di stampa sempre più violente ed irresponsabili (hanno già causato il recente abbandono di un progetto di insediamento industriale della Philip Morris da 250 posti di lavoro fissi più l’indotto), con pretese di violare le competenze esclusive di legge dell’Autorità Portuale, e con violenti attacchi diffamatori contro Monassi per sostituirla. La Voce ha perciò anche denunciato penalmente quei politici (il sindaco di Trieste Cosolini, la presidente regionale Serracchiani ed altri) per tentata turbativa della gara di concessione in corso.
Dal 2013, inoltre, il Porto Franco internazionale di Trieste è difeso con forza crescente dalla nuova e maggiore formazione politica locale, il Movimento Trieste Libera, che ha 6 volte più iscritti del PD ed è il solo a riuscire a portare in piazza migliaia di persone.
Dal febbraio 2014, dunque, con l’avvìo della gara di concessione la consociazione trasversale di politici che appoggia invece la speculazione edilizia sotto interrogativi antimafia si è trovata in difficoltà crescenti a realizzarla, e questo per una convergenza di tre fattori differenti tra loro e tutti non controllabili dai partiti: l’attuale presidente dell’Autorità Portuale promuove doverosamente lo sviluppo del Porto Franco; la Voce di Trieste continua a sparare inchieste e denunce penali; il Movimento Trieste Libera mobilita la gente anche in piazza per difenderlo.
A metà aprile sono arrivate, e risultate coerenti, le informazioni da fonti riservate autorevoli secondo cui la ‘ndrangheta vorrebbe sbloccare direttamente la speculazione illegale da 1,5 miliardi di euro con due tipi di interventi drastici: creare nell’area incidenti o danni di cui possa venire incolpata l’Autorità Portuale, e togliere di mezzo sia il direttore della Voce (me) che il leader di Trieste Libera (Roberto Giurastante).
Dell’allerta antimafia conseguente (generale e locale) ha fatto parte anche la pubblicizzazione parziale in rete del rischio, che nelle città normali crea attenzione stampa e solidarietà politiche, mentre sui silenzi si misura il grado e genere probabile di presenze mafiose coperte.
A Trieste il silenzio dell’establishment politico-istituzionale e mediatico è stato totale, ed è stata scatenata contro di noi in rete una violentissima campagna aggressiva privata per negare sia l’esistenza della minaccia di ‘ndrangheta, sia (contro evidenza e logica) qualsiasi possibile legame fra politica, mafie ed appalti a Trieste.
La reazione è stata avviata, con tecniche note dell’addestramento alla guerra di propaganda, come campagna di delegittimazione personale su Facebook su uno schema di disinformazioni e diffamazioni sempre più estreme (sino all’incitamento all’odio) per rappresentare il direttore della Voce ed il presidente del Movimento come pazzi visionari, agenti di servizi segreti, profittatori, eccetera.
Su quest’operazione d’avvio è stato innestato un “golpe” interno al Movimento utilizzando degli ex dirigenti e membri della sicurezza già compromessi e in difficoltà, che hanno commesso numerosi reati occupando illegalmente il sito internet e la pagina facebook con oltre 12mila contatti del Movimento ed utilizzandoli per diffondere gli attacchi personali e disinformativi con violenza ed odio crescente, dichiarare falsamente decaduti presidente ed organi sociali, organizzare un’assemblea illegale per sostituirli e minacciare di occupare la sede con la forza.
La campagna di attacco dall’interno del Movimento è stata estesa anche sulla stampa quotidiana locale “di sistema” per ottenere un effetto generale di discredito sia delle persone colpite che del Movimento politico.
L’analisi della campagna ha confermato che fra gli aggressori più determinati vi sono soggetti locali variamente collegabili ad ambienti di riciclaggio di denaro e di traffico e consumo di cocaina colombiana riconducibili in particolare alla ‘ndrangheta, sia di devianze istituzionali tipiche del sistema italiano.
Le forze di polizia e magistratura locali non risultano sinora intervenute con azioni tempestive ed efficaci.
Stampa e politici italiani locali e nazionali evitano inoltre di diffondere e porre in relazione l’arresto e le confessioni dell’imprenditore Enrico Maltauro sulle tangenti ed i sospetti su connessioni di ‘ndrangheta negli appalti per l’Expo di Milano con la speculazione illecita sul Porto Franco Nord di Trieste, e con gli appoggi che gli avevano dato a questo scopo tutti i partiti e le istituzioni locali.
Altri dati e sviluppi delle inchieste della Voce verranno pubblicati sul n. 43 a stampa, che sarà in edicola sabato 31 maggio. Provvederemo tra breve a riattivare ed aggiornare anche il sito internet.
Paolo G. Parovel
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