LIBERA INFORMAZIONE: NO ALLE LEGGI LIBERTICIDE ITALIANE NEL TERRITORIO LIBERO DI TRIESTE
Articolo del 25 aprile 2016.
Cosa è la ribellione ad uno stato di ingiustizia? Le legittima affermazione dei propri diritti.
DICHIARAZIONE UNIVERSALE DEI DIRITTI UMANI (Assemblea Generale delle Nazioni Unite – 10 dicembre 1948)
Ogni individuo ha diritto alla libertà di opinione e di espressione incluso il diritto di non essere molestato per la propria opinione e quello di cercare, ricevere e diffondere informazioni e idee attraverso ogni mezzo e senza riguardo a frontiere (Articolo 19).
Ogni regime tirannico per sottomettere il popolo deve avere il pieno controllo dell’informazione. Un controllo che si attua con una rigida selezione negativa dei quadri del quarto potere che devono garantire la loro totale fedeltà al potere costituito. Giornalisti al guinzaglio e cittadini incatenati nella “libera” prigione della propaganda di Stato.
In Italia questo concetto universale di antidiritto è stato pienamente recepito e attuato fin dalla nascita dello Stato, fortemente controllato dalla massoneria deviata, nel 1861 e perpetuato fino ai giorni nostri passando attraverso forme di governo semilibertarie, dittatoriali e poi parzialmente democratiche.
Limitare, fino ad impedirlo, il libero esercizio del diritto di opinione è stata una delle prime preoccupazioni della neonata Repubblica Italiana post fascista. Che con una delle proprie primissime leggi ha ben pensato di regolamentare la diffusione delle notizie mettendo, o meglio confermando, il bavaglio alla stampa e alla diffusione “incontrollata” delle notizie.
La legge specifica è la 47 del 1948 (legge sulla stampa) che limitando la libertà di espressione si pone in palese vìolazione della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, peraltro sottoscritta dall’Italia.
In Italia per potere pubblicare un giornale è obbligatorio registrarlo in Tribunale con un direttore responsabile iscritto all’ordine dei giornalisti. Ordine professionale di istituzione fascista che serve appunto a tenere sotto controllo l’informazione pubblica.
Una vera casta che, come le altre della corrotta Repubblica Italiana, serve ad assicurare la continuità ad un sistema di potere che da oltre 150 anni mantiene fondamentalmente inalterata la sua struttura semplicemente riciclandosi nelle varie forme di governo che si succedono nel Bel paese.
Nel 2017 in Italia manifestare liberamente il proprio pensiero è ancora reato: come nel ventennio fascista. Sempre che non ci si sottometta al controllo dell’ordine dei giornalisti. Il garante dell’ordine della “libera” informazione costituita nella Repubblica italiana.
La legge liberticida n. 47 del 1948 viene estesa all’attuale TLT il 27 gennaio 1956 dal Commissario Generale del Governo per il Territorio di Trieste con suo Decreto No. 23 (Disposizioni sulla Stampa) diventando da allora anche una legge del Territorio Libero di Trieste.
Una delle tante leggi italiane (come quelle sul servizio militare LINK) estese all’attuale Territorio Libero di Trieste per simulare il ripristino della cessata sovranità italiana su di esso, in questo caso con almeno due risultati negativi: il numero dei giornali pubblicati a Trieste diminuisce, fino a ridursi al quotidiano monopolista locale, Il Piccolo, che dal canto suo si è subito allineato alle propagande nazionaliste italiane, anche nascondendo il vero status del TLT, del suo Porto Franco internazionale, nonché tutti i diritti civili e fiscali conseguenti, non solo per i triestini, ma anche per tutti gli altri Stati.
Lo sanno bene anche i pochi giornalisti coraggiosi che ogni giorno nel Territorio Libero di Trieste combattono una dura battaglia, non immune da rischi, per difendere la libertà di informazione e di stampa contro questa realtà di corrutele istituzionalizzate che l’Italia ha radicato nel Territorio Libero di Trieste.
L’Italia nella classifica 2016 sulla libertà di stampa di Reporters sans frontieres pubblicata nel 2016 è retrocessa (fin troppo benevolmente per chi conosce la realtà italiana) al 77° posto su 180 Paesi considerati: è la fotografia dello stato di una semi democrazia, dove i poteri forti sostenuti dalla criminalità organizzata condizionano pesantemente la politica e l’amministrazione dello Stato.
Ma se l’analisi dovesse essere estesa al Territorio Libero di Trieste la situazione peggiorerebbe drammaticamente. Si dovrebbe parlare infatti della libertà di stampa in uno Stato amministrato (sfruttato) come una colonia, e dove l’arbitrio dei poteri forti controllati dalla criminalità organizzata italiana è diventato ormai regola di governo incontrastata al quale basta nascondersi dietro ad un nazionalismo antiquato e brutale per garantirsi facilmente la massima immunità.
Classifica 2016 sulla libertà di Stampa nel mondo di Reporteres sans frontieres (https://rsf.org/en/ranking). Italia al 77° posto. |