Articolo tratto da “La Voce di Trieste” – LINK.
I link sono stati aggiunti da Trieste Libera come approfondimento.
Trieste, 21 aprile 2014. – A Trieste e dintorni fioriscono da qualche tempo i romanzieri sotto pseudonimo, con storie di malaffare istituzionale e mafioso interessanti ed ancor più attuali ed ingegnose dei gialli del bravo Heinichen.
Tanto attuali ed ingegnose da confondersi con la realtà evidente, perché ne propongono interpretazioni e previsioni che sembrano così credibili da poter anche provenire da analisti di intelligence che vestono da narrativa di fantasìa i contenuti di dossier d’indagine.
Basti pensare a due recentissimi romanzi sotto pseudonimo: “L’insurrezione di Trieste”, che ha immaginato nel 2013 operazioni dei servizi italiani (sventate dall’intelligence USA) contro il successo crescente del Movimento Trieste Libera, e ora “Contratto di edizione” sui rapporti fra Stato e mafie in Italia.
Così è arrivato la settimana scorsa su pen drive anonimo alla Voce di Trieste un manoscritto simile che riprende ambedue i temi, stavolta con proposta di pubblicarlo noi perché sembra coinvolgerci e trarre anche spunto da nostre inchieste.
E con il manoscritto ci sono arrivate anche raccomandazioni autorevoli ad editarlo, da ambienti che conoscono già la materia e la ritengono interessante anche all’estero.
Abbiamo quindi affidato il manoscritto ad un partner editoriale estero adeguato, che ci ha suggerito di avviare subito un sondaggio sui social network per capire cosa ne pensino i lettori abituali della Voce, a Trieste ed altrove, che conoscono già l’ambiente e le ipotesi su cui si sviluppa il romanzo.
Vi diamo perciò qui una sintesi della trama estrapolandola dal manoscritto.
LA TRAMA DEL MANOSCRITTO
L’anonimo narratore, che ha scelto uno stile espositivo da analisi d’intelligence e si firma X (ma potrebbe anche essere un gruppo di persone) ritiene che dal tempo della guerra fredda Trieste, città di confine e porto franco dichiarata territorio libero ma affidata poi al Governo italiano, sia rimasta un’enclave anomala sotto molti aspetti.
Secondo lui (o loro) l’aspetto anomalo principale è quello di essere stata posta, e di essere ancora, sotto il controllo di poteri trasversali ammantati politicamente di patriottismo italiano, coperti da settori dei servizi italiani e legati alle mafie italiane in vari settori, inclusi quelli dello smaltimento di rifiuti, della grande edilizia e del riciclaggi di denaro.
L’autore descrive questo tessuto particolare di poteri trasversali, che la copertura da parte dei servizi italiani rende più arrogante ed intoccabile che altrove, condizionando le istituzioni locali, inclusa la magistratura, a lasciarlo operare impunito sotto una cupola protettiva più solida di quelle del malaffare italiano ordinario fra politici, mafie, servizi ed istituzioni.
Una cupola che secondo X è sopravvissuta alle proprie giustificazioni strategiche perché nel sistema italiano le strutture speciali dei servizi non vengono quasi mai smantellate ad operazione cessata, come si fa nei Paesi normali, ma conservate per altri usi, in genere illeciti e fuori dal controllo diretto dello Stato.
Sempre nell’ipotesi di X, questo tessuto di poteri trasversali locale può dedicarsi perciò impunemente a malaffari di ogni genere, in cambio dell’adempimento delle due funzioni politiche principali che gli sono rimaste.
Queste due funzioni sono secondo l’autore (o gli autori) quella di impedire lo sviluppo del porto franco internazionale della città, che farebbe concorrenza ai porti italiani, e di garantire il potere italiano sulla città impedendo rivendicazioni dello status di Territorio Libero, che dopo i riconoscimenti internazionali della Slovenia e Croazia indipendenti è limitato a Trieste.
Secondo l’anonimo romanziere, negli ultimi anni queste due funzioni si sono concretate nel favorire il rilancio di vecchie propagande del nazionalismo italiano di confine per approfittare prima della guerra dissolutiva della Jugoslavia e poi delle debolezze di Slovenia e Croazia, e nel tentare una colossale speculazione edilizia e immobiliare urbana costiera su un’intera area del porto franco internazionale.
Ma l’area è appunto vincolata a porto franco dai trattati internazionali che hanno costituito il Territorio Libero, mentre i mezzi materiali e finanziari possono venire solo dalle mafie italiane che monopolizzano le forniture edili non soggette a certificazione antimafia ed hanno da riciclare capitali enormi anche dove crisi economica e rischi di perdite allontanano gli investitori normali.
Il romanzo prosegue descrivendo lo sviluppo dell’operazione attraverso politici e partiti, e l’emersione pubblica graduale delle tracce di connessioni mafiose.
Ma intanto la conduzione fallimentare della città e del porto ha impoverito la popolazione suscitando reazioni crescenti, che si concretano in due iniziative di battaglia: un giornale d’inchiesta che spezza l’omertà dei media locali ordinari su malaffari e coinvolgimenti di mafia, ed un movimento politico che porta in piazza migliaia di persone per l’attuazione completa dello status di Territorio Libero violato dal Governo amministratore italiano.
Il romanzo prosegue con le reazioni repressive, che non vengono direttamente dal Governo italiano ma da quello stesso tessuto locale di poteri trasversali anomali, che usa azioni giudiziarie manipolate e campagne stampa diffamatorie sia contro le due iniziative, sia a livello personale contro il direttore del giornale e contro il leader del movimento politico.
Le denunce e proteste locali attirano però attenzioni sia di osservatori internazionali, sia di parti non compromesse delle istituzioni italiane, la grossa speculazione edilizia con retroscena di mafia rimane arenata e viene anzi avviato un rilancio del porto franco.
Sin qui il romanzo ricalca in sostanza le cronache, ed in alcuni tratti risulta un po’ noioso per chi cose simili le ha già lette altrove. Ma da questo punto prende anche avvìo la parte originale ed avvincente del manoscritto: quella del thrilling italiano di mafia, servizi ed altro.
L’autore descrive infatti reazioni sempre più abnormemente aggressive dei politici fautori della speculazione edilizia, che tentano di impedire il rilancio del porto franco e scoraggiare gli investitori puliti con campagne stampa così violente ed intense da diventare sospette.
L’ipotesi del romanzo è che i partner mafiosi (l’autore parla di ‘ndrangheta) abbiano chiesto conto a qualche politico di promesse non mantenute. E che abbiano deciso di rimuovere direttamente gli ostacoli togliendo di mezzo il direttore del giornale d’inchiesta ed il presidente del movimento, e sabotando con attentati il porto franco per mandare a vuoto le gare di concessione ad attività portuali ed imporre la speculazione edilizia.
Ma l’autore, oltre a seguire in città gli affiliati di mafia in avanscoperta, traccia un’operazione parallela di settori coinvolti dei servizi italiani, che non segnalano a nessuno la presenza dei mafiosi in città ed attivano contemporaneamente un’operazione per neutralizzare il movimento politico indipendentista dall’interno.
Anche quest’ipotesi del manoscritto è ingegnosa: i servizi italiani attivano dentro il movimento e sui social network alcuni agitatori perché sollevino tensioni per prendere il controllo dell’organizzazione con un golpe interno, ne blocchino la linea legalitaria di diritto internazionale che sta avendo successo, e la sostituiscano con rivendicazioni politiche impossibili che sono utili soltanto alle attività italiane contro Trieste e contro la Slovenia e la Croazia.
A questo scopo l’operazione dei servizi italiani descritta nel romanzo si serve di una miscela picaresca di elementi di estrema destra a Trieste, agenti sloveni in Istria, esoterismi, corruzioni e ricatti personali per contestare il presidente in carica del movimento, alimentare rivendicazioni territoriali verso la Slovenia e la Croazia e far scendere gli indipendentisti in elezioni come un qualsiasi partito italiano.
Nel manoscritto un dialogo fra agenti dei servizi italiani ed un politico locale coinvolto chiarisce gli obiettivi dell’operazione: “normalizzare” politicamente il movimento sino all’estinzione graduale, ed utilizzarlo per le manovre italiane contro Slovenia e Croazia. Come già fatto, osserva un ufficiale anziano, con movimenti di protesta locali precedenti (allude alla “Lista per Trieste”).
Nel dialogo lo stesso ufficiale raccomanda anche di invischiare il movimento nel groviglio dei movimenti separatisti italiani, dove i servizi manovrano sin dai tempi della rivolta dei sudtirolesi che, afferma, si salvarono solo perché avevano le spalle coperte da Germania ed Austria. Mentre i triestini, dice, non li aiuterà nessuno. Ma un agente più giovane e critico chiede: ne siamo proprio sicuri?
Pochi giorni dopo infatti il direttore del giornale ed il presidente del movimento vengono informati di queste operazioni di mafie e servizi italiani da osservatori di altri Paesi occidentali che non le condividono.
Il manoscritto però si ferma a questo punto, lasciando abilmente il lettore in sospeso sulle sorti dell’intera vicenda e con l’ansia dell’attualità evidente. Ma dall’autore (od autori) sotto pseudonimo potrebbero arrivare anche aggiornamenti o nuovi sviluppi del racconto.
IL GIUDIZIO DEI LETTORI
Nel frattempo, ci dicano i nostri lettori a Trieste ed altrove cosa pensano della trama del romanzo sin qui. E della sua possibile aderenza alla realtà, dato che chi l’ha scritto parrebbe del mestiere.
Il manoscritto, e l’attenzione non solo locale all’argomento, comunque ci sono, ma rimane ovviamente da valutare l’opportunità di pubblicarlo, e con quale grado di diffusione.
Paolo G. Parovel
Aggiornamento: il 4 maggio 2014 è uscita la seconda parte dell’articolo. Eccola QUI.
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