TRIESTE, 27 GENNAIO E 25 APRILE: LE CELEBRAZIONI. GIORNATA DELLA MEMORIA E DELLA LIBERAZIONE
Sul revanscismo e l’antisemitismo oggi a Trieste
DAL FASCISMO ALLE AMBIGUITA DEL “NAZIONALISMO DEMOCRATICO” DELLA SINISTRA ITALIANA
Anche quest’anno sono stati commemorati a Trieste con troppe ambiguità ed ipocrisie il 25 aprile la ricorrenza italiana della Liberazione, che non coincide affatto con la storia vera della nostra città, dove si dovrebbe invece commemorare la vittoria della Resistenza europea e delle Forze alleate, ed il 27 gennaio, Giorno della Memoria dell’Olocausto, che ha qui siti tragici particolari a ricordo dell’orrore morale e materiale delle ideologie razziali e delle persecuzioni genocide scatenate in Europa dal fascismo italiano, dal regime nazista e dagli altri fascismi europei.
A Trieste lo sterminio razziale ha per simbolo tragico la trasformazione della Risiera di San Sabba, un campo dí prigionia, tortura ed eliminazione (un altro rimase progetto incompiuto a Prosecco) e colpì come nel resto d’Europa soprattutto la parte ebraica delle nostre popolazioni, ma anche i Rom, e pure quelle slave, ritenute “razze interiori” oltre che, sistematicamente, le persone con handicap fisici o mentali, e quelle con orientamenti affettivi omosessuali.
Trieste inoltre ha poco a che fare con la Resistenza e la Liberazione della penisola italiana, perché qui la liberazione non avvenne il 25 aprile, ma il 1 maggio, dopo due giorni di violente battaglie a Basovizza ed Opcina, e da parte forze alleate jugoslave (italiani inclusi) e neozelandesi, mentre la guerra finì appena con l’armistizio generale tedesco dell’8 maggio 1945, perché si era sotto il comando tedesco del gruppo d’armate orientale i cui reparti, ritirandosi, combatterono nell’entroterra per altre due settimane.
Occorre inoltre aver ben chiara la differenza radicale tra le persecuzioni razziali e quelle subite dagli oppositori politici e dai combattenti della Resistenza. Gli oppositori venivano infatti colpiti per le loro scelte etiche, politiche e militari delle quali affrontavano coraggiosamente i rischi, sotto la pressione di apparati militari, spionistici e di propaganda potentissimi, che li presentavano come ribelli, banditi e terroristi attribuendo loro crimini atroci. Mentre i perseguitati razziali venivano sterminati per semplice nascita.
E non si deve nemmeno dimenticare che l’apparato di repressione e sterminio funzionava anche grazie a collaborazionisti per ideologia o denaro, che a Trieste sono rimasti quasi tutti impuniti.
Ma è necessario anche ricordare che le propagande politiche e razziali di allora hanno lasciato residui di pregiudizio profondi e pericolosi nelle culture e società democratiche del dopoguerra, dove sono rimasti radicati, diffusi e condizionanti, dalla destra alla sinistra politica, anche dove non sembrava potessero più esistere.
Tanto che a Trieste stessa, sulla Piazza Grande ribattezzata “dell’Unità d’Italia” dove il dittatore Mussolini proclamò nel 1938 le leggi razziali italiane per allinearsi anche in questo a Hitler con conseguenze atroci sino al 1945, c’è soltanto, ed appena dal 2013 (dopo 75 anni !) una piccola targa, per giunta calpestabile, voluta da un Comitato modesto e volonteroso, ma inaugurata quasi in sordina con un paio di autorità solo del Comune.
Ma la manifestazione più paradossale di pregiudizio razzista è quella che si rinnova ogni anno nei discorsi ufficiali che deplorano lo sterminio degli ebrei facendo osservare che ha danneggiato l’economia locale. Come se fossero stati davvero tutti ricchi, mentre erano in maggioranza gente comune e poveri, e come se il valore della persona umana si misurasse sul suo peso economico e sociale!
Quanto al 25 aprile, quest’anno la celebrazione alla Risiera che dovrebbe associare il ricordo reale della Resistenza a Trieste ed entroterra a quello dello sterminio razziale, è stata utilizzata dal sindaco PD Cosolini per un appello politico di partito contro la “rabbia populista” e per “l’unità nazionale”, che non vi hanno nulla a che fare. Ma rientrano nell’apparato ideologico di quella sinistra italiana che sin dall’incontro Violante-Fini del 1998 a Trieste si è imbrancata anche pubblicamente con gli eredi politici e morali del collaborazionismo.
Anche il presidente della Repubblica italiano, Giorgio Napolitano, ha commemorato questo 25 aprile come “ribellione allo straniero”, piuttosto che al nazifascismo (e non erano stranieri anche i liberatori Alleati?), citando pure come eroi i due marinai italiani trattenuti a processo in India con l’accusa dí aver assassinato dei poveri pescatori. Ed è lo stesso presidente che ha fatto proprio il rilancio delle vecchie propagande nazifasciste sul “confine orientale” per celebrare il 10 febbraio di ogni anno una contestazione pubblica dello stesso Trattato di pace del 1947 che ha creato il Territorio Libero di Trieste.
A queste derive della coscienza etica e storica si deve reagire denunciandole con chiarezza. Ed e ora i finirla anche con il pregiudizio diffuso, sia interpretato in senso positivo o negativo, che la comunità ebraica triestina abbia come tale “fatto l’irredentismo” e sostenuto il nazionalismo italiano anche contro gli sloveni e i croati e contro il Territorio Libero.
La verità è che prima del 1918 la maggioranza degli ebrei triestini fu convintamente fedele all’Austria-Ungheria, come la maggioranza del resto della popolazione, sia nella vita civile che sui fronti di guerra, dove ebbe numerosi soldati, sottufficiali ed ufficiali decorati. Ma dopo la guerra anche la comunità ebraica venne sottomessa ed “epurata”, come le altre, dalla prepotenza di pochi irredentisti protetti dalle nuove autorità italiane, che poi aderirono quasi tutti al fascismo ed allo squadrismo, perseguitando sia “gli slavi” che gli ebrei antìfasciti, e tentando pure di rinnegarli quando vennero imposte le leggi razziali.
Anche durante la seconda guerra mondiale, una parte significativa dei pochi ebrei triestini che riuscirono a sfuggire alle deportazioni ed allo sterminio partecipò valorosamente sin dall’inizio alla lotta di liberazione partigiana, e non con il CLN nazionalista italiano locale dell’ultima ora. Finendo perciò discriminati anch’essi dopo la guerra, quando l’Italia per riprendersi Trieste finanziava ed armava il neofascismo triestino che si alimentava anche della letteratura antisemita e ne coltivava tutti i peggiori pregiudizi razzisti e negazionisti.
Mentre la radice anti-nazionalista della comunità ebraica triestina si riconosceva nell’indipendentismo, esprimendone anche personalità dì spicco come Fabio Cusin, il formidabile storico e politico indipendentista che fu anche valoroso caporedattore del “Corriere di Trieste“, primo ed unico quotidiano indipendente del Territorio Libero.
Lo stesso Cusin, nato nella fiorente Trieste austroungarica del 1904, che ha scritto testi critici fondamentali su Trieste, ma anche sulla storia dell’Italia, dove era apprezzato dagli intellettuali di livello mentre qui veniva contemporaneamente discriminato ed attaccato con l’usuale stolidità feroce dai nazionalisti “democratici” come anti-italiano, e dai fascisti antisemiti anche come “ebreo antinazionale”.
Fabio Cusin sarebbe inorridito, come siamo inorriditi noi, al vedere in questi ultimi anni il connubio mostruoso tra ciò che resta della sinistra nel rame di un “nazionalismo democratico” assolutamente ipocrita, e la vecchia destra che non ha mai rinnegato davvero, e tantomeno combattuto, il revanscismo e l’antisemitismo, e che questo stesso 25 aprile ha contro-manifestato pubblicamente a Basovizza con saluti e simboli fascisti, benché illegali.
Quel connubio Cusin probabilmente non l’avrebbe mai immaginato possibile. Nemmeno quando, nel 1949, si scontrava con il nazionalismo assai meno aggressivo di Umberto Saba, scrivendogli sulle falsificazioni nazionaliste della storia e della coscienza di Trieste che:
«La tragedia nostra è di vivere in un’epoca in cui le promesse dei nostri padri non sono state mantenute e si sono rivelate, alla stregua dei fatti, false e bugiarde. Il punto di passaggio si è rotto e a quel passato non crediamo più. […] Non è andata così, ci hanno ingannati: attenti agli ingannatori che ormai non possono più trincerarsi nella buona fede; l’inganno è scoperto!»
E Fabio Cusin sarebbe stato sicuramente felice, assieme a Cergoly ed a tutti gli intellettuali, imprenditori e cittadini di Trieste di varia etnia e fede che animarono il primo indipendentismo, di vederlo risorgere oggi con tanta nuova forza e maturità democratica attraverso il Movimento Trieste Libera.
Historicus
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Articolo tratto da “Trieste Libera News” n. 1, in edicola il 1 maggio 2014.
Per approfondire: 2018. Consigliamo l’articolo de La Voce di Trieste “Trieste: il Restaurant kosher dei Goldberger” pubblicato QUI
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