Un tentativo di golpe annunciato e la ferma risposta della legalità del Territorio Libero di Trieste
Articolo del 19 maggio 2014.
Era ovvio che l’azione coraggiosa, forte, incisiva e popolare del nostro Movimento suscitasse, oltre ai consensi crescenti della nostra gente a Trieste ed all’estero, anche contrattacchi proporzionali che confermano quanto in realtà siamo nel giusto e sulla buona strada.
E si capiva già da tempo che i contrattacchi non sarebbero arrivati solo dall’esterno, ma anche e peggio dall’interno, addirittura contemporaneamente ed assieme a minacce di mafia contro i nostri esponenti di punta.
Questo è ciò che sta sta infatti accadendo da alcune settimane, e le attività ostili più ignobili non sono nemmeno quelle degli avversari politici o mafiosi esterni, ma quelle di coloro che li aiutano dall’interno per interessi propri.
Dalla sera del 10 maggio quattro dei sei membri del “Collegio dei soci fondatori”, d’intesa e con l’appoggio di alcuni membri dimissionari apposta del Consiglio Direttivo, di alcuni altri soci e di numerosi avversari esterni, si sono impadroniti illegalmente del sito internet, della pagina facebook, delle mail, dell’elenco dei soci e del nome del Movimento, e ce ne hanno bloccato l’uso legittimo annunciando che se li prendevano e tenevano loro. Per tagliarci la comunicazione diretta con i nostri soci e simpatizzanti, e sostituirla con messaggi ingannevoli.
Fatto questo, hanno infatti usato gli strumenti rubati per cancellare dal sito e dalla pagina la comunicazione dell’assemblea straordinaria legittima di bilancio del 21 giugno, regolarmente convocata dal Presidente. E l’hanno sostituita con una propria convocazione illegale ed anticipata al 31 maggio, annunciando falsamente decadenza e rielezione delle cariche sociali già elette a gennaio, a cominciare dal Presidente. Quando abbiamo recuperato per poche ora la nostra pagina facebook, l’hanno occupata illecitamente di nuovo. Ed hanno pure annunciato che poi intendono venire ad occupare di forza anche la sede.
Il tutto in nome del “Collegio dei soci fondatori”, che non è stato nemmeno regolarmente riunito, e per Statuto non ha comunque il diritto di fare nessuna di queste cose, né di rappresentare o governare il Movimento. Mentre l’intera operazione criminosa veniva coperta con le affermazioni false ed assurde di averne diritto per Statuto a seguito di decadenza del Direttivo, e per difendere la democrazia contro una presunta “dittatura” del Presidente in carica. Tra le menzogne, hanno diffuso persino quella assurda che il Direttivo non si riunisce e non delibera.
Non è perciò “soltanto” un golpe politico, ma una combinazione delinquenziale di furti, frodi, diffamazioni e minacce che concretano a carico di tutti i corresponsabili numerosi reati penali gravi ed immediatamente procedibili, commessi in forma associativa (associazione per delinquere) violando i diritti democratici e civili del Movimento e dei suoi associati.
Le persone che si sono assunte le corresponsabilità pubbliche principali, in vario grado e modo, del compiendo od avallo di queste azioni sono notoriamente, e purtroppo, quattro dei sei soci fondatori: Stefano Ferluga, Adriano Ciacchi, Arlon Stok, Sandro Gombač, e sette membri del Direttivo dimissionari: gli stessi Stefano Ferluga ed Adriano Ciacchi, nonché Vito Potenza, Andrej Rupel, Roberto Umek, Marco Pizzi, Claudio Beorchia.
Questo tentativo di golpe è stato inoltre preceduto ed accompagnato da violentissime campagne di disinformazione, delegittimazione e diffamazione sia in rete, sia sulla stampa quotidiana locale dei partiti italiani (Il Piccolo e Primorski dnevnik), contro il Presidente del Movimento, Roberto Giurastante, contro i membri leali e capaci del Direttivo in carica, e contro il giornalista investigativo direttore di Trieste Libera news, Paolo G. Parovel.
Roberto Giurastante è da vent’anni anche il maggiore avversario dei malaffari e delle mafie a Trieste: si veda il suo formidabile libro “Tracce di legalità”. Paolo G. Parovel è anche il direttore della Voce di Trieste, unico giornale d’inchiesta della città, che fa indagini e denunce incisive sugli stessi malaffari, e del quotidiano in progetto Il Corriere di Trieste (già concorrente storico del più che compromesso “Il Piccolo”).
E la campagna stampa per delegittimarli è esplosa improvvisamente quando hanno segnalato informazioni riservate su interventi concreti di ‘ndrangheta per favorire la speculazione edilizia ed immobiliare già in odore di mafia che i partiti italiani, con in testa il PD, tentano di imporre nel Porto Franco Nord sabotando la gara di concessione alle imprese indetta dall’Autorità portuale.
Così, in parallelo alla violenta campagna di delegittimazione esterna in rete e sul Piccolo, i “golpisti” interni che si sono appropriati della pagina facebook e del sito del Movimento hanno incominciato a pubblicarvi anche loro articoli ed interventi secondo cui quei retroscena ed intrecci politico-mafiosi a Trieste sarebbero solo fantasie e paranoie di due persone (Giurastante e Parovel) da sostituire proprio per questo, e ad ogni costo. Una coincidenza quantomeno curiosa, che è ora anch’essa perciò oggetto di indagini.
Si tratta comunque, e con evidenza, di un attacco sferrato contemporaneamente dall’esterno e dall’interno per tentar di paralizzare e spaccare il nostro Movimento, che è la più forte e indipendente organizzazione politica di Trieste, proprio mentre e perché la sua azione oltre ad ottenere sempre più consensi popolari sta progredendo ormai nelle sedi internazionali, avvicinandosi ai primi risultati importanti per l’affermazione dei diritti economici e politici di Trieste come Territorio Libero e Porto Franco internazionale.
Tra i capi dell’attacco interno a Trieste Libera vi sono inoltre alcuni ex dirigenti di scarse capacità, e loro fiduciari, che oltre ad avere fatto poco o nulla per il Movimento emergendo comodamente sul lavoro dei volontari, atteggiandosi a padroni e circondandosi di un apparato di “sicurezza” indimidatorio, hanno anche motivi personali per impedire l’assemblea legittima di bilancio del 21 giugno.
Vi dovrebbero infatti rispondere di risultanze contabili della loro passata gestione (2013) che sono emerse da indagini interne appena concluse, mentre sono in corso verifiche su loro attività parallele.
La presidenza ed il Consiglio Direttivo attuali non hanno infatti imposto alcuna “dittatura”, ma semplici e doverosi principi di legalità, democrazia e trasparenza, che devono essere le prime regole del Territorio Libero.
Occuperebbe ormai pagine intere rispondere punto per punto alla valanga disgustosa di accuse false ed offensive oltre ogni limite che costoro e i loro alleati esterni hanno vomitato in rete e col Piccolo sugli Organi democratici legittimi e leali del Movimento. Ma la gran parte di chi le ha lette ha capito da sé che si trattava di una caterva di fandonie, e ne è così schifata da non volerne nemmeno sentir più parlare.
Questa crisi indotta nel Movimento dev’essere però egualmente affrontata, valutata e superata in piena consapevolezza per darci ancor più forza e serenità di prima, alla faccia di chi ha pensato di poterci invece ingannare, dividere ed affondare con simili vigliaccate.
Il modo migliore per affrontarla è dunque quello dell’analisi non delle mille chiacchiere ignobili, ma delle tesi paradossali con cui gli aggressori hanno preteso di spacciare le loro prepotenze abnormi come fossero invece affermazioni della legalità democratica.
Chi desidera verificare e studiare bene il problema lo trova ora esattamente inquadrato e descritto nella denuncia penale doverosa, purtroppo necessaria, che alleghiamo qui sotto ed è rivolta per forza di cose alle autorità amministratrici provvisorie italiane, ma nel pieno rispetto dei diritti del Territorio Libero di Trieste.
Faranno bene a leggerla con attenzione anche i “golpisti” e tutte le persone che sono state ingannate da loro. Perché è bene che tutti si rendano conto che non si può più giocare con i diritti, gli interessi, il lavoro, le difficoltà, il presente ed il futuro della nostra gente triestina.
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