Trieste Libera

Trieste: diritti fiscali, porto, antimafia, politici coinvolti e giudici denunciati

Testata del giornale indipendente "La Voce di Trieste".

25 settembre 2013 – articolo tratto da “La Voce di Trieste”.

I link sono stati aggiunti da Trieste Libera come approfondimento.

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Articolo di Paolo G. Parovel

Il Porto Franco Nord, settore strategico del Porto Franco internazionale del Territorio Libero di Trieste.

Il Porto Franco Nord, settore strategico del Porto Franco internazionale del Territorio Libero di Trieste.

Quando vedi che l’unica città-porto franco internazionale del Mediterraneo, Trieste, ha diritti di vantaggio fiscale straordinari ma i suoi politici ed i loro media prima li trascurano, e poi li negano in piena crisi, è evidente che c’è qualcosa che non va.

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Quando vedi che quei politici e quei media insistono a voler regalare illegalmente mezzo porto franco alla speculazione edilizia e immobiliare raccontando balle, il qualcosa che non va incomincia a delinearsi.

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Quando vedi che su quell’operazione ci sono pesanti interrogativi antimafia, ma quegli stessi politici e media fingono di ignorarli, il qualcosa che non va autorizza ipotesi ancor peggiori.

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Quando vedi che chiunque si opponga efficacemente viene aggredito da quei politici e media locali con violente campagne stampa di diffamazione, minacce e notizie false, quelle ipotesi si rafforzano in proporzione.

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Quando vedi che magistrati locali e lo Stato li appoggiano partecipando, od omettendo di intervenire, il qualcosa che non va deve avere radici ancora più estese.

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Ma quando vedi che alcuni magistrati li aiutano falsificando lettera e interpretazione dei trattati internazionali per negare l’esistenza di quei diritti fiscali e dei diritti di porto franco, inclusi i vincoli sulle aree insidiate dalla speculazione edilizia, il qualcosa che non va assume una fisionomia precisa.

Un sistema di corruzione esteso e coperto

La fisionomia è quella di un sistema di corruzione coperto, concreto e completo. Intendendo per corruzione non solo i comportamenti illeciti per lucro o ricatto, ma l’insieme dei fattori dolosi, colposi e di semplice incapacità che corrompono le difese di un sistema sociale, politico ed economico mandandolo in rovina a beneficio di pochi, e talora di nessuno.

Ed il sistema di corruzione così emerso a Trieste va denunciato e fermato immediatamente, perché parassita ed affonda l’unica città-porto internazionale del Mediterraneo, ne strangola cittadini ed imprese con tasse non dovute, toglie lavoro mandando la gente in miseria, e crea nuovi spazi di riciclaggio per la criminalità organizzata.

Tre giudici denunciati

In una situazione così grave della comunità triestina l’ordinanza, come tale revocabile, di un collegio di tre giudici che rigetta con motivazioni abnormi le eccezioni sollevate un processo civile a Trieste su questioni fiscali può sembrare un incidente minore, i cui eventuali aspetti di falso ed abuso d’ufficio dovrebbero riguardare solo le parti processuali.

E non potrebbero quindi ledere interessi collettivi né meritare denunce sempre rischiose perché vengono facilmente interpretate, a torto o a ragione, come aggressioni strumentali all’indipendenza della magistratura od a singoli magistrati.

Vi sono invece motivi assolutamente speciali d’interesse pubblico per cui l’ordinanza di quei tre giudici ha reso necessaria la denuncia penale che ho ritenuto di dover presentare sotto mia personale responsabilità il 25 settembre [2013] in udienza per un altro procedimento a Trieste.

La denuncia verrà ora trattata dalla Procura e dal Tribunale di Bologna per competenza territoriale sui procedimenti che riguardano magistrati in servizio nel distretto giudiziario triestino.

Gli interessi coinvolti

L’ordinanza aveva respinto, in un procedimento su vicenda fiscale, l’eccezione di giurisdizione dello Stato italiano sul Territorio Libero di Trieste e sul suo porto franco, creati nel 1947 dal Trattato di pace fra le Potenze Alleate ed Associate e l’Italia esonerandoli anche dal pagamento del debito pubblico italiano, e posti dal 1954 sotto amministrazione civile provvisoria del Governo (non dello Stato) italiano su mandato fiduciario internazionale.

Il caso era dunque esemplare, dato che riguardava il riconoscimento dei fondamenti giuridici di tutti i diritti politici, economici, amministrativi e fiscali dei cittadini del Territorio Libero. E dal riconoscimento ed esercizio di tutti quei diritti dipendono le sole possibilità concrete di lavoro e rinascita economica di Trieste attraverso lo sviluppo del suo Porto Franco internazionale.

La questione è rilevantissima e riguarda sia la popolazione e le imprese di Trieste e territorio, sia gli investitori internazionali. E nel mese di luglio 2013 il nuovo e crescente Movimento Trieste Libera ha notificato al Governo italiano, ai garanti internazionali ed alle istituzioni dello Stato italiano a Trieste un “Atto di reclamo e messa in mora” giuridicamente ineccepibile, per avviare le procedure di riconoscimento dello status della città a tutti i livelli.

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L’azione ha incontrato due livelli di ostacoli: il silenzio del Governo italiano amministratore, che non può contestare ufficialmente i fondamenti di diritto internazionale della questione, e lo sviluppo di attività di contrasto locali sempre più aggressive da parte di politici, partiti e media “di sistema”, con sostegni tecnici nei servizi e da parte di alcuni magistrati.

La giurisprudenza fatta in casa

Mentre politici e media negano l’esistenza giuridica del Territorio Libero con campagne stampa ingannevoli, alcuni magistrati locali si sono incaricati di fornir loro falsi argomenti giuridici costruendo sul campo, con provvedimenti abnormi a catena, una pseudo-giurisprudenza fatta in casa per bloccare le rivendicazioni dei triestini consapevoli ed alimentare la propaganda negazionista.

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L’abnormità dei loro provvedimenti ha perciò tre aspetti caratteristici. Il primo è che interpretano i trattati internazionali su basi di dottrina e giurisprudenza politica nazionalista interna, ignorando le fonti vincolanti di interpretazione autentica (come gli atti del Dipartimento di Stato USA), e violando le regole della Convenzione di Vienna sul diritto del Trattati alle quali è vincolato anche l’ordinamento italiano.

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Il secondo aspetto abnorme è l’estensione delle decisioni ad argomenti che eccedono il quesito, in modo che il provvedimento giudiziario coincida clamorosamente con le esigenze speculative (in particolare a danno del Porto Franco) e propagandistiche dell’ambiente politico esterno. Si veda l’analisi della Voce sulla recente sentenza TAR n. 400/2013.

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Il terzo è che questo genere di provvedimenti abnormi viene immediatamente propagandato a grancassa da politici e media come fossero giurisprudenza decisiva “di grande dottrina”, talora persino anticipandoli, ed utilizzato come tale a catena in altri procedimenti giudiziari locali.

L’ordinanza che nega tutti i diritti di Trieste

L’ordinanza ora denunciata dei giudici Spadaro, Pacilio e Morvay ha fatto ancora peggio della sentenza TAR, perché falsifica la lettera e travisa l’interpretazione dei Trattati al punto da affermare decadute dal 1954 tutte le norme del Trattato di pace che istituiscono e regolano il Territorio Libero inclusi tutti gli allegati, e nega così quindi tutti i relativi diritti individuali e collettivi dei triestini.

E quest’ordinanza così grossolanamente falsaria non viene solo esaltata da quei politici e quella stampa (Piccolo e Primorski dnevnik in testa), ma anche utilizzata freneticamente come modello di giurisprudenza e dottrina in una quantità di altri procedimenti soprattutto da Equitalia, che in precedenza vi citava come fonte Wikipedia.

Il tutto sulla pelle dei triestini che tentano di difendersi dall’imposizione ed esazione forzata di tasse non dovute, e da ingiustizie e malaffari d’ogni genere.

La cancellazione dei diritti di Porto Franco

Ma se la magistratura italiana incominciasse a sostenere impunemente queste tesi politiche false e dissennate, i primi a finire cancellati sarebbero i diritti già attivi di Porto Franco internazionale fondati sull’Allegato VIII, che l’Unione Europea rispetta soltanto perché sono in vigore da prima della sua costituzione.

E cancellarli significherebbe la fine delle principali attività di lavoro presenti e future dell’intero porto di Trieste: dal Porto Franco Nord con l’Adria Terminal ed i nuovi sviluppi portuali possibili, al Porto Franco Sud con i traghetti dalla Turchia, i container del Molo VII, lo Scalo Legnami, il terminale petroli SIOT dell’Oleodotto Transalpino-TAL che alimenta Austria, Germania e Repubblica Ceca, la nuova piattaforma logistica, e la riconversione portuale dell’area della Ferriera, ai retroporti di Prosecco e di Fernetti.

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Basterebbe già questo a liquidare definitivamente Trieste in un fallimento epocale a catena, lasciando senza lavoro tre quarti della popolazione attiva.

Fermare questi abusi politico-giudiziari

È dunque evidente che occorre fermare questi abusi politico-giudiziari folli. Ed i soli mezzi legittimi immediati per incominciare a farlo era presentare denuncia penale nei confronti dei tre magistrati responsabili del provvedimento falsario più pericoloso, pubblicarla e depositarla in tutti i procedimenti dove vi sia il rischio di provvedimenti simili o su quella falsariga.

Quanto alle responsabilità, quelle penali sono personali, i magistrati non ne sono esenti ed il loro ruolo pubblico le aggrava. Come per la sentenza abnorme del TAR, anche da quest’ordinanza non risulta se tutti e tre i giudici componenti il collegio l’abbiano approvata, come appare certo solo per la relatrice Giulia Spadaro, o se uno degli altri due fosse contrario o astenuto (forse il presidente Morvay). Ma gli inquirenti potranno accertarlo, compiendo le distinzioni opportune.

Noi intanto riproduciamo qui sotto la denuncia penale, mentre l’ordinanza può essere consultata e scaricata cliccando qui.

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