GLI INQUINATORI
Articolo del 19 settembre 2015.
Se siete delle persone oneste e vi trovate in una società governata secondo i criteri delle cosche malavitose italiane la vita per voi sarà molto difficile. Una comunità amministrata secondo le rigide regole del sistema di corruttele italiano ha come caratteristica principale quella dell’omertà diffusa. E chi vuol vivere in questa società dove vige la regola del diritto invertito, ovvero dove il diritto vale meno della carta su cui è scritto, deve adeguarsi. Oppure andarsene.
Queste comunità dove la legge è quella del prepotere delle caste sono molto diffuse in Italia tanto da formare – partendo dalle amministrazioni pubbliche locali – lo scheletro di una democrazia che è appunto ampiamente conosciuta per i livelli di corruzione raggiunti. Con un popolo assente che tollera o addirittura condivide questo sistema di malgoverno.
Bene, provate ad immaginare l’esportazione di un sistema simile in un altro Stato. Quello Stato è il Territorio Libero di Trieste, affidato all’amministrazione civile provvisoria del Governo italiano. Risultato?
Dal 1954 l’attuale Territorio Libero di Trieste è governato da una lobby di fanatici, collegati con le organizzazioni mafiose e pseudo-massoniche italianane e che si nasconde dietro un anacronistico nazionalismo italiano per legittimare i propri crimini (LINK).
Essere infiltrati dalle mafie era il peggior destino che potesse capitare ad una città abituata al sistema di governo mitteleuropeo dell’impero Austroungarico che ne aveva decretato la fortuna.
E purtroppo le conseguenze di questa infiltrazione sono ben visibili sul territorio del nostro piccolo Stato (212km2) trasformato in discarica di comodo per le ecomafie italiane (LINK). Qui se provate a denunciare gli inquinatori correte il rischio di venire condannati dal tribunale, che ovviamente è a sua volta infiltrato da giudici che proteggono la camorra nazionalista locale. Questi dichiareranno prescritto ogni reato di inquinamento.
Trieste è stata così ridotta a colonia dell’illegalità italiana. Qui non valgono nemmeno le sentenze della Corte di Giustizia Europea che le autorità locali si rifiutano di rispettare ed eseguire.
Recentemente questo disinvolto metodo di governo è assurto agli onori della cronaca con il caso di una discarica realizzata nel marina di Porto San Rocco a Muggia e autorizzata dalle autorità locali.
Dopo la condanna della Corte di Giustizia Europea, giunta a seguito di denuncia dell’associazione ambientalista Greenaction Transnational, il sindaco del Comune di Muggia si è scagliato con violenza contro gli autori della denuncia dichiarando pubblicamente che la bonifica di tale discarica situata in zona residenziale e turistica (spiaggia annessa) non era necessaria in quanto già fatta senza asportare i rifiuti.
La notizia veniva immediatamente rilanciata dal quotidiano Il Piccolo per cercare di trasformare così chi aveva avuto il coraggio di denunciare a livello internazionale il traffico di rifiuti tossico nocivi che si nasconde dietro a questa discarica mimetizzata da area verde-parco giochi in un nemico pubblico.
Di seguito la mia precisazione sul caso al quotidiano Il Piccolo. Giusto per non dimenticare cosa significa legalità.
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Il 18.09.2015 il quotidiano “Il Piccolo” ha pubblicato un articolo (pagina provincia) in merito alla situazione dell’inquinamento del parco delle vele nel marina di Porto San Rocco dando spazio alle dichiarazioni del sindaco di Muggia Nerio Nesladek e della Porto San Rocco SPA gravemente offensive nei miei confronti quale responsabile dell’associazione ambientalista Greenaction Transnational.
L’articolo dal titolo fuorviante “Il Parco delle Vele è già stato bonificato” vorrebbe far credere che è ingiustificata e pretestuosa la denuncia pubblica fatta dal sottoscritto e da Greenaction Transnational sull’esistenza della pericoloso discarica di rifiuti tossico nocivi situata sotto la collina artificiale denominata Parco delle Vele all’interno del marina turistico di Porto San Rocco.
Il sindaco di Muggia e la Porto San Rocco SPA nell’articolo affermano che la discarica non esiste più in quanto “l’area verde nota come Parco delle Vele ha già formato oggetto di bonifica ai sensi di legge”. Il sindaco di Muggia Nesladek dichiara a supporto di queste affermazioni che “gli interventi effettuati nel Parco delle Vele risultano conformi al progetto di messa in sicurezza permanente approvato dalla Regione il 7 aprile 2015”.
Vista la gravità delle accuse nei miei confronti (e che il quotidiano avrebbe dovuto verificare prima di pubblicarle) preciso quanto segue:
- la discarica abusiva realizzata nell’area verde Parco delle Vele nel comprensorio di Porto San Rocco è stata riconosciuta tale con sentenza definitiva della Corte di Giustizia Europea il 2 dicembre 2014 nell’ambito della Causa C -196/1;
- questa sentenza era stata preceduta da un’altra sentenza del 26 aprile 2007 (Causa C-135/05) della stessa Corte di Giustizia con cui veniva imposta la bonifica dell’area;
- non avendo rispettato la prima sentenza l’Italia era stata condannata al pagamento delle sanzioni pecuniarie stabilite con la Causa C-196/13 e fino ad avvenuta bonifica;
- la messa in sicurezza permanente del Parco delle Vele è stata completata solo il 7 aprile 2015 (con collaudo eseguito il 28 aprile), ovvero quattro mesi dopo la sentenza di condanna definitiva, pur avendo avuto le autorità italiane 12 anni di tempo dall’avvio del procedimento di infrazione comunitario per provvedere, e otto anni dalla prima condanna;
- la messa in sicurezza permanente peraltro serve solo a garantire che non vi sia dispersione di inquinanti dal corpo della discarica fino a che la stessa non verrà bonificata;
- per bonificare la discarica (decontaminazione) è necessario procedere con la caratterizzazione, ovvero accertare la situazione di inquinamento esistente, da farsi con carotaggi nel corpo della discarica. Per fare le caratterizzazioni bisogna quindi aprire il sarcofago realizzato con membrana di plastica (la cui garanzia di tenuta stagna è scaduta peraltro nel 2009) e prelevare i campioni di terreno contaminato verificando la presenza di inquinanti provenienti dalla discarica soprastante nella falda acquifera.
Ad oggi nessuna bonifica dell’area contaminata del Parco delle Vele è stata quindi completata e nemmeno avviata. La bonifica verrà completata solo quando la sacca contenente 18.000 metri cubi di terreno contaminato verrà estratta dalla collina artificiale chiamata Parco delle Vele per essere portata nelle discariche autorizzate per lo smaltimento (previo accertamento della qualità dei rifiuti da farsi con la caratterizzazione).
Tratto dal blog “Ambiente e Legalità” di Roberto Giurastante