10 DICEMBRE 1917
Il 10 dicembre 1917 è una notte nebbiosa nel porto di Trieste. In rada, nella baia di Muggia, sono ormeggiate le due corazzate guardiacoste Wien e Budapest.
Le navi erano state impiegate il 16 novembre nel bombardamento delle batterie costiere italiane di Cortellazzo alle foci del Piave in appoggio agli attacchi dell’esercito austroungarico dopo lo sfondamento di Caporetto.
Pur avendo avuto un successo limitato l’operazione aveva scatenato l’immediata reazione italiana: le due vetuste corazzate austro ungariche dovevano essere affondate perché rappresentavano una minaccia per la nuova linea difensiva italiana sul Piave. Ma gli attacchi aerei tentati fino a quel momento si erano rivelati inefficaci causando solo lievi danni alla Wien.
L’unica soluzione è un attacco con siluranti alle corazzate nel momento in cui queste si trovano ormeggiate nella Baia di Muggia. Si tratta di un’operazione al limite dell’impossibile: entrare con i MAS nel munito primo porto dell’Impero austro ungarico superando tutte le difese senza farsi individuare.
Per tre settimane vengono eseguite accurate ricognizioni notturne nel golfo di Trieste per valutare le difese portuali della Baia di Muggia, dove le due unità austro ungariche stazionano. Vengono studiati gli sbarramenti tra i frangiflutti, le posizioni e l’utilizzo dei riflettori, gli orari di pattugliamento delle lance armate.
Agli inizi di dicembre tutto è pronto per l’operazione. L’attacco viene affidato ai MAS 9 al comando del Tenente di Vascello Luigi Rizzo e al MAS 13 al comando del sottotenente di vascello Andrea Ferrarini.
Le due siluranti partono da Venezia nel tardo pomeriggio del 9 dicembre al traino delle torpediniere 9PN e 11PN. Dopo cinque ore di navigazione, arrivati in prossimità del porto di Trieste, i due MAS si sganciano dalle torpediniere e alle 23.55, con i silenziosi motori elettrici, si avvicinano all’estremità settentrionale della diga frangiflutti principale nella baia di Muggia.
La diga è sguarnita di sentinelle e i riflettori nella baia sono spenti: condizioni perfette per l’attacco.
I due MAS devono ora passare attraverso sette linee di sbarramento fatte di cavi metallici che sostengono le ostruzioni. Le reti vengono tagliate una dopo l’altra con l’ausilio di speciali cesoie idropneumatiche e le ostruzioni vengono abbassate. Solo un riflettore della difesa portuale scandaglia la baia da una parte all’altra senza peraltro individuare le due unità.
Dopo due ore di lavoro i MAS sono ormai entrati nel porto e venti minuti dopo scorgono le sagome delle due corazzate austriache. Alle 2.32 vengono lanciati i siluri: il MAS 9 contro la Wien, l’11 contro la Budapest.
I siluri del MAS 11 mancano la Budapest ed esplodono a terra contro la banchina davanti alla base dell’aviazione navale, quelli lanciati dal MAS 9 colpiscono invece la Wien che centrata nella sala macchina anteriore destra si inclina a dritta imbarcando rapidamente acqua.
Solo ora le difese del porto di Trieste vengono allertate e i riflettori accesi illuminano la baia di Muggia alla ricerca delle siluranti italiane, ma è troppo tardi: i due MAS riescono a riguadagnare l’uscita e a dileguarsi raggiungendo le torpediniere che li riprendono a rimorchio.
Il comandante della Wien, il capitano di fregata von Scheibenhain, ordina immediatamente di riempire le vasche di compensazione, ma è troppo tardi: le porte stagne erano state lasciate inspiegabilmente aperte e la corazzata ferita a morte cola a picco in pochi minuti portando con se 46 marinai posandosi nei fondali del porto a 16 metri di profondità.
La tragedia è così compiuta: l’audacia degli incursori italiani e le negligenze difensive austriache causano alla K.u.K. Kriegsmarine il più grave smacco subito fino ad allora nel corso del conflitto.
L’affondamento della Wien sarà purtroppo un triste segnale premonitore in quello che sarà l’ultimo anno di vita della K.u.K. Kriegsmarine.
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La corazzata Wien faceva parte della classe “Monarch”; realizzata nello Stabilimento Tecnico Triestino (STT) di Muggia tra il 1893 e il 1897 era stato il primo tentativo di dotare la marina imperial regia di unità corazzate potenti in quella rapida trasformazione della flotta avvenuta agli inizi del ‘900.
Le tre navi da battaglia, progettate dall’architetto Siegfried Popper, ideatore di tutte le principali unità navali maggiori della marina austroungarica (K.u.K Kriegsmarine), servivano alla difesa costiera e non potevano certo competere con le più moderne unità navali avversarie.
I loro limiti erano la bassa velocità (massima di 17 nodi), la scarsa autonomia (3.500 miglia a 9 nodi), e un armamento di soli 4 pezzi da 240 millimetri in due torrette binate girevoli e di sei da 150 mm in casematte laterali (tre per fiancata).
Tale armamento era poco adatto alla rapidità di tiro richiesta negli scontri navali moderni e più indicato invece per il bombardamento costiero. E questo infatti fu l’utilizzo principale della navi della classe Monarch nel corso della prima guerra mondiale.
Unità navali in riserva, ormai considerate “vecchie carrette”, rimesse in servizio con compiti limitati.
D’altronde poco altro si poteva chiedere a queste navi di 97 metri di lunghezza che, con un dislocamento di sole 5.600 tonnellate, erano un ibrido tra un monitore e un incrociatore.
Altro punto debole era la lentezza di spostamento in caso di attacchi nemici quando la nave si trovava in rada: per potere portare le caldaie in pressione erano necessarie sei ore, il che la rendeva particolarmente vulnerabile rendendo necessaria una difesa specifica come lo stesso affondamento avvenuto nella baia Muggia avrebbe dimostrato.