Trieste, 9 aprile 2012. – Scritto da Roberto Giurastante, per Greenaction Transnational: LINK
Mentre nel silenzio garantito dalle amministrazioni pubbliche locali e dalle istituzioni nazionali continua l’operazione di smaltimento dei rifiuti della Campania nell’inceneritore di Trieste, emerge sempre più chiaramente che il cosiddetto “termovalorizzatore” cittadino è diventato ormai una specie di ancora di salvataggio per il barcollante Comune di Trieste che con l’affare rifiuti spera di mettere una pezza al pauroso deficit di bilancio della multiservizi ACEGAS-APS (vedi anche l’articolo “Una sana multiutility del Nord Est: l’affare (?) ACEGAS-APS)“, la società controllata e quotata in borsa che dall’alto del suo indebitamento che ha superato il mezzo miliardo di euro rischia di travolgere la stessa amministrazione comunale. E i cittadini incolpevoli.
I problemi dell’azienda partono da lontano, da quel 2003, anno in cui avviene la fusione tra ACEGAS (la multiservizi del Comune di Trieste) e la APS (la multiservizi del Comune di Padova).
L’ACEGAS era già quotata in borsa dal 2000 e la fusione avrebbe dovuto servire a potenziare la società creando una delle principali multiutiliy nazionali. E invece il disastro.
L’ACEGAS-APS diventa semplicemente il campo di battaglia della spartizione “partitocratica” del bene pubblico. Completamente occupata dalla politica che vi inserisce i propri “raccomandati” per fare gli interessi dei partiti di riferimento (e magari personali che, come la storia della corruzione dilagante nel Bel Paese insegna, non guasta). Interessi che non sono ovviamente quelli dei cittadini.
Questa spartizione clientelare è poi qui anche più brutale: sono due i Comuni (Trieste e Padova) che devono sistemare i propri accoliti. Crescono così a dismisura le cariche inutili e le spese folli. Per gestire questo sovrannumero di “affamati” rappresentanti della politica non è nemmeno più sufficiente la sola azienda madre.
Ecco così che se ne creano di nuove. Tutte controllate. Tutte con un proprio CDA. Est Energy, Sinergie, Nest Ambiente, Aps Service, Isogas, e altre ancora. Un valzer societario che significa un’impennata di costi per la gestione delle stesse attività che in partenza erano svolte da una sola società.
Ecco la nuova frontiera delle tangenti che nessuno, ovviamente, vuole vedere. Certamente non la distrattissima autorità giudiziaria che anzi, quando l’ACEGAS-APS finisce sotto inchiesta per i notevoli problemi ambientali causati dalla disinvolta gestione dell’inceneritore e del depuratore fognario di Trieste, si affretta a chiudere ogni indagine senza alcun esito.
Una “tutela” amorevole che però non è sufficiente per evitare gli interventi della Commissione Europea. Tra diossine (dell’inceneritore) e liquami (del depuratore fognario) la situazione è seria. Gli scarichi del depuratore di Trieste gestito al di fuori della legge dall’ACEGAS-APS contaminano pesantemente il Golfo di Trieste e creano inquinamento transfrontaliero.
Scatta il procedimento di infrazione con minaccia concreta di pesante sanzione economica. È un colpo durissimo per il sistema omertoso che fino a quel momento aveva garantito l’impunità alla multiservizi.
Sessanta milioni di euro per realizzare un nuovo depuratore fognario. Soldi che l’ACEGAS-APS ovviamente non ha, dissanguata dalla gestione decennale partitocratica-clientelare. Perché intanto l’azienda, anziché pensare ad investire per la manutenzione degli impianti che sono alla base dei propri servizi a Trieste e a Padova, si lancia in ardite operazioni di acquisizione finanziarie di società nelle “affidabilissime” Bulgaria e Serbia.
Investimenti da 120 milioni di Euro in Paesi ad elevato tasso di corruzione da parte di un’azienda già boccheggiante: operazioni fuori controllo condotte con spregiudicatezza da amministratori che agiscono indisturbati senza che gli azionisti di maggioranza (ovvero i Comuni di Trieste e di Padova) sollevino alcuna obiezione.
In questa società dai bilanci sempre regolarmente “certificati” (d’altronde in Italia non è difficile… basterebbe ricordare il crack Parmalat…) ma difficilmente comprensibili, emerge anche la notevole propensione degli amministratori per gli acquisti immobiliari inutili.
La nuova sede di Padova (Palazzo Angeli) costata 5 milioni di Euro non può essere utilizzata per delibera comunale, quella di Trieste (Palazzo Modello) costata 20 milioni di Euro (acquisto più manutenzione e arredi) si rivela inadeguata, tanto da dovere portare al trasferimento degli uffici nel vicino Palazzo Marenzi affittato per 500.000 Euro all’anno.
E che dire di un fabbricato acquistato nella zona industriale di Trieste per 2,5 milioni di Euro per adibirlo a sede della divisione ambiente, salvo accorgersi (ad acquisto avvenuto…) che per renderlo agibile sarebbero stati necessari interventi da 7-8 milioni di Euro?
Chiaro che con una gestione simile la voragine di bilancio si sia allargato a dismisura. Prima della quotazione in borsa l’ACEGAS aveva un bilancio in pareggio. Nel 2002, due anni dopo la quotazione in borsa, aveva accumulato un indebitamento di 57 milioni di euro. Nel 2003 con la fusione con APS l’indebitamento schizza a 250 milioni di Euro, nel 2011 a 487 milioni, per arrivare a sfondare il mezzo miliardo di euro nel 2012.
La nave sta affondando, ma nessuno è responsabile. Questa l’unica risposta che arriva dai palazzi del potere di questo Nord Est di malaffari nascosti. Nessuna commissione di inchiesta da parte dei Comuni che dovrebbero dare tante risposte ai propri cittadini. Nessuna inchiesta giudiziaria.
Solo gratifiche economiche per gli amministratori di questa particolare multiservizi che produce debiti.
Ecco così che mentre i dipendenti sono i primi a dovere fare i conti con un bilancio da paura, e ne subiscono le conseguenze con vìolazioni sempre più pesanti dei contratti di lavoro, il “management” aziendale viaggia nell’oro…
I costi della sola struttura di amministratori di Acegas-Aps SPA, del Collegio sindacale, del Direttore Generale e di 7 dirigenti strategici nel 2010 ammontava alla bella cifra di 3.058.631 Euro.
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