Portocittà: i nodi vengono al pettine
Trieste, 1 marzo 2013. Le recenti difficoltà incontrate da Portocittà nella tentata speculazione edilizia nel Porto Franco Nord (e non “vecchio” come vorrebbero i politici locali) erano prevedibili e scontate.
L’intera operazione è infatti illegale: esiste infatti una precisa legge internazionale, il Trattato di Pace con l’Italia del 10 febbraio 1947, ratificato ed eseguito anche nell’ordinamento della Repubblica italiana, che istituisce (art. 34, Allegato VI) il Porto Franco internazionale di Trieste quale ente di Stato del Territorio Libero e che specifica come questo debba lavorare, vincolandone anche le aree (art. 2 e 3, Allegato VIII):
Articolo 2:
1. Il Porto Franco sarà costituito e amministrato come un Ente di Stato del Territorio Libero, avente tutti gli attributi di una persona giuridica ed operante in conformità con le disposizioni del presente Strumento.
2. Tutti i beni italiani statali e parastatali entro i limiti del Porto Franco, che, ai sensi delle disposizioni del presente Trattato, passeranno in proprietà al Territorio Libero, saranno trasferiti senza pagamento al Porto Franco.
Articolo 3:
1. La zona del Porto Franco comprenderà i territorio e gli impianti delle zone franche del Porto di Trieste, entro i loro confini del 1939.
Aggiornamento: per approfondimenti consigliamo la recente analisi de La Voce di Trieste: LINK
Oltre a questo, vi sono altri aspetti importanti dello status legale dell’intero Porto Franco internazionale di Trieste:
– il Territorio Libero di Trieste è uno Stato riconosciuto (art. 21.1 del Trattato di Pace) anche da vari organismi fra cui WTO, OSCE, Tax & Justice, e varie banche centrali, come sede di una zona offshore/paradiso fiscale. Gli unici che non sembrano rendersene conto, né ottenerne gli indubbi vantaggi, sono proprio i triestini;
– l’autorità portuale italiana è illegittima, e non può che rilasciare concessioni discutibili e fonti di insicurezza per qualunque investitore ben intenzionato,
– il direttore del Porto Franco internazionale non può essere cittadino né italiano né di uno Stato successore dell’ex-Jugoslavia,
– le zone franche non conoscono crisi. Per esempio, la zona franca di Pirot, in Serbia, pur con una superficie molto minore al nostro Porto Franco Nord (e senza le garanzie offerte da vincoli di diritto internazionale) offre lavoro a circa 30.000 (trentamila!) persone;
– il Porto Franco internazionale non serve soltanto per muovere container o petrolio (la SIOT è comunque un terminale strategico per Austria, Cechia e Baviera), ma anche per importare, esportare, immagazzinare e lavorare merci senza pagare alcuna tassa.
In questo momento è quindi assolutamente necessario ripristinare la legalità a Trieste e nel suo porto, in modo da dare certezza di diritto agli investitori internazionali.
L’Autorità Portuale attuale andrebbe sciolta, ed al suo posto il Governo amministratore dovrebbe nominare il Direttore del Porto, coadiuvato dalla Commissione Internazionale per il Porto Franco di Trieste. Solo in questo modo è infatti possibile garantire finalmente la certezza di diritto (v. allegato VIII):
Articolo 23:
La Commissione Internazionale ha il diritto di investigare e considerare tutte le questioni relative alle operazioni, uso, ed amministrazione del Porto Franco o per gli aspetti tecnici di transito tra il Porto Franco e gli Stati i quali serve, compresa l’unificazione delle procedure di gestione.
La Commissione Internazionale agisce su propria iniziativa o su questioni portate alla sua attenzione da qualsiasi Stato o dal Territorio Libero o dal Direttore del Porto Franco.