UNA LEGGE RAZZISTA “ANTI SLAVI” RIMASTA IN VIGORE PER 53 ANNI:
L’ODIO ETNICO PER COPRIRE LE MISTIFICAZIONI DELLA STORIA
IL DECRETO DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA ITALIANA N. 1550 DEL 24 DICEMBRE 1955
Una legge razzista usata per mistificare la storia.
Non si tratta di uno dei soliti relitti dimenticati dell’epoca fascista.
È una legge della Repubblica Italiana che ha avuto valore nell’Unione Europea.
Quella UE fondata sull’alto rispetto dei diritti umani. Almeno sulla carta.
Dal Trattato UE:
“intensificare la solidarietà tra i popoli, rispettandone la storia, la cultura e le tradizioni” … “promuovere la pace, la sicurezza…” … “confermare l’attaccamento ai principi della libertà, della democrazia e del rispetto dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali…”.
Bei principi, da applicare. E che tutti i Paesi membri dovrebbero, e avrebbero dovuto, rispettare. Ma come si sa la carta si lascia scrivere. Spesso l’applicazioni questi superiori diritti universali è nascosta proprio dietro fiumi di inchiostro e le belle parole che servirebbero a garantirli.
Ed ecco in che modo una legge razzista come il Decreto del Presidente della Repubblica (Italiana) del 24 dicembre 1955, n. 1550, è rimasta in vigore per 53 anni. Si è dovuto attendere fino al 2008 per la sua abrogazione.
Un’abrogazione che non ne ha però cancellato gli effetti, ovvero quelli di un crimine di Stato: la falsificazione dei motivi per cui le autorità italiane locali simulano la sovranità italiana sull’attuale Territorio Libero di Trieste. In vìolazione del Trattato di Pace del 1947, che lo costituisce sotto tutela delle Nazioni Unite. Ed in violazione delle stesse leggi italiane.
La legge in questione riguarda infatti “l’estensione delle pensioni di guerra ai cittadini italiani vittime di aggressioni da parte degli slavi”.
Eccone il testo:
“Le vigenti disposizioni che regolano la concessione delle pensioni, degli assegni e delle indennità di guerra, sono applicabili ai cittadini italiani i quali, nelle province di confine con la Jugoslavia o nei territori soggetti a detto Stato, abbiano riportato ferite o lesioni ad opera di elementi slavi in occasione di azioni singole o collettive, aventi fini politici. Le stesse disposizioni sono pure applicabili ai congiunti quando da tali ferite o lesioni sia derivata la morte”.
La legge si applicava in particolare al “Territorio di Trieste” per i fatti accaduti tra il 1945 ed il 1954. Ed è servita a coprire l’operato dei servizi segreti italiani che operavano nell’allora “Zona A” del Territorio Libero. Operazioni per innescare incidenti per presentare a livello internazionale Trieste quale città “martire” degli “odiati aggressori slavo-comunisti”.
I gruppi, organizzati dai servizi italiani per fomentare la tensione intimidendo con le loro spedizioni punitive i cittadini di Trieste “non nazionalisti”, erano composti da ex fascisti e spesso da delinquenti comuni.
Vere “squadracce” rifornite a puntino per le loro operazioni di devastazione (i servizi italiani mantenevano a Trieste ben sette depositi d’armi in vista di attentati contro la Jugoslavia)
Furono questo genere di “squadristi” ad innescare gli incidenti dell’autunno del ’53 che provocarono la morte di 5 triestini. Erano i “martiri” che servivano all’Italia per dimostrare l’assoluta necessità che Trieste ritornasse sotto il suo controllo.
Grazie a questa operazione di “intelligence” il mondo credette all’Italia.
Quale modo migliore per tutelare la popolazione di Trieste se non porre la città sotto tutela italiana?
Così, nel 1954 si arrivò al Memorandum d’Intesa relativo al Territorio Libero di Trieste. Nell’ottobre 1954 l’amministrazione militare del Governo Militare Alleato del Territorio Libero di Trieste (AMG FTT) terminò. Ebbe l’inizio l’amministrazione civile provvisoria del Governo italiano. Amministrazione ben presto tramutata in una simulazione di sovranità.
Oltre 30.000 cittadini del Territorio Libero furono costretti ad abbandonare il loro Stato. La maggior parte andarono in Australia.
Triestini che sfuggivano alla miseria economica portata dai nuovi padroni. Una fuga di massa dalla seconda “redenzione” di Trieste. Ovvero la continuazione di quella attuata dagli occupanti italiani dopo il 1918 e la prima, feroce pulizia etnica.
In questo modo la primavera triestina fu soffocata. Il vecchio regime era tornato. Del resto, per ottenere questi risultati, l’Italia repubblicana aveva utilizzato apparati, uomini e metodi del “defunto” regime fascista. In sostanziale continuità operativa con i decenni precedenti.
Da qui la necessità di falsificare la storia. Anche con il decreto per risarcire le vittime della violenza degli “slavi”. Una legge che incita all’odio razziale e che invertiva le parti, trasformando le vittime in carnefici.
Una legge tollerata oltre ogni limite dai tanti, troppi, falsi difensori dei diritti umani che si celano dietro alla formale perfezione di istituzioni internazionali nascoste nei tanti, troppi, inarrivabili palazzi di vetro della antidemocrazia diffusa.
Tratto dal blog “Ambiente e Legalità” di Roberto Giurastante
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