NUOVA RICUSAZIONE DEI GIUDICI PER MANCATA VALUTAZIONE DEL DIFETTO DI GIURISDIZIONE ITALIANO A TRIESTE
Udienza movimentata quella del 13 marzo davanti al giudice monocratico del tribunale di Trieste. Si tratta di un procedimento particolare, un processo di “ritorno”. Sono imputato assieme a Paolo G. Parovel, direttore del combattivo giornale di inchiesta “La Voce di Trieste”, per un reato di opinione.
Querelante è Rosa Filippini, presidente degli Amici della Terra, associazione ambientalista di cui abbiamo fatto parte entrambi qualche anno fa. L’accusa è di avere offeso Filippini e Amici della Terra per avere reagito a pesanti campagne denigratorie avviate nei nostri confronti dagli ambientalisti a “trazione romana”. Ecco il capo di imputazione:
“Giurastante Roberto accusato del delitto p. e p. dall’art. 595 3 c.p. perché offendeva la reputazione di Filippini Rosa nonché dell’Associazione Amici della Terra perché con un comunicato stampa del seguente contenuto:
“poiché tutta questa nostra attività di indagine, denuncia ed azione giudiziaria si sono rivelate fondate ci consentirete di non comprendere quale possa essere un giusto motivo dei dirigenti nazionali dell’associazione per volere con tanta tenacia la nostra eliminazione che avrebbe come conseguenza quella di favorire soggetti forti politico imprenditoriali…”.
Basta questo per finire sotto processo in Italia.
Questo capo di imputazione fotografa perfettamente la situazione che si era creata all’epoca (2006).
Il gruppo di Trieste degli Amici della Terra con le azioni a difesa della legalità aveva dato fastidio ai sistemi di corruzione, che a Trieste hanno solide coperture da parte dello Stato, e doveva essere eliminato. E così avvenne. Il gruppo venne espulso dall’associazione nazionale.
Con un condimento di denunce penali e cause civili nei confronti dei suoi responsabili presentate dall’associazione nazionale. Questo processo è uno di questi strascichi.
Non sono riusciti a bloccarci come volevano, visto che abbiamo continuato la nostra attività nelle nuove organizzazioni Greenaction e Alpe Adria Green, e allora continuano con le azioni giudiziarie.
Questo è – come dicevo – un processo di “ritorno” che attende l’apertura dibattimentale.
Alla prima udienza del 14 dicembre 2011 avevo infatti sollevato per la prima volta il difetto di giurisdizione disconoscendo l’autorità giudiziaria italiana.
Trieste è Territorio Libero come stabilito dal Trattato di Pace del 1947, è indipendente dallo Stato italiano, con esso condivide soltanto il Governo, seppure a titolo ben diverso.
Il giudice Paolo Vascotto in quella udienza aveva rigettato la mia eccezione senza motivazione affermando semplicemente che “era indiscussa la sovranità italiana su Trieste”.
Ricusavo il giudice in udienza e il processo veniva sospeso in attesa della decisione della Corte di Appello di Trieste, la quale si esprimeva dichiarando infondata la ricusazione, senza entrare nel merito del difetto di giurisdizione e condannandomi alla sanzione di 1.500 Euro.
Impugnavo la decisione della Corte di Appello in Cassazione. Qui il mio ricorso veniva dichiarato inammissibile con ulteriore sanzione di 1.000 Euro a mio carico. Il processo veniva quindi riattribuito al giudice Vascotto che ne fissava udienza per il 13 marzo 2013.
All’udienza del 13 marzo, prima dell’apertura del dibattimento, presentavo nuovamente l’eccezione sul difetto di giurisdizione chiedendo che il giudice facesse sentenza in base all’art. 20 del codice di procedura penale italiano che lo impone.
Ma il giudice si rifiutava e respingeva la mia eccezione… con la motivazione che si era già espresso, rigettandola (senza motivazioni) all’udienza precedente.
Un circolo vizioso quindi. Nessun giudice vuole entrare nel merito della “Questione Trieste”. Anche perché non è facile fare una sentenza dichiarando che l’art. 21 comma 2 del Trattato di Pace (che determina la cessazione della sovranità italiana su Trieste) non è più valido.
Questo comporterebbe infatti una pesante responsabilità personale per i giudici italiani che in tal modo violerebbero il Trattato di Pace in vigore e del Memorandum d’Intesa di Londra. E che dovrebbero risponderne davanti ad un tribunale internazionale.
Ho ricusato quindi nuovamente il giudice in udienza chiedendo la sospensione del processo e la trasmissione degli atti ai Ministeri di Giustizia e degli Esteri.
Il processo è stato nuovamente sospeso con trasmissione alla Corte di Appello di Trieste, che è… un tribunale del Territorio Libero, come avevo spiegato in questo post.
Si ricomincia da capo. Per quanto ancora andrà avanti questa simulazione di sovranità?
Tratto dal blog “Ambiente e Legalità” di Roberto Giurastante
Pingback: UN GRANELLO DI SABBIA NELLA MACCHINA DELLA GIUSTIZIA | Trieste Libera