Trieste Libera

UNA GIUSTIZIA DISUMANA

UNA GIUSTIZIA DISUMANA

Articolo del 4 agosto 2015.

UNA GIUSTIZIA DISUMANA

Un caso di ordinaria malagiustizia all’italiana. O meglio del perfetto funzionamento della giustizia italiana nei confronti delle persone deboli. È accaduto in questi giorni nel tribunale di Trieste.

Una signora anziana in precarie condizioni di salute e in gravi difficoltà economiche è stata citata per rispondere di un debito che non riesce ad onorare. Il creditore deve incassare qualche centinaio di euro, ma non ha esitato ad attivare la procedura giudiziale vista la debolezza della controparte.

La debitrice non ha la possibilità di opporsi alla procedura esecutiva perché non ha i soldi per farsi assistere da un legale. E così si arriva all’aumento del debito. Spese legali, di giustizia, interessi, fanno lievitare l’importo a qualche migliaio di euro.

Il creditore chiede il pignoramento del conto corrente della debitrice che viene bloccato in attesa della decisione del giudice. Ma quel conto corrente postale è cointestato al marito della debitrice e vi vengono depositate le pensioni dei due coniugi, che non hanno altra fonte di reddito. Il marito della debitrice è inoltre ricoverato in una casa di riposo, non essendo autosufficiente, e la retta viene garantita con la pensione accreditata sul conto corrente ora bloccato.

La signora si rivolge al Movimento Trieste Libera per ottenere assistenza legale. Ottenendola, grazie alla sensibilità di uno dei nostri avvocati.

L’anziana donna si presenta quindi davanti al giudice con l’avvocato. È l’udienza di convalida del provvedimento di sequestro del conto corrente. Si tratta di decidere della vita di due persone anziane e malate rimaste senza alcuna fonte di sussistenza dopo il blocco del conto corrente sul quale veniva loro accreditata la pensione. Il difensore fa presente la gravità della situazione e chiede la rateizzazione del debito.

Per legge non è possibile trattenere più di 1/5 della pensione. Ma quasi tutti i creditori sfruttano le maglie larghe delle normative ed anziché andare a chiedere il pignoramento del quinto all’ente che eroga lo stipendio o la pensione, aspettano che l’intero importo venga accreditato sul conto corrente (ormai obbligatorio per legge) del debitore diventando liquidità e ne chiedono quindi il sequestro integrale, ottenendolo da alcuni funzionari compiacenti degli istituti di credito o dalle Poste.

Il provvedimento deve poi essere convalidato dal giudice, ma intanto il debitore è diventato vittima di un comportamento fuorilegge ma coperto dalla legge.

In molti casi lo stipendio o la pensione sono l’unica fonte di reddito della persona pignorata che si vede così d’un colpo negare il diritto alla sopravvivenza.

Il giudice dovrebbe quindi per dovere morale prima ancora che per obbligo di legge sanare una situazione andata oltre i limiti della decenza umana e concedere il pagamento rateizzato, nonostante l’opposizione dell’avvocato del creditore.

La donna anziana che ha di fronte potrebbe essere sua madre, si regge malferma su un bastone che sembra dovere sopportare tutto il peso dei suoi anni e dei suoi tormenti. Ma il giudice non vuole mettersi contro il sistema che garantisce i forti a danno della povera gente: questa è la regola non scritta della legge, che non è uguale per tutti, della Repubblica della corruzione.

E così il giudice rinvia la decisione alla prossima udienza fissata al 14 settembre [2015] dando però alla povera vittima la possibilità di chiedere lo sblocco del conto corrente costituendosi entro il 5 settembre [2015].

Possibilità remota per chi non ha nemmeno i soldi per garantirsi un pasto al giorno e che dovrebbe ora spendere un migliaio di euro per un atto che non avrebbe più alcun valore. Perché il giudice non spiega come l’anziana potrà sopravvivere un mese e mezzo senza alcuna fonte di reddito.

Dovrà andare a mendicare o a rubare. Nella mensa dei poveri c’è sempre meno spazio per i triestini e ti possono garantire solo un pasto al giorno. Ormai i refettori per i poveri sono monopolizzati dai tanti immigrati clandestini e dai profughi.

Ma questo al giudice non interessa. Lui si nasconde dietro alle procedure. Aridità della legge la chiamano gli specialisti del diritto. Una legge disumana applicata dai burocrati di questa giustizia all’incontrario e illegittima. Perché il giudice responsabile della decisione è un G.O.T., ovvero un giudice onorario.

Sono quelle figure di mezzi magistrati che non potrebbero operare a Trieste perché in violazione del Trattato di Pace del 1947 che garantisce al Territorio Libero un giudice effettivo (non onorario) regolarmente nominato dal governo amministratore. La figura del giudice onorario, già discutibile in quanto in violazione della stessa Costituzione italiana, è per Trieste doppiamente illegittima non essendo stata estesa al Territorio Libero la legge istitutiva.

Un magistrato che agisce fuorilegge contro i cittadini del Territorio Libero di Trieste privati di ogni diritto dal sistema di potere nazionalista locale. Cittadini di uno Stato indipendente che vengono eliminati per fare posto agli immigrati di comodo a cui l’Italia garantisce ogni diritto: pulizia etnica sotto tutela dell’Unione Europea. Il tutto mentre il Comune riduce all’osso l’assistenza sociale di base. Oppure eroga i sussidi con scandalosi ritardi.

I triestini dovranno presto decidere se vogliono svegliarsi da questo incubo. Oppure dovranno accettare per sempre la loro condizione di schiavitù e di miseria sotto lo Stato più corrotto d’Europa. O dalla parte della legge internazionale o con la mafia istituzionale italiana. Non ci sono alternative.

Tratto dal blog “Ambiente e Legalità” di Roberto Giurastante

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